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Neil Young from Worst to Best: la classifica di Stereogum

Vi presentiamo una curiosa classifica: gli album di Neil Young dal peggiore al migliore secondo Stereogum.com



35. LIVING WITH WAR
Questo album vede il nostro eroe in versione hippie, come nell'altrettanto politico Greendale, che trasuda passione istantanea; c'è persino una canzone intitolata "Let's Impeach The President". Scritto e registrato in nove giorni, è il classico album spazzatura; urla il suo messaggio ma se ne fotte della musica. In una carriera fatta di strane svolte e decisioni artistiche al limite del surreale, questa non nemmeno stravagante da meritarsi una risata.

34. FORK IN THE ROAD
Quello che avrebbe potuto essere un intrigante concept album sulla dipendenza dell'America dal petrolio, sulla miopia di chi governa, dell'ostinatezza contro il cambiamento, diventa... be', essenzialmente una manciata di canzoni che parlano di auto elettriche. La musica lascia ancora meno il segno dei testi, ed è difficile immaginare qualcuno che scelga di ascoltare Fork In The Road piuttosto che uno qualsiasi degli altri album di Neil. Anche i pezzi acustici sono piatti: nonostante la classica melodia stile Badlands e la pedal steel, "Light A Candle" è come un annuario scolastico di citazioni travestito da canzone, mentre "Off The Road" tenta di essere toccante risultando goffa. "E' tutto per la mia macchina", ripete Neil nella svogliata e vagamente rap "Cough Off The Bucks". Non si può dire che non ci abbia avvertito.

33. AMERICANA
Già è impossibile immaginare chiunque morire dalla voglia di sentire i Crazy Horse interpretare classici come "Oh Susannah," "Jesus' Chariot" e "Clementine", poi la decisione di far uscire Americana anziché l'atteso inedito Toast è parsa proprio maliziosa. Non aiuta il fatto che le canzoni siano interminabili, offrendo però pochissime sfumature; persino la consueta spuma dei Crazy Horse è priva di mordente [...]. L'album non è comunque un completo riciclo: ci sono un po' di versi aggiunti qua e là a caso, e se conoscete questi brani solo per le versioni spensierate che si cantano ai bambini, qui avrete delle sorprese. C'è anche la sorpresa finale dell'inno inglese "God Save The Queen" [...]. Al suo apice Americana è una bazzecola, al suo peggio è uno strazio.

32. GREENDALE
Primo di una serie di penosi concept-album (vedi #33-35) pubblicati a inizio millennio, e definirlo il migliore della serie non è un elogio. Prosaico nel commento sociale ma stretto nelle idee e nelle canzoni, Greendale - tanto l'album quanto il libro, il film, persino il fumetto che lo accompagnano - è riuscito solo a metà, faticoso e monotono quando non completamente odioso. Ottanta minuti di durata per pochi sprazzi di materiale di qualità, sommersi in una palude, come la bella "Double E" e la strana "Bandit", in stile Yo La Tengo, che tuttavia non bastano a far sì che il gioco valga la candela. [...]

31. EVERYBODY'S ROCKIN'
[...] 25 minuti di disco come risposta a David Geffen per la sua insistenza a volere che Neil facesse un disco appropriatamente "rock 'n' roll" dopo i disastri dei precedenti tre album Geffen. Questa vendetta di rockabilly è puro anni 50 e raggiunge i livelli di surrealismo comico di Christopher Guest. Neil indossa persino il costume di scena [...]. L'album contiene qualche cosa di decente, forse proprio per ripicca: "Wonderin'" brilla certo di più nella versione del Live at Fillmore East, ma quella patinata dell'album è comunque bella. [...] Resta comunque uno degli album non essenziali di Neil. [...]

30. MIRROR BALL
Nato per una degenerata collaborazione tra Neil e i Pearl Jam, star del grunge, Mirror Ball arrivò per catturare l'improvvisa popolarità di Neil tra la fiorente generazione alternativa che lo identificava come il Padrino del Grunge nelle sue camicione di flanella. Neil ha suonato con molte backing band - alcune grandiose, altre meno - ma i Pearl Jam sono stati la peggiore. Anziché cavalcare l'onda o cercare di togliere il controllo al leader, i membri dei Pearl Jam svolgono le loro mansioni con troppa serietà; la band suona spesso forzata nel tentare di seguire le mezze canzoni del suo eroe. Alla fine, ad eccezione del batterista Jack Irons che compensa, tengono il tempo come se fossero i Talking Heads. Mirror Ball non è tutto da buttare: il requiem in minore "Song X", in apertura, mostra come avrebbe potuto essere questo album insieme a una band che meglio definiva quell'epoca, per esempio gli Unwound [...].

