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venerdì 6 agosto 2010

Crosby & Nash in concerto: Roma 2005


recensione di Salvatore Esposito da www.ilpopolodelblues.com

Quando si sa di prendere parte ad un evento storico, l'emozione diventa una parte in causa difficilmente contenibile così come incontenibile diventa l'attesa sin dal momento dell'annuncio. Tutto ciò ha caratterizzato senza dubbio questa data romana del tour italiano di David Crosby e Graham Nash durante la quale hanno incantato la platea della Sala Santa Cecilia dell'Auditorium di Roma con quasi tre ore di grande west coast music. Ciò che si è intuito sin da subito è stata la grandissima amicizia che unisce David e Graham infatti a differenza dei freddissimi Simon & Garfunkel entrambi durante tutto il concerto hanno scherzato insieme sul palco, non risparmiando mai frecciate contro Bush e gridando attraverso le loro soffici melodie il loro no alla guerra. Sul palco al fianco del duo c'è una band di tutto rispetto che vede Dean Parks, alle chitarre (elettrica, acustica, slide e pedal steel), il figlio di David Crosby, James Raymond alle tastiere, Steve DiStanislao alla batteria e Andrew Ford al basso, oltre ovviamente agli stessi Crosby e Nash, impegnati alle chitarre e quest'ultimo in un paio di brani anche al piano elettrico. Il concerto, aperto dall'inno antimilitarista Military Madness, seguito quasi a ruota da una sempre verde Marrakesh, Express, è stato una sorta di viaggio nel tempo con continui flashback dal presente del loro ultimo disco al passato dei brani storici con Stills & Young. L'atmosfera magica che attraversava l'aria ha regalato al pubblico qualcosa di veramente unico una sorta di sogno da dove nascevano continuamente, dolci e soffici ballate country, scorribande elettriche e ipnotici brani acustici in accordatura aperta. Nonostante Crosby non fosse in perfette condizioni fisiche, sul palco ha dato il meglio di se si veda la eccellente cavalcata elettrica su De ja vù, cedendo solo alla fine quando ormai distrutto non ha eseguito Almost Cut My Hair, per la delusione dei presenti. Nash dal canto suo, è apparso in gran spolvero, regalando un emozione dopo l'altra con la sua voce e cimentandosi addirittura all'armonica nella ballad dilaniana, Southbound Train. Il fluire dei brani ha così regalato il meglio delle loro produzioni soliste e di quelle insieme compreso un brevissimo accenno a Chicago, richiesta a gran voce dal pubblico. Tra i momenti più intensi e toccanti, vale la pena segnalare la travolgente resa di Just Song Before I Go, l'ottimo medley da brividi Critical Mass/Wind On Water e una magnifica Cathedral, dedicata da Nash al suo amico italiano nonché uno degli autori della biografia ufficiale di CSN, Francesco Lucarelli. Sul versante dei brani nuovi estremamente riuscite sono state Milky Way Tonight, Jesus Of Rio, Lay Me Down e una strabordante Puppeteer. Quello che però ha reso questo concerto indimenticabile sono state senza dubbio le ancora intatte armonie vocali di Crosby & Nash che nei brani più vecchi del loro repertorio sembravano letteralmente fondersi in una voce sola, come nel caso del commovente inno west coast Guinevere o della scorribanda elettrica di Long Time Gone. Il finale con Our House e Teach Your Children, non è stato privo di emozioni, sentire infatti tutto l'auditorium intonare questi due brani non è una cosa che si può cancellare tanto in fretta. Un evento storico, che difficilmente i presenti cancelleranno dalla memoria. La storia del rock ci è passata davanti ed un inchino era semplicemente dovuto.


