recensione di Salvatore Esposito da www.ilpopolodelblues.com

Quando si sa di prendere parte ad un evento storico, l'emozione diventa una parte in causa difficilmente contenibile così come incontenibile diventa l'attesa sin dal momento dell'annuncio. Tutto ciò ha caratterizzato senza dubbio questa data romana del tour italiano di David Crosby e Graham Nash durante la quale hanno incantato la platea della Sala Santa Cecilia dell'Auditorium di Roma con quasi tre ore di grande west coast music. Ciò che si è intuito sin da subito è stata la grandissima amicizia che unisce David e Graham infatti a differenza dei freddissimi Simon & Garfunkel entrambi durante tutto il concerto hanno scherzato insieme sul palco, non risparmiando mai frecciate contro Bush e gridando attraverso le loro soffici melodie il loro no alla guerra. Sul palco al fianco del duo c'è una band di tutto rispetto che vede Dean Parks, alle chitarre (elettrica, acustica, slide e pedal steel), il figlio di David Crosby, James Raymond alle tastiere, Steve Di
Stanislao alla batteria e Andrew Ford al basso, oltre ovviamente agli stessi Crosby e Nash, impegnati alle chitarre e quest'ultimo in un paio di brani anche al piano elettrico. Il concerto, aperto dall'inno antimilitarista Military Madness, seguito quasi a ruota da una sempre verde Marrakesh, Express, è stato una sorta di viaggio nel tempo con continui flashback dal presente del loro ultimo disco al passato dei brani storici con Stills & Young. L'atmosfera magica che attraversava l'aria ha regalato al pubblico qualcosa di veramente unico una sorta di sogno da dove nascevano continuamente, dolci e soffici ballate country, scorribande elettriche e ipnotici brani acustici in accordatura aperta. Nonostante Crosby non fosse in perfette condizioni fisiche, sul palco ha dato il meglio di se si veda la eccellente cavalcata elettrica su De ja vù, cedendo solo alla fine quando ormai distrutto non ha eseguito Almost Cut My Hair, per la delusione dei presenti. Nash dal canto suo, è apparso in gran spolvero, regalando un emozione dopo l'altra con la sua voce e cimentandosi addirittura all'armonica nella ballad dilaniana, Southbound Train. Il fluire dei brani ha così regalato il meglio delle loro produzioni solis
te e di quelle insieme compreso un brevissimo accenno a Chicago, richiesta a gran voce dal pubblico. Tra i momenti più intensi e toccanti, vale la pena segnalare la travolgente resa di Just Song Before I Go, l'ottimo medley da brividi Critical Mass/Wind On Water e una magnifica Cathedral, dedicata da Nash al suo amico italiano nonché uno degli autori della biografia ufficiale di CSN, Francesco Lucarelli. Sul versante dei brani nuovi estremamente riuscite sono state Milky Way Tonight, Jesus Of Rio, Lay Me Down e una strabordante Puppeteer. Quello che però ha reso questo concerto indimenticabile sono state senza dubbio le ancora intatte armonie vocali di Crosby & Nash che nei brani più vecchi del loro repertorio sembravano letteralmente fondersi in una voce sola, come nel caso del commovente inno west coast Guinevere o della scorribanda elettrica di Long Time Gone. Il finale con Our House e Teach Your Children, non è stato privo di emozioni, sentire infatti tutto l'auditorium intonare questi due brani non è una cosa che si può cancellare tanto in fretta. Un evento storico, che difficilmente i presenti cancelleranno dalla memoria. La storia del rock ci è passata davanti ed un inchino era semplicemente dovuto.

Crosby & Nash, operazione nostalgia
Hanno
concluso il tour italiano all’Auditorium di Roma, in attesa di una
clamorosa reunion con Stills e Young. Affascinante il loro famoso sound
targato CSN, atmosfere da Flower Power, contestazione anti-Bush ma tanta
professionalità e voglia di suonare, con classici inimitabili

David
Crosby e Graham Nash hanno concluso un tour italiano per promuovere il
loro ultimo album, che si intitola icasticamente “Crosby-Nash”, con un
concerto tenutosi il 10 marzo presso la sala Santa Cecilia,
all’Auditorium di Roma, una meravigliosa struttura dall’acustica
perfetta, incredibilmente elegante e curata in ogni dettaglio, unica nel
suo genere, considerati i pessimi luoghi come Palasport e stadi dove,
generalmente, si fa musica dal vivo in Italia. Operazione nostalgia, ma
non grottesca, quella riuscita ai due cantautori anglo-americani, che si
sono esibiti davanti ad un pubblico variegato, composto da ascoltatori
attempati, reduci dalla stagione del Flower Power degli anni Settanta,
ma anche da persone molto più giovani, se non addirittura da ragazzi
capaci di sorbirsi undici ore di treno per venire a vedere da vicino
gente che potrebbe esser loro padre o nonno: è il caso di Lino, un
ragazzo di Siracusa che all’esterrefatto cronista consegna una
motivazione che è un manifesto: “Sono mitici, sono dei pilastri del
rock: dovevo venirli a vedere a qualsiasi

costo…
E quando potrebbe ricapitare?”. Già, un concerto con Crosby e Nash è
un’occasione da non perdere “a prescindere”, per dirla alla Totò, anche
se la prima reazione logica è domandarsi dove diavolo sia Stills, con
cui formavano il leggendario trio “Crosby, Stills and Nash”, con la
partecipazione talora di un altro mostro sacro come Neil Young. Ebbene,
sono in corso trattative per una clamorosa reunion, anche con Young. Chi
vivrà vedrà. Diciamo subito che queste cariatidi del rock country
melodico classico americano (anche se Nash è inglese) non hanno deluso.
Certo, gli anni passano per tutti ed è meglio non stare troppo a pensare
all’età dei suonatori, del pubblico e del cronista; i capelli sono
bianchi sia a Nash che a Crosby, e quest’ultimo è reduce da anni di
droghe, fantasmi della psiche e gravissimi problemi di salute (con un
trapianto del fegato); anche gli ideali si sono un bel po’ arrugginiti:
dove è più quell’epoca dell’immaginazione al potere, dei figli dei
fiori, dell’esplorazione lisergica della mente, del pacifismo libertario
quale cardine dei rapporti sociali, politici e tra le nazioni? Ma la
voglia di costruire un mondo nuovo e di contestazione resta tutta
intatta, anche se diventa a tratti irritante il loro periodico buttarla
in politica con slogan contro il presidente americano Bush in
presentazione di alcuni brani, come il nuovo “Puppeteers”,
“Burattinaio”, con Nash a calcare la mano dicendo addirittura in
italiano “Pinocchio” a Bush per le sue “bugie” sull’Iraq a
giustificazione dell’intervento americano. Del resto questo tipo di
musica è sempre stata “politica”, antisistema e contestatrice, per cui
c’è da aspettarsi il piccolo comizio nei live.

Comunque
la scaletta delle canzoni pare azzeccata e gradevoli le
interpretazioni. Pochi i brani presentati dall’ultimo disco: una volta
tanto non siamo (solo) di fronte ad un’operazione di traino commerciale.
Dignitosa (ma niente di più) la band che li accompagna, dove si segnala
James, il figlio che Crosby ha scoperto di avere (!) cinque anni fa, ed
autore di una svolta più rock in alcuni brani composti per il nuovo
disco. Comunque chi ha assistito al concerto può legittimamente
affermare di non essere rimasto deluso: a parte qualche rara stecca
vocale, la professionalità del duo è stata altissima, ma si è avvertita
anche emozione e – perché no – divertimento nella loro performance.
Estremamente gigioni entrambi, con frequenti frizzi e lazzi con il
pubblico (con quel po’ di pubblico che capisce l’inglese, visto che i
due si ostinavano a parlare velocemente, come se si trovassero negli
States), hanno prodotto il caratteristico sound di pura marca CSN,
pieno, corposo, non facendo rimpiangere troppo l’assenza di Stills. Il
tempo che passa, insomma, è stato tenuto a bada da due performers
indubbiamente di altissimo livello, che a tratti sembravano aver
ritrovato lo smalto degli anni migliori, con chitarre e voci
perfettamente allineate o sapientemente in contrappunto. Sono in grado
di regalare ancora forti emozioni, quindi, e allora che Iddio li
conservi per la gioia di tutti gli appassionati del rock. Il concerto è
durato ben tre ore, con una pausa di soli venti minuti: una passione per
il proprio lavoro ed un rispetto per il pubblico pagante che,
oggigiorno, sono rare a vedersi. Inutile dire che le più grandi emozioni
sono venute da classici impareggiabili, leggermente rivisitati. A
colpire particolarmente sono state una elegiaca “Wasted on the way”, una
“Marrakesh Express” arrangiata ad un ritmo da cartoon, una struggente
“To the last whale” con un’introduzione di “canto a cappella” da far
accapponare la pelle, una ritmata “Cathedral”, una irrinunciabile
“Southbound train”. Sempre quelle quattro o cinque canzoni. Sempre una
magia.
da Il Barbiere Della Sera
Nash e Crosby: pace, amore e musica

Byrds,
Hollies e CSN&Y: ecco, citando i gruppi in cui hanno militato, chi
sono i due acciaccati, soprattutto il primo, attempati signori che si
esibiranno stasera alle 21 nella sala Santa Cecilia dell’Auditorium
Parco della Musica, vale a dire David Crosby e Graham Nash. Fate molta
attenzione, o voi che criticate a priori, non lasciatevi prendere dallo
scoramento pensando all’anagrafe - Crosby è nato a Los Angeles nel ’41,
Nash a Blackpool, Inghilterra, nel ’42 - o alle innumerevoli
disavventure giudiziarie del baffuto Crosby, dinosauri o meno siamo
dinanzi a due pilastri del rock’nd’roll, musicisti che hanno creato,
definito, eseguito alcune delle pagine più belle e toccanti della
West-Coast music , movimento che vide brillare anche le ”stelle” di Joni
Mitchell e Jackson Browne . In concerto - i biglietti costano 35 euro,
platea, e 20, galleria - l’ex Byrds, Crosby, e l’ex Hollies, Nash,
saranno accompagnati da un quartetto che vede alle chitarre il
leggendario, e per la prima volta in Italia, Dean Parks, il bassista
Andrew Ford, il batterista Steve Di Stanislao e il tastierista James
Raymond: musicisti di cui, salvo Parks, non si sa molto ma gente come
Crosby e Nash hanno bisogno di poco per emozionare, una chitarra e la
voce. A dimostrarlo sta il materiale inserito nell’ultimo, splendido
album, Crosby-Nash e al quale ha partecipato il succitato Parks, che ha
ripreso un discorso iniziato nel ’72 con, guarda un pò, l’album Crosby
& Nash al quale seguirono Wind in the water , ’75, e Whistlin down
the wire , ’76 . Gran rispetto della tradizione musicale Usa - pensiamo
al country , al bluegrass e all’ hillbilly che si respira a pieni
polmoni nei loro pezzi - e immensa sensibilità per i temi della
controcultura e del Flower Power , vale a dire l’amore, più libero
possibile, la fratellanza e la pace: così i CSN - per gli incolti la S
sta per Stephen Stills, ex chitarrista dei Buffalo Springfield in cui
militava anche Neil Young, futura Y di

CSN&Y,
ndr - conquistarono il successo e il mondo partendo, nell’agosto ’69,
dal palco del festival di Woodstock. E quelle tematiche, purtroppo
tornate drammaticamente di moda in questi, per dirla con Elisabetta
Seconda, anni horribile s, hanno ancor oggi in Crosby e Nash - in
compagnia di Stills saranno ion tour in estate e quasi siramente saranno
loro, nell’ambito dell’Estate Romana, a suonare il prossimo luglio
dinanzi al Colosseo, ndr - i loro massimi cantori. Or è 36 anni fa si
esibivano in una tre giorni destinata a divenire storia e rivoluzionare
il costume con lo slogan ”pace amore musica”, adesso sono tornati a
girare il mondo con lo stesso messaggio e il loro inimitabile intreccio
”emotivocale” che, nonostante l’età e i passati stravizi, resta
inarrivabile. Se seguite le mode David, Graham e i loro capelli bianchi
on fanno per voi. Se, invece, volete fare un viaggio, non
misericordioso, da ”cavalieri facili” - easy riders in inglese, ndr -
nel tempo, riandare agli anni ’60 e capire perchè il rock attuale è
ridotto, per usare una popolare espressione capitolina, ”alla canna del
gas”, lasciatevi andare alle atmosfere, melodie, ricordi, voci di Crosby
e Nash. Non ve ne pentirete.
Paolo Zaccagnini da Il Messaggero