29. OLD WAYS
Qui il nostro eroe diventa improvvisamente patriottico, e sebbene le sue radici siano nel folk classico proprio come Comes A Time e Harvest, con cui Old Ways condivide anche molti musicisti, il materiale pacchiano di questo album non sfiora nemmeno le vette dei lavori precedenti. Un altro grosso problema è che Old Ways è stato il primo album di Neil Young completamente digitale, tendenza che sarebbe proseguita per tutto il decennio fino a una repentina svolta negli anni Novanta. Compiacendosi di cliché del country e banalità vagamente sciovinistiche, non servono Waylon e Willie a legittimare questo album senza forma. Alcune delle canzoni di Old Ways sono apparse recentemente in A Treasure, che documenta il tour di una band che ebbe vita breve, gli International Harvesters. Le focose versioni di "Bound For Glory" e "Get Back To The Country" che si trovano lì ci fanno quasi perdonare Old Ways. Quasi.

28. LANDING ON WATER
E' stato il ritorno di Neil all'hard rock - o una specie - dopo le precedenti sperimentazioni di epoca Geffen. Supportato da sessionisti e prodotto dal non collaudato Danny Kortchmar, Landing On Water è anche il primo album che Neil ha fattto insieme al fonico Niko Bolas [...]. Presenta voci sovraincise ed è un claustrofobico casino digitale di bassi artificiali, metronomi ed effetti sonori che rendono l'album più vecchio rispetto a quanto è uscito. Registrato, inspiegabilmente, da una band al completo che riproduceva i demo di Neil fatti con chitarra acustica e drum machine, le percussioni mostruose del disco spesso affossano le chitarre, rendendo il sound pesante e al contempo neutralizzandolo. Ma i risultati non sono del tutto da cestinare: "Pressure" non è così distante dal post-punk degli Spoon, mentre "Hippie Dream" spara a zero su David Crosby [...]. E nuovamente la cosa più positiva da dire su Landing On Water è che non è proprio un fiasco. Neil stesso, anni dopo, durante un'intervista radio in Inghilterra, lo ha definito "una cagata".

27. PRAIRIE WIND
Sorta di sequel non ufficiale del superbo Silver & Gold, Prairie Wind similmente rivede vecchie canzoni in chiave country-rock sullo stile di Harvest Moon. Neil ci è riuscito meglio almeno tre delle precedenti volte, ma se siete tra quelli che non ne hanno mai abbastanza del country rock nostalgico e sovraprodotto di Neil, Prairie Wind fa il suo lavoro. [...] L'unico pezzo indimenticabile è il barocco "When God Made me". Costruito in un arrangiamento metà Neil Young e metà Jack Nitzsche, questo album pomposo compete con "Such A Woman" e "Let's Roll" tra le cose più imbarazzanti di Neil. [...] Sono pochi i momenti inaspettati e Neil pare rassegnato, a riposo.

26. BROKEN ARROW
Dopo la morte di David Geffen, produttore e amico da 27 anni, Neil è velocemente uscito con Broken Arrow, un album che suona come una costrizione mal congegnata. Più di metà dei brani durano oltre cinque minuti, però arrancano e non è quindi facile immaginare i fan delle avventurose improvvisazioni dei Crazy Horse esaltarsi per essi. Il peggio è la cover finale di un blues classico di Jimmy Reed [...]. L'unico tocco di grazia è l'acustica e meditabonda "Music Arcade", che aiuta a far digerire il resto. Il soundtrack da lui composto per il film Dead Man di Jim Jarmush era uscito solo sei mesi prima [...] ed è l'uscita più interessante del 1996, a base di noise chitarristico.

25. ARE YOU PASSIONATE
Sullo stile dell'inaspettato This Note's For You, 1988, questo album con sfumature R&B viene registrato da Neil insieme ai formidabili Booker T. and the MGs. Il risultato è prolisso e strambo, ma contiene alcuni momenti grandiosi: la spettrale "Mr. Disappointment" richiama il tono di Sleeps With Angels, mentre "Goin' Home", eseguita però dai Crazy Horse, ha un'effervescenza che manca al resto dell'album. C'è anche quella che potrebbe essere la Più Brutta Canzone di Neil Young, la stupida e manipolatoria "Let's Roll", che è perdonabile solo se la si considera un'impulsiva risposta patriottica all'attentato del World Trade Center. A parte questa, Are You Passionate è gustoso, per quanto superfluo.

24. CHROME DREAMS II
Il riferimento a un famoso disco inedito (poi bootleggato) è una mossa astuta, ma non è niente di più di un occhiolino malizioso allo zoccolo dei fan [...]. Il titolo suggerisce un ritorno alla massima forma che però non c'è: Chrome Dreams II parte in modo brillante ma poi perde la sua intensità. La seconda metà è piena di canzoni stentate e senza senso d'insieme. Conoscendo Neil forse l'obiettivo era proprio questo [...]. "Beautiful Bluebird" suona come fosse Harvest Moon, "No Hidden Path" è mistica, e la lunghissima e gloriosa "Ordinary People" ricorda i capolavori di Dylan degli anni Ottanta. Queste tre - che messe insieme sono più lunghe di alcuni interi album del catalogo younghiano - valgono l'acquisto.

23. LIFE
Ingiustamente paragonato al suo predecessore Landing On Water, Life può essere chiuso, gelido e oppressivo come gli altri album Geffen di Neil ma ha anche qualcosa che agli altri manca: buone canzoni. Ignorate il sound digitale e gli effetti sonori ridicoli, la base live dimostra molta dell'energia di un tempo di Neil. L'irresistibile beffa di "Prisoners Of Rock 'n' Roll" è un assaggio del gargantuesco garage rock che sarà Ragged Glory, il timbro da lenta dance di "When Your Lonely Heart Breaks" ricorda vecchie glorie nonostante l'arrangiamento alla Richard Marx, "Long Walk Home" sembra Phil Ochs che affronta il MIDI, e "Inca Queen" tenta audacemente di avvicinarsi alla New Age. [...] Life pone una questione intressante: se fosse stato l'esordio di un debuttante, anziché opera di un artista di prestigio, la risposta sarebbe stata diversa?

22. HAWKS & DOVES
Come Rust Never Sleeps e American Stars 'n Bars, anche Hawks & Daves è un album che sfrutta i due lati di un LP per mostrare due diversi lati del sempre eclettico autore. Diversamente dai precedenti, però, l'approccio a sorpresa di questo album non lo rende un ascolto facile. Il primo lato, fatto da brani apparentemente incompatibili presi dall'abortito Homegrown, brilla se non altro per "The Old Homestead" e, con minor eccellenza, "Captain Kennedy". L'album uscì il giorno prima dell'elezione di Ronald Reagan alla presidenza USA, e l'accozzaglia patriottica del secondo lato presagisce a quella rovina.

21.THIS NOTE'S FOR YOU
Reinventandosi come un bluesman di nome Shakey Deal, Neil Young commemora con questo disco il suo caloroso ritorno alla Reprise e un nuovo stile. Suonato con l'appoggio di 6 fiati, This Note's For You ha guadagnato più fama e consensi con la sua title-track dal messaggio antimultinazionale - e il suo videoclip girato da Julien Temple - che non con tutto il resto del suo difficile ma sottovalutato contenuto. Il disco è un po' piatto e Shakey e la band non fanno faville, però alcune canzoni sono eccellenti: la sbattuta "Coupe De Ville" richiama le atmosfere da sguardo perso di On The Beach, la desolata "Twilight" presenta trombe deliziosamente incongruenti con la chitarra di Young [...].

20. TRANS
Trans fallisce non per quello che è ma per quello che non è. La sua reputazione come di un esperimento catastroficamente fallito è stata, negli ultimi anni, ribaltata da hipster revisionisti che lo citano come precursore di wave minimalista, techno ed infiniti subgeneri di musica elettronica. Se solo fosse vero. Trans poteva essere così ben delineato, ma Neil non è riuscito a mettere nell'esperimento il cento per cento di se stesso, così l'album risulta indeciso e a tratti dilettantistico. Disperato nel non poter comunicare con suo figlio, e sotto l'influenza dei Devo, Neil si immerse nel mondo dei sintetizzatori, dei vocoder e dei synclavier. Una totale immersione che portò a un album in anticipo sui suoi tempi e in larga parte premonitorio: la fantastica "Computer Age" non ha eguali da nessuna parte nella musica, "Sample and Hold" inventa i Daft Punk, la reintepretazione di "Mr. Soul" suona come Thomas Dolby disintossicato, e la grandiosa "Transformer Man" dimostra che Grandaddy non è stato il primo a combinare un'intelligenza artificiale con un cuore d'oro. Purtroppo l'incantesimo è spezzato da tre canzoni da Island In The Sun, precedente tentativo abortito. [...] E' un disco sull'impossibilità di comunicare e Neil, con l'aiuto di gadget, ha articolato questo messaggio con la stessa, umanitaria profondità che si trova nelle sue migliori canzoni d'amore.

19. PSYCHEDELIC PILL
Questo doppio album del 2012 contiene lunghe jam che ricordano quelle di Zuma e vede Neil Young e i Crazy Horse rivitalizzati; era da anni che la band non suonava così vitale. I due dischi volano via veloci, persino i 27 minuti di "Driftin' Back" che aprono l'album, nella quale Neil dà fiato a libere associazioni su tagli di capelli hip-hop e arte. Stabilisce il tono per il resto di questo eccellente lavoro: "Ramada Inn", piena di fuzz, è un'irresistibile storia di una casa ormai vuota, in "For The Love Of Man" Neil ricorda Roy Orbison, il suo eroe, e dà i brividi; e "Walk Like A Giant" vede alcuni degli assoli più rauchi e curvilinei di sempre. [...] "I Crazy Horse hanno un sound semplice, emozionale più che tecnico." Psychedelic Pill ribadisce a noi e, forse, a Neil stesso, che a volte un sound semplice è ciò di cui un vero gigante ha bisogno.

18. LE NOISE
Neil collabora con il produttore e re del suono Daniel Lanois, e come pochi altri album del suo catalogo, Le Noise è il risultato di un'idiosincrasia. Le impronte digitali di Lanois sono dappertutto nel disco e il suo contributo, più collaborativo che non facilitativo, realizza di fatto il disco. La pesante chitarra acustica di Neil, inzuppata di ogni genere di effetto, fornisce colori inediti alla sua palette sonora. Grandi eco ed effetti marcati danno anima anche alle tracce minori [...]. Neil sfrutta l'occasione proponendo una manciata di canzoni tempestose e ipnotiche, due delle quali valgono per lo meno il biglietto: l'autobiografica e arci-bootleggata "Hitchhiker", sorta di lista della spesa delle droghe provate da Neil, e la spettrale e cinematografica "Peaceful Valley Boulevard", triste più di ogni altra cosa che Neil abbia mai inciso.

17. NEIL YOUNG
Prodotto dal suo nuovo amico David Briggs, il debutto di Neil è diverso da tutto il resto del suo catalogo [...], sovraprodotto e ritoccato da troppe mani ma che ciononostante ha la sua magia. Registrato in molti studi diversi e poi meticolosamente elaborato, il disco è quello che vi aspettate come bizzarro lavoro solista di un membro dei Buffalo Springfield. Ci sono brani potenti come "The Old Laughing Lady", l'epica "Last Trip To Tulsa", "The Loner" che ha un sapore vagamente Bee Gees, brani che sono una prosecuzione di quei contributi di Neil ai Buffalo Springfield, come "Flying On The Ground Is Wrong" e "Nowadays Clancy Can't Even Sing". Il pianista Jack Nitzsche ha co-prodotto tre canzoni aggiungendovi archi e ampollosità, presagio di future collaborazioni come "A Man Needs A Maid", mentre invece Ry Cooder vi ha aggiunto spennellate di chitarre. Nonostante tutte le interferenze e tirature a lucido, o forse proprio grazie a queste, la resa dell'album è incredibile; suonatelo in vinile su un piatto decente e non guarderete più l'iPod con gli stessi occhi. [...]

16. RAGGED GLORY
Alcune canzoni sarebbero state nell'inedito Chrome Dreams, come "White Line" e "Country Home": qui hanno una seconda vita insieme ad altre primitive, rauche urla di Ragged Glory, disco relativamente gioioso e sereno, dritto come Zuma. Metà delle canzoni superano abbondantemente i cinque minuti, e due sono oltre i dieci; ovviamente i Crazy Horse jammano. Ogni tanto le cose si fanno anche troppo grezze, come nella cover di "Farmer John", ma lo si deve considerare una vittoria con i suoi vecchi compagni di squadra, un anno dopo l'album di redenzione, Freedom. Le canzoni sono magniloquenti: "Country Home" vede Neil il Naturalista optare per la pace e l'armonia della vita rurale, nell'ipnotica "Over And Over" i Crazy Horse sembrano posseduti, "Fuckin' Up" è pseudopunk. Queste ed altre canzoni ci ricordano che il garage rock dei Crazy Horse è la controparte più naturale dei testi di Neil, della sua voce e della sua vibrazione. "Penso che la più pura essenza della mia musica sia quella che faccio con i Crazy Horse", ha detto Neil in un'intervista promozionale all'album.

15. SILVER & GOLD
Malinconico, assorto, sentimentale: se questi aggettivi possono descrivere almeno altri quattro dischi di Neil Young, bene, ma Silver & Gold, il primo album del nuovo millennio per Neil, dopo Harvest Moon è la più eccellente collezione di canzoni [...] che parlano di questioni in sospeso e ricordi [...]. In Silver & Gold queste ammissioni di mortalità costituiscono un tema, e raramente Neil ha scritto in modo così fluente di amicizia, famiglia e dell'andar del tempo. La romantica title-track, risalente per lo meno al 1985, è ovviamente una highlight, così come la penetrante "Razor Love", ma l'album non ha punti morti. L'accompagnamento musicale è appropriato, una brezza fresca, dalla morbida sezione ritmica che include i leggendari Jim Keltner e Donald Duck Dunn, alla pedal steel di Ben Keith e al minimale pianoforte di Spooner Oldham. Se vi sembra un po' noioso, dategli un'altra chance: è uno dei dischi più belli e soddisfacenti di Neil.

14. REACTOR  
...o "Neil esce di scena." Scritto e registrato poco dopo aver scoperto la paralisi cerebrale del figlio Ben, Neil ha camminato attraverso queste sessions come uno zombie, preoccupato solo del durissimo programma di apprendimento di Ben che richiedeva una costante attenzione all'orologio. Considerato questo, è notevole la qualità di Reactor nonostante la difficoltà di Neil di essere emotivamente o mentalmente presente. Il contesto giustifica anche i testi, o persino fornisce loro più valore, dato che si tratta praticamente di considerazioni, ripensamenti, così come il procedere robotico e al metronomo dei Crazy Horse. Le jam sottotono come "T-Bone" sono frustranti e claustrofobiche, mentre altre canzoni come "Shots", capolavoro mancato, "Surfer Joe" e "Southern Pacific" rendono Reactor un'occasione mancata ma non un fallimento. La citazione sul retro, in latino, è la Preghiera della Serenità, comunemente adottata dagli Alcolisti Anonimi, e ha per Neil ovviamente un senso oscuro e diverso. Con i suoi rigidi tempi e il suo minimalismo, Reactor è il "casuale album krautrock" di Neil, che preso da sé dovrebbe essere decisamente rivalutato.

13. SLEEPS WITH ANGELS 
Venduto all'epoca come un'elegia per il recente suicidio di Kurt Cobain, questo solenne e doloroso album non sale più in alto nella classifica solo per un terzo delle sue canzoni, ma per il resto sarebbe un classico da top ten. Il tono generale dell'album potrà sembrare malinconico ma il sound è spontaneo ed ispirato. Si apre con il vibrafono e il piano da saloon di "My Heart", che però è una deviazione; da qui in poi il sapore è noir. Non è che manchi della qualità impetuosa dei precedenti album dei Crazy Horse; piano, chitarra elettrica e persino flauto trovano la loro strada insieme al resto. [...] Le canzoni sono taglienti e austere, Neil ha dimostrato l'abilità di comporre canzoni di granuloso realismo solo due anni dopo la pastoralità di Harvest Moon, il che è davvero notevole e dimostra la sua costante versatilità. Se Freedom esplorava il crimine e la corruzione della notte urbana, Sleeps With Angels indaga le ceneri che rimangono al sorgere del sole. Lugubri blues come "Safeway Cart" e "Trans Am" colmano le distanze tra JJ Cale e Dire Straits, mentre "Driveby" è un eccellente, raro esempio di un tocco leggero da parte dei Crazy Horse. A Neil doveva piacere proprio la melodia di "Western Hero" dato che la canzone appare anche col titolo "Train Of Love" con un testo diverso. I 15 minuti di "Change Your Mind" si trattengono un po' troppo, così come alcune delle canzoni nell'ultimo terzo del disco, ma gran parte di Sleeps With Angels è il Neil più recente nella sua forma migliore. Da archiviare sotto: Dark Side Of The Harvest Moon.

12. FREEDOM / ELDORADO 
Gli anni 80 sono stati difficili per Neil come per tutti i suoi coetanei [...]. Ciononostante, Freedom è uscito negli ultimi mesi di quel decennio ed è stato una rinascita. La decisione di racchiudere l'album tra due versioni, acustica ed elettrica, di "Rockin' In The Free World", come il precedente grande disco Rust Never Sleeps, non è casuale così come non lo è la tenuta dylaniana anni 60 con cui Neil appare in copertina. Freedom lo ritrova in piena forma. Oltre all'inno in apertura, acclamato in tutto il globo, "Cocaine Eyes" fa pensare alla fangosa indulgenza di Ragged Glory e Psychedelic Pill, mentre "Too Far Gone", scritta negli anni 70 e da allora bootleggata, è una lettura superba, stonesiana e completa di mandolino. Ma l'apice qui è l'evocativa "Crime In The City" le cui vignette episodiche ricordano alcuni dei capolavori dylaniani. Freedom è un pugno che ti stende.

11. AMERICAN STARS
Tra i più sottovalutati dischi di Neil, American Stars n' Bars rappresenta l'ennesima crisi d'identità, ma presa come raccolta di canzoni è praticamente perfetta. E' uno dei tanti dischi-rifugio delle canzoni orfane di Homegrown (altre sono su Hawks & Doves e su Decade, l'antologia), presenta un primo lato di eccellenti composizioni country rock e un secondo lato particolarmente notevole: "Star Of Bethlehem" è un pezzo folk-rock con l'appoggio di Emmylou Harris che sarebbe stato bene dentro a Harvest, la nostrana Homegrown è sciocca ma irresistibile, la dosata "Will To Love" è un pezzo folk desolato che parla, ehm, di salmoni. Questi fanno da rampa di lancio a "Like a Hurricane", una delle più epiche jam dei Crazy Horse [...].

10. HARVEST MOON
[...] Con il sound commerciale di Harvest Moon, Neil ha rischiato di alienarsi i suoi nuovi fan dell'età del grunge, allo stesso modo in cui si era alienato i coetanei hippie e, per alcuni anni, chiunque altro. Sì, non era nelle sue intenzioni turbare i suoi nuovi amici di strada con un album semplice e un sound da mezza età; la verità è decisamente più banale: dopo decenni di assordanti performance live, l'udito di Neil era nei guai. Nel mio articolo sull'anniversario di Harvest Moon, l'anno scorso, ho descritto questo disco come l'antidoto dolce ed etereo al precedente Ragged Glory. Anche se è ovvio paragonarlo ad Harvest, Harvest Moon condivide la sua rilassata qualità con quel classico, ma mentre il primo era eufemistico e persino rudimentale, questo è spettrale e rigoglioso, farà da standard per molti successivi album. E perché no? Harvest Moon è una rarità, un disco di platino che ha scalato la top 20, nominato al Grammy e resiste alla prova del tempo.

9. TIME FADES AWAY
Come terza parte della Trilogia Oscura, che include On The Beach e Tonight's The Night, Time Fades Away viene spesso lasciato da parte ed è irrecuperabile sul mercato: insieme a Journey Through The Past soundtrack non è stato ristampato in CD. Questa oscurità può essere spiegata in parte dalla sua natura di brutto anatroccolo. Al primo ascolto può anche apparire più luminoso del tormentato Tonight's The Night e dello scarno On The Beach. La verità è più complicata: si parla sempre dell'alcolismo dietro a Tonight's The Night ma è Time Fades Away che cattura il momento più "tequila e punk" di Neil. Registrato interamente nel tour delle arene dove ha proposto le nuove canzoni a un pubblico che era lì per sentire "Heart Of Gold" e "Only Love Can Break Your Heart", questo album è il suono di Neil alienato che attraversa brani oscuri da lui scritti e che lo porteranno a Tonight's The Night. Neil qui è sia il sadico sia il masochista, come una rockstar punk che sputa sul pubblico per riavere indietro gli sputi da parte del pubblico. Le canzoni sono eccellenti: "LA" è una tagliente lode alla "città nello smog", la title-track ha un che di omicida e si accosta ai ritratti da frontiera di "Tonight's The Night" e "Southern Man", mentre le ballate di pianoforte "Journey Through The Past" e "The Bridge" sono chirurgiche nella loro onesto sentimentalismo. [...]

8. COMES A TIME
Comes A Time è iniziato come un album solista di canzoni acustiche e meditabonde, ma poi si è tramutato in una obbligata, grandiosa riproposizione della maestosità di Harvest, con la decisione di Neil di farvi partecipare una lista di ospiti d'onore (Bobby Charles, Spooner Oldham, JJ Cale) e soprattutto, alle voci, Nicolette Larson. [...] Nessun altro, con la dovuta eccezione di Danny Whitten, ha mai accompagnato in modo così naturale e splendido la voce da tenore di Neil. Due canzoni vedono la partecipazione dei Crazy Horse nella loro veste migliore: la narcotica "Look Out For My Love" e la confessionale "Lotta Love". [...] Magniloquente e sfacciatamente commerciale, Comes A Time deriva comunque dall'esperienza; non è un album che si fa a vent'anni. In questo senso, si avvicina al suo parallelo dylaniano, Desire: ha una saggezza sofisticata e il conforto che offre è meritato.

7. HARVEST
Canonizzato come l'album che ha fatto l'unica hit #1 di Neil Young ("Heart Of Gold") lanciando il suo nome – fino ad allora minore - ai massimi livelli di celebrità e infamia che lui ha poi cercato per anni di togliersi di dosso. Nel 1972, però, Neil amava Carrie Snodgrass e per il momento godeva della sua nuova libertà artistica e finanziaria. Mettendo insieme una band ad hoc denominata Stray Gators, Neil ha composto Harvest con la grazia di alcuni produttori e ospiti d'eccezione che hanno preso parte alle molte sessions. Il disco è funky e rilassato, la produzione attenta fa in modo che ogni suono lasci la sua impronta all'orecchio anche dell'ascoltatore più casuale. E' un punto di riferimento, un disco cruciale. Ciò non significa che è il miglior disco di Neil, sebbene in effetti alcune delle canzoni siano tra le sue migliori. Per via del suo appeal popolare, Harvest è altalenante: per ogni brillante "Old Man" c'è una "Alabama", per ogni "Needle And Damage Done" c'è una "There's A World". Persino la decantata "Heart Of Gold" è, al più, una canzone carina di Neil Young. Cavilli a parte, le esecuzioni sono esemplari e il sound che porta impresso è probabilmente ciò che ha segnato l'immortale eredità delle canzoni che contiene.

6. ZUMA
Per molti versi Zuma è la quintessenza dell'album hard-rock anni 70, è anche il "disco delle vacanze" per Neil. Registrato a Malibu e presieduto da David Briggs, Zuma è diretto, secco, con un gran feeling live. E' il giubileo di Crazy Horse dopo alcuni anni difficili e il risultato è, nel bene o nel male, tra i più sentiti e brillanti della carriera di Neil. Nel devastante On The Beach dell'anno prima tre canzoni contenevano la parola blues, su Zuma ce n'è solo una, e nonostante gli incubi e le migliaia di morti citate nel testo, l'estasi in "Barstool Blues" la si tocca con mano. La vibrazione positiva e solare che pervade l'album può essere parzialmente dovuta al nuovo acquisto, Frank Poncho Sampedro, al posto di Danny Whitten alla chitarra, che ha portato con sé un ottimismo e ha finito per controbilanciare un po' delle tendenze oscure di Neil negli anni a seguire. L'album concilia molti degli umori di Neil, dall'acustico ("Pardon My Heart", "Through My Sails" quest'ultima con Crosby Stills e Nash) ai divertenti pezzi scritti di getto ("Stupid Girl", "Drive Back") ai sedativi chitarristici ("Danger Bird"). Ma soprattutto Zuma ruota intorno all'impressionistica "Cortez The Killer", epica che ha ridefinito la psichedelia per quella nuova generazione che già era più vicina, temporalmente, ai video-games. Solo per questo brano, Zuma è un apice.

5. EVERYBODY KNOWS THIS IS NOWHERE
[...] E' l'album che Neil Young ha fatto insieme ai Crazy Horse appena conosciuti, ed è un album basato sul groove, il feeling, il cameratismo ancestrale. Talbot e Molina saranno anche stati principianti, ma insieme a Neil e Whitten la band ha codificato ciò che il critico jazz Gerit Graham definì "abile semplicità", una somma più grande delle sue parti che crea musica originale dall'alchimia. I membri dei Crazy Horse, comunque, dovevano condividere i riflettori con la Old Black di Neil, una Les Paul del 1953, che qui fa il suo debutto, suonata attraverso un Fender Deluxe valvolare al massimo del volume, che è diventata poi l'arma più potente dell'arsenale di Neil Young. La fortuita combinazione di Crazy Horse e Old Black ha fatto crescere Neil permettendogli di esprimersi in modi che fino ad allora aveva solo tentato. Nei Buffalo Springfield lui e Stephen Stills approfittavano della canzone "Bluebird" per lanciarsi in improvvisazioni e duelli chitarristici, senza tuttavia raggiungere il lirismo dei capolavori su questo album, "Down By The River" e "Cowgirl In The Sand". Poi, la title track e "Cinnamon Girl" vedono il doo-wop R&B di Whitten, colorandole di una tinta funky che a Neil mancava; le influenze di questo album hanno perdurato per tutto il resto della sua carriera.

4. RUST NEVER SLEEPS
Primo disco di Neil Young che sfrutta due lati per sottolineare due toni differenti, Rust Never Sleeps ha un lato acustico e uno elettrico ed è stato composto sovraincidendo strumenti a performance live del tour che ha preceduto l'album. Il lato 1 inizia con "My My Hey Hey" in acustico, inno esplicito alla longevità che ironicamente ha avuto la massima fama dopo che Kurt Cobain lo ha citato nel suo suicidio: "It's better to burn out than fade away." "Thrasher" è un sogno a occhi aperti che pugnala vecchi compagni di viaggio; "Pocahontas" è un'allucinazione da notte intorno al fuoco che mette insieme la mitologia dei Nativi Americani, l'Astrodome e Marlon Brando; "Sedan Delivery" suona come cinque minuti di incidente d'auto; l'arcinota "Powderfinger" è uno squisito racconto tenuto insieme da una delle più espressive esecuzioni alla chitarra della carriera di Neil. Si finisce con "Hey Hey My My", ripresa elettrica del brano in apertura, e se vi chiedevate quale sorta di album Hendrix avrebbe fatto se fosse vissuto abbastanza a lungo da sperimentare il punk, ora avete la risposta. Con Rust Never Sleeps, Neil Young ha chiuso gli anni 70 con un grandioso album; c'è voluto più di un decennio per averne un altro così.

3. AFTER THE GOLDRUSH
Il terzo album di Neil è un album che nasce da e per i giorni in cui è stato scritto. [...] Cattura Neil all'apice del suo potere, dopo il successo con Crosby, Stills, Nash & Young e l'album Dejà Vu, uscito lo stesso anno. La tossicodipendenza di Danny Whitten stava diventando grave - questo è l'ultimo album di Neil dove suona Whitten prima di morire due anni dopo per overdose - e perciò Neil è costretto a rafforzare i Crazy Horse con altri musicisti come Jack Nitzsche, Crosby, Stills e Nash, e il prodigioso Nils Lofgren. L'approccio si rivela proficuo: After The Gold Rush suona come una raccolta di hits, come "Only Love Can Break Your Heart" ispirata da Nash, "After The Gold Rush" ballata al pianoforte a tema fantascientifico, "Southern Man" cattiva e accusatoria, "Tell Me Why" logicamente allucinata, e altre. Non è semplicemente uno dei migliori dischi di Neil Young, o uno dei più pregiati album mai realizzati... è come le Sacre Scritture.

2. TONIGHT'S THE NIGHT
Tonight's The Night è sia funerale che seduta spiritica. Raramente, qualsiasi sia il veicolo artistico, una tale infamia, pena e disillusione sono state così apertamente manifestate in veste di gloriose catarsi, tali da creare un'opera d'arte. Qui il nostro eroe affronta la morte di due amici per droga: il roadie Bruce Berry e il chitarrista Danny Whitten. In queste tormentate canzoni, Neil fa la cronaca del vuoto [...]. I membri del gruppo, stonati e fuori di testa, lo accompagnano in modo selvaggio e viscerale contribuendo ad ubriacare ancor più l'atmosfera. Mai il rock 'n roll aveva esibito così tanta compassione e dolore, mai un musicista aveva scommesso così incurantemente sulla loro reputazione nel tentativo di esprimere ad ogni costo i sentimenti più profondi. Tonight's The Night non è tanto un disco quanto una ferita aperta. Il suo cuore è la redenzione ma il percorso verso quella redenzione sembra esigere l'immolazione; Tonight's The Night lascerà ceneri sul vostro giradischi. Le canzoni - tetre, disturbanti, magnifiche - per forza di cose vanno al di là del tema.

1. ON THE BEACH
[...] Il capolavoro di Neil non è stato pianificato da Neil e nemmeno da David Briggs, ma da Ben Keith, chitarrista pedal-steel, che ha riunito una band da una-volta-nella-vita che comprende Rick Danko e Levon Helm da The Band, il bassista Tim Drummond, Crosby e Nash, e soprattutto la leggenda del cajun Rusty Kershaw. On The Beach è quello che la gente intende quando usa l'espressione "catturare il fulmine in una bottiglia". Neil non farà mai più un disco del genere. L'album è il risultato di rough mix, non dei consueti master, semplicemente perché a Neil sono piaciute le prime versioni. [...] Anche se contribuisce solo a due tracce, l'influenza di Kershaw sull'album si sente, incoraggiando Neil a catturare momenti di esecuzione sublime al di là del perfezionismo tecnico. Inoltre ha introdotto un cocktail di marijuana e miele fatto in casa chiamato "honeyslide" che induceva una catatonia totale. Anche se considerate il secondo lato di On The Beach un avviso di cautela verso questo prodotto genuino, la sua presenza è innegabile. Neil, da bravo attore, fumava anche due pacchetti di sigarette al giorno solo per ottenere la voce rauca tipica delle ore piccole. Qualsiasi cosa Neil abbia fatto per creare On The Beach, ne è valsa la pena, perché l'album ha tutto. Vibranti jams sull'omicidio e l'ecoterrorismo? Ci sono. Blues catatonici? Diversi. Acidi commenti sociali? Dappertutto. Ogni momento contribuisce a fare di On The Beach un album che musicalmente narra lo svanire del giorno, o di un'epoca. Come nella cover dove Neil dà le spalle all'obiettivo, pietrificato dall'oceano su una spiaggia di detriti e rovine, che non suggerisce una fine ma un nastro di Mobius, senza un inizio definito. E' il suono di Neil che sposta lo sguardo dai rottami finalmente al grande spazio vuoto.

traduzione esclusiva di Matteo 'Painter' Barbieri

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