 

Crosby & Nash, operazione nostalgia
Hanno concluso il tour italiano all’Auditorium di Roma, in attesa di una clamorosa reunion con Stills e Young. Affascinante il loro famoso sound targato CSN, atmosfere da Flower Power, contestazione anti-Bush ma tanta professionalità e voglia di suonare, con classici inimitabili

David Crosby e Graham Nash hanno concluso un tour italiano per promuovere il loro ultimo album, che si intitola icasticamente “Crosby-Nash”, con un concerto tenutosi il 10 marzo presso la sala Santa Cecilia, all’Auditorium di Roma, una meravigliosa struttura dall’acustica perfetta, incredibilmente elegante e curata in ogni dettaglio, unica nel suo genere, considerati i pessimi luoghi come Palasport e stadi dove, generalmente, si fa musica dal vivo in Italia. Operazione nostalgia, ma non grottesca, quella riuscita ai due cantautori anglo-americani, che si sono esibiti davanti ad un pubblico variegato, composto da ascoltatori attempati, reduci dalla stagione del Flower Power degli anni Settanta, ma anche da persone molto più giovani, se non addirittura da ragazzi capaci di sorbirsi undici ore di treno per venire a vedere da vicino gente che potrebbe esser loro padre o nonno: è il caso di Lino, un ragazzo di Siracusa che all’esterrefatto cronista consegna una motivazione che è un manifesto: “Sono mitici, sono dei pilastri del rock: dovevo venirli a vedere a qualsiasi
costo… E quando potrebbe ricapitare?”. Già, un concerto con Crosby e Nash è un’occasione da non perdere “a prescindere”, per dirla alla Totò, anche se la prima reazione logica è domandarsi dove diavolo sia Stills, con cui formavano il leggendario trio “Crosby, Stills and Nash”, con la partecipazione talora di un altro mostro sacro come Neil Young. Ebbene, sono in corso trattative per una clamorosa reunion, anche con Young. Chi vivrà vedrà. Diciamo subito che queste cariatidi del rock country melodico classico americano (anche se Nash è inglese) non hanno deluso. Certo, gli anni passano per tutti ed è meglio non stare troppo a pensare all’età dei suonatori, del pubblico e del cronista; i capelli sono bianchi sia a Nash che a Crosby, e quest’ultimo è reduce da anni di droghe, fantasmi della psiche e gravissimi problemi di salute (con un trapianto del fegato); anche gli ideali si sono un bel po’ arrugginiti: dove è più quell’epoca dell’immaginazione al potere, dei figli dei fiori, dell’esplorazione lisergica della mente, del pacifismo libertario quale cardine dei rapporti sociali, politici e tra le nazioni? Ma la voglia di costruire un mondo nuovo e di contestazione resta tutta intatta, anche se diventa a tratti irritante il loro periodico buttarla in politica con slogan contro il presidente americano Bush in presentazione di alcuni brani, come il nuovo “Puppeteers”, “Burattinaio”, con Nash a calcare la mano dicendo addirittura in italiano “Pinocchio” a Bush per le sue “bugie” sull’Iraq a giustificazione dell’intervento americano. Del resto questo tipo di musica è sempre stata “politica”, antisistema e contestatrice, per cui c’è da aspettarsi il piccolo comizio nei live.
Comunque la scaletta delle canzoni pare azzeccata e gradevoli le interpretazioni. Pochi i brani presentati dall’ultimo disco: una volta tanto non siamo (solo) di fronte ad un’operazione di traino commerciale. Dignitosa (ma niente di più) la band che li accompagna, dove si segnala James, il figlio che Crosby ha scoperto di avere (!) cinque anni fa, ed autore di una svolta più rock in alcuni brani composti per il nuovo disco. Comunque chi ha assistito al concerto può legittimamente affermare di non essere rimasto deluso: a parte qualche rara stecca vocale, la professionalità del duo è stata altissima, ma si è avvertita anche emozione e – perché no – divertimento nella loro performance. Estremamente gigioni entrambi, con frequenti frizzi e lazzi con il pubblico (con quel po’ di pubblico che capisce l’inglese, visto che i due si ostinavano a parlare velocemente, come se si trovassero negli States), hanno prodotto il caratteristico sound di pura marca CSN, pieno, corposo, non facendo rimpiangere troppo l’assenza di Stills. Il tempo che passa, insomma, è stato tenuto a bada da due performers indubbiamente di altissimo livello, che a tratti sembravano aver ritrovato lo smalto degli anni migliori, con chitarre e voci perfettamente allineate o sapientemente in contrappunto. Sono in grado di regalare ancora forti emozioni, quindi, e allora che Iddio li conservi per la gioia di tutti gli appassionati del rock. Il concerto è durato ben tre ore, con una pausa di soli venti minuti: una passione per il proprio lavoro ed un rispetto per il pubblico pagante che, oggigiorno, sono rare a vedersi. Inutile dire che le più grandi emozioni sono venute da classici impareggiabili, leggermente rivisitati. A colpire particolarmente sono state una elegiaca “Wasted on the way”, una “Marrakesh Express” arrangiata ad un ritmo da cartoon, una struggente “To the last whale” con un’introduzione di “canto a cappella” da far accapponare la pelle, una ritmata “Cathedral”, una irrinunciabile “Southbound train”. Sempre quelle quattro o cinque canzoni. Sempre una magia.
da Il Barbiere Della Sera
 
 
Nash e Crosby: pace, amore e musica

Byrds, Hollies e CSN&Y: ecco, citando i gruppi in cui hanno militato, chi sono i due acciaccati, soprattutto il primo, attempati signori che si esibiranno stasera alle 21 nella sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica, vale a dire David Crosby e Graham Nash. Fate molta attenzione, o voi che criticate a priori, non lasciatevi prendere dallo scoramento pensando all’anagrafe - Crosby è nato a Los Angeles nel ’41, Nash a Blackpool, Inghilterra, nel ’42 - o alle innumerevoli disavventure giudiziarie del baffuto Crosby, dinosauri o meno siamo dinanzi a due pilastri del rock’nd’roll, musicisti che hanno creato, definito, eseguito alcune delle pagine più belle e toccanti della West-Coast music , movimento che vide brillare anche le ”stelle” di Joni Mitchell e Jackson Browne . In concerto - i biglietti costano 35 euro, platea, e 20, galleria - l’ex Byrds, Crosby, e l’ex Hollies, Nash, saranno accompagnati da un quartetto che vede alle chitarre il leggendario, e per la prima volta in Italia, Dean Parks, il bassista Andrew Ford, il batterista Steve Di Stanislao e il tastierista James Raymond: musicisti di cui, salvo Parks, non si sa molto ma gente come Crosby e Nash hanno bisogno di poco per emozionare, una chitarra e la voce. A dimostrarlo sta il materiale inserito nell’ultimo, splendido album, Crosby-Nash e al quale ha partecipato il succitato Parks, che ha ripreso un discorso iniziato nel ’72 con, guarda un pò, l’album Crosby & Nash al quale seguirono Wind in the water , ’75, e Whistlin down the wire , ’76 . Gran rispetto della tradizione musicale Usa - pensiamo al country , al bluegrass e all’ hillbilly che si respira a pieni polmoni nei loro pezzi - e immensa sensibilità per i temi della controcultura e del Flower Power , vale a dire l’amore, più libero possibile, la fratellanza e la pace: così i CSN - per gli incolti la S sta per Stephen Stills, ex chitarrista dei Buffalo Springfield in cui militava anche Neil Young, futura Y di CSN&Y, ndr - conquistarono il successo e il mondo partendo, nell’agosto ’69, dal palco del festival di Woodstock. E quelle tematiche, purtroppo tornate drammaticamente di moda in questi, per dirla con Elisabetta Seconda, anni horribile s, hanno ancor oggi in Crosby e Nash - in compagnia di Stills saranno ion tour in estate e quasi siramente saranno loro, nell’ambito dell’Estate Romana, a suonare il prossimo luglio dinanzi al Colosseo, ndr - i loro massimi cantori. Or è 36 anni fa si esibivano in una tre giorni destinata a divenire storia e rivoluzionare il costume con lo slogan ”pace amore musica”, adesso sono tornati a girare il mondo con lo stesso messaggio e il loro inimitabile intreccio ”emotivocale” che, nonostante l’età e i passati stravizi, resta inarrivabile. Se seguite le mode David, Graham e i loro capelli bianchi on fanno per voi. Se, invece, volete fare un viaggio, non misericordioso, da ”cavalieri facili” - easy riders in inglese, ndr - nel tempo, riandare agli anni ’60 e capire perchè il rock attuale è ridotto, per usare una popolare espressione capitolina, ”alla canna del gas”, lasciatevi andare alle atmosfere, melodie, ricordi, voci di Crosby e Nash. Non ve ne pentirete.
Paolo Zaccagnini da Il Messaggero