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Rassegna stampa d'epoca: Landing On Water


Nella scia dei claustrofobici lavori precedenti, l'audace confessione di Landing On Water sembra più liberatoria. Se era stato sedotto dalla tecnologia in Trans – un incubo futuristico infestato dai Kraftwerk – qui Young ha l'equipaggiamento hardware alle sue dipendenze, forza il suono uniforme digitale a piegarsi alle sue volontà analogiche ed erranti. Su Water, Young rifiuta di tornare ai giorni semplici, scegliendo invece di confrontarsi col mondo così com'è e trovarsi il suo posto. Così la batteria programmata è fragorosamente fuori controllo, come un guasto tecnico in un replicante di Blade Runner, mentre il familiare strillo dell'elettrica di Young assume il ruolo di guida e sicurezza.
In questo confronto tra fazioni elettroniche in guerra, Young si lamenta ansiosamente del suo “lato violento” e rifiuta di intrattenere altre “storie fortunate”, anche se sta seguendo il “ritmo delle brutte notizie”; ammette comunque che “ha un problema” anche se si è alleggerito da quando “il peso del mondo” è stato tolto dalla sua schiena. Il devastante “sogno hippie” lo vede ribaltare quelle navi di legno con quelle vele dipinte una volta per tutte. In “Drifter”, il culmine di Landing On Water, Young […] può rivolgersi a una amante o può rivolgersi al suo pubblico. In ogni caso, ci stiamo confrontando con un forte tizio in bianco e nero in un mondo di grigi neutrali. 
Bud Scoppa, 1986

L'ultima volta Neil Young indossava i suoi stivali da cowboy e armonizzava con Willie, Waylon e i ragazzi. L'uomo che un tempo aveva dichiarato che il “rock n' roll non morirà mai” si era trovato ad ammettere che per lui il rock 'n' roll non significava più nulla, che le sue radici erano sempre state nel country, che il pickin' sulla veranda di casa fosse il groove dei suoi giorni a venire.
Quindi come mai “Touch The Night”, il primo singolo tratto dall'ultimo album di Young, è pieno di chitarre elettriche taglienti che sembrano venire direttamente dalle sessions di Zuma? Attraverso i suoi due decenni di carriera, Young è stato come il mercurio. Le sue uscite degli anni '80 passano dall'heavy metal (Reactor) all'elettro-pop (Trans), al rockabilly (Everybody's Rockin').
In questo contesto, non sorprende venire a sapere che Young ha deciso di rimontare in sella come uno space cowboy. Dal punto di vista tematico, Landing On Water segna il ritorno del lato oscuro della musa di Young. Quando non sta dissacrando i miti degli anni '60 (“Hippie Dream”), simpatizzando con i vagabondi di città (“People On The Street”) o mettendo a nudo la fragilità della sua stessa psiche (“Violent Side”), cavalca le montagne russe del suo romanticismo.
“I Got A Problem” parla dell'oppressione di essere intrappolati in una situazione tragica; “Weight Of The World” si aggrappa ai poteri di redenzione dell'amore; e “Bad News Beat” colpisce al batticuore del rifiuto.
Solo due strumentisti supportano Young, il chitarrista Danny Kortchmar e il batterista Steve Jordan, ma gli arrangiamenti sono pieni e profondi perché tutti e tre lavorano anche ai sintetizzatori. Ma Landing On Water, a differenza di Trans, non “trucca” le tastiere. Qui, il sound dei sintetizzatori fornisce ai brani una spinta ariosa e commerciale; non sommerge le melodie di Young.
E le melodie pulite e incalzanti sono quelle che salvano Landing On Water dall'affondare nell'inaccessibilità del “downbeat”. Questo disco non è Tonight's The Night, ma ha un approccio pop.
Young ha gettato alcuni ami che trascinano l'ascoltatore nelle tipiche idiosincrasie dei testi, che sono proprie degli anni più meditativi di Young. Le sue canzoni attuali sembrano di nuovo essere “a proposito di qualcosa”.
Landing On Water magari manca dell'appeal commerciale di Harvest o dell'intensità confessionale di On The Beach. Young ha saggiato un territorio intermedio tra questi estremi, se riuscite a immaginarlo. Dopo aver vagato tra i nonsense per mezzo decennio, Young ha bisogno di queste piccole vittorie. 
Al Walentis, Reading Eagle 1986

Al rischio di generalizzare anche troppo, la voce di Neil Young e i sintetizzatori semplicemente non funzionano bene insieme. Sia i fan che i critici hanno lamentato il dilettarsi di Young con i sound elettronici su Trans, ma proprio quando tutti pensavano che avesse superato questa fase, ecco che Young torna in studio con un altro sound da tastiera. Il risultato è un album davvero irritante.
C'è davvero qualcosa di lamentoso nella fragile voce di Neil Young, che richiede un approccio musicale egualmente sincero. Usate con artistica moderazione le tastiere possono funzionare bene, ma purtroppo gran parte di Landing On Water suona come quei finti esperimenti di band synth-pop usa-e-getta, con giusto un briciolo dell'esperienza di Young.
“Weight Of The World” apre l'album con una saltellante, squillante tastiera che spinge all'eccesso il cantato già oltremisura. In qualche modo, però, si riesce ancora a sentire il suo forte e caratteristico stile chitarristico, una scintilla dell'indimenticabile Rust Never Sleeps. Il lato melodico di Young brilla nuovamente nel singolo “Touch The Night”, dove sembra aver addomesticato il mostro synth, stabilendola come la canzone più credibile e duratura di questo lp.
Young diventa cinico nella disomogenea “Hippie Dream”, dove ci dice che “le navi di legno / sono un sogno hippie / portato all'eccesso / se capite cosa intendo”. Ma proprio quando sembra aver mandato tutto al diavolo, dichiara “solo perché è finita per te / non vuol dire che sia finita per me”. Cioè?
Ma il cinismo vince su “Pressure”, un grido che commenta Max Headroom, El Dorado, gli idioti dei video, e altri “yuppie dreams”. È un punto veramente basso nella carriera di Young, un brano superficiale che ci si aspetta da uno come Billy Joel, ed è suggerito fin dal titolo.
Landing On Water è una delusione che dovrebbe essere evitata da tutti tranne dai fan più curiosi dello Young più recente. I suoi “giorni hippie” sono parte del passato, che lui lo ammetta o no; ma quello che impedisce ai suoi lavori di superare quegli standard, ora, è la sua incapacità di creare musica ugualmente buona in questi “giorni yuppie”.
Beth Fetig, The Michigan Daily 1986

I fan che snobbarono Neil l'anno scorso, quando fece uscire il suo disco di debutto nel country, Old Ways, saranno felici di sapere che il rocker veterano è tornato in forma con Landing On Water.
Il fatto che si presenta nella sua forma rock più vera non significa che sia nella sua miglior forma. Ma considerando la schizofrenia di “Neil Young e gli Shocking Pinks”, di Trans e di Old Ways, questo ultimo lavoro indica che si sta tornando a dirigere verso le sue radici musicali.
Landing On Water è simile, sotto molti aspetti, a Tonight's The Night e persino ad Harvest, dischi di più di dieci anni fa. Il rock 'n' roll è inequivocabile, nonostante molto sia fatto su in melodie pop.
Il brano “Touch The Night” sta avendo buona diffusione nelle stazioni rock in tutto il paese, e considerando il pop in stile Huey Lewis di “Violent Side” e “Bad News Beat”, altre canzoni potrebbero trovare la loro via nel panorama radiofonico di massa.
I migliori brani dell'album, comunque, sono quelli in cui Neil e il produttore-chitarrista Danny Kortchmar si avvicinano alle chitarre elettriche, e Neil entra con la sua voce lamentosa. È grezzo. È Neil Young vintage. E suona alla grande.
Landing On Water è lontano dall'essere un grande album, ma Neil provoca i suoi fan giusto quel tanto per far loro sapere che è ancora una delle forze più creative in circolazione, nel rock 'n' roll. 
Jerry Spangler, Deseret News 1986
A tratti Neil Young è un grande cantante, cantautore e chitarrista. Quando tutti e tre capitano simultaneamente, fa dei dischi di una bellezza e una potenza non comuni, trascendenti, come Tonight's The Night, After The Gold Rush e Rust Never Sleeps.
Landing On Water, l'ultimo album di Young per la Geffen Records, non è una vetta. Ma è un indizio che i tre talenti di Young stanno tornando in quota, creando grandi aspettative per il tour che Young sta portando avanti in questi giorni.
Dopo lo sperimentalismo elettronico di Trans, l'usa-e-getta rockabilly di Everybody's Rockin' e il bizzarro country reazionario di Old Ways, Young ha finalmente fatto un altro album hard-rock. Le canzoni di Landing On Water non faranno certo dimenticare a nessuno “Mr. Soul”, “Powderfinger”, “Cinnamon Girl” o “Like A Hurricane”. Ma al di sopra del ritmo pesante di Steve Jordan, Young ulula in un fascinoso stile animalesco e occasionalmente sfodera la chitarra solista. Di sicuro questo disco può essere considerata solo una mezza pagnotta, ma da parte di un panettiere che ha servito solamente briciole nell'ultimo mezzo decennio.
Un personaggio tipico yonghiano non leggerebbe Kafka perché lo troverebbe troppo edificante. Dopotutto, Gregor Samsa era uno scarafaggio solamente all'esterno. All'interno aveva mantenuto la sua umanità. Ma la galleria younghiana di solitari, meditatori, esuli, emarginati e semplici depressi spesso non trovano il buco in cui scompaiono le loro virtù umane.
Prendiamo, per esempio, “Hippie Dream”, una delle canzoni chiave dell'ultimo disco. Young non usa uno scalpello per demolire il sogno collassato degli anni '60. Usa un bazooka che lo spedisce in orbita.
“Don't bat an eye / Don't waste a word / Don't mention nothin' / That could go unheard / 'Cause the tie-dye sails / Are the screamin' sheets / And the dusty trail / Leads to blood in the streets / And the wooden ships / Are a hippie dream / Capsized in excess / If you know what I mean”
Se avete mai creduto alle promesse dell'utopia pacifista fatte da molti dei rocker psichedelici degli anni '60 con il fervore di predicatori di strada, è difficile leggere queste parole senza strozzarsi. Particolarmente incisiva e problematica la citazione alle “Wooden Ships” dell'inno utopico scritto dai membri dei Jefferson Airplane insieme a Crosby, Stills & Nash.
In un'intervista per United Press International, Young ha ammesso che la canzone gli è stata ispirata dal destino di David Crosby, che una volta era un archetipo hippie e ora la quintessenza dell'hippie tramontato. La sfortunata caduta di Crosby sotto i colpi della polizia è più di una semplice storia di droga, in fondo. Era stato inchiodato anche per una pistola nascosta. Una pistola! Ed era uno dei tizi che ci dicevano di insegnare bene ai bambini.
Non tutta la musica di Young è così oscura. Ma anche i brani più poderosi - “Hey Hey My My”, “After The Gold Rush” - trasudano amarezza. Ha fatto la sua miglior musica quando combatteva e inveiva contro voci emotive che non davano tregua al suo cervello.
Durante l'attuale tour, “Hippie Dream” segue spesso “The Needle And The Damage Done”, la commovente canzone di Young ispirata all'overdose del compagno Danny Whitten. “Hippie Dream” è meno tormentata e meno toccante di “Needle”. È più un'espressione di disgusto che un'elegia. Crosby è ancora vivo e, secondo Young, probabilmente da vivo rifuggirà i suoi predicamenti. […]
Jim Higgins, Milwaukee Sentinel 1986
Nessuno dovrebbe essere sorpreso dall'ultima sorpresa di Neil Young. Il più grande camaleonte del rock non ha mai scelto uno stile musicale uno. La sua precedente uscita, Old Ways, era un brillante disco di standard del country, su cui lavoravano gli abili Waylon Jennings e Willie Nelson. I rockers avevano storto il naso.
Coloro che invece capiscono davvero Neil, avevano capito. Loro apprezzano le sue essenziali mutazioni.
Prima di questo Neil faceva rockabilly. Prima ancora, il computer cowboy. Prima, post-punk. Questo tizio o è facilmente annoiabile, o è così insicuro delle sue teorie musicali che non può fissare se stesso su un terreno stabile.
Il suo ultimo album, Landing On Water, riflette il lato più cattivo della sua danza eccentrica. Per la prima volta nella storia di Neil, la musica è rifinita da tutte le chincaglie techno-pop odierne. Per la prima volta in Neil, un sintetizzatore fa la parte principale.
Sì, Trans era più di un semplice flirt con la tecnologia pop. Ma quando trasformò la sua voce in quella di un robot, ho avuto l'impressione che Young facesse un testamento. Il tono autodistruttivo era simile a quello di Frank Zappa, i cui suonatori d'orchestra immacolati sono combinati con testi volgari.
In Landing On Water, Young prende la musica sul serio, quasi. Molte delle canzoni sono lucidate, persino ballabili (quante volte questa descrizione è applicabile all'uomo che ha fatto Tonight's The Night?). Gli unici segnacci sono dati dalla brutale chitarra di Young.
E ancora, armonie stratificate e filtrate. Su “Violent Side” c'è un ritornello in coro che sembra venire più da Lindsey Buckingham, che da Neil Young. Il background vocale, angelico, nel brano rock “Touch The Night”, e il tocco urban jazz di “People On The Street” sono entrambi stili inusuali per il nervoso e solitario artista.
L'album è rock duro, ma dal punto di vista del songwriting e della struttura, Young sembra aver perso la sua freschezza. Ci sono comunque momenti pregevoli. Talvolta sembra uno spaventapasseri pazzo con una saggezza pazzoide.
Per esempio, i fan di Young dovrebbero avere familiarità con le referenze simboliche di “Hippie Dream”. C'è uno spettrale pessimismo di mezza età: un desiderio per un'ideale pastorale fallito.
Il testo si riferisce alle “navi di legno”, l'idealismo della fuga di cui Young cantava anni fa, “le schegge d'argento nel mio occhio” in “After The Gold Rush”, quando l'essere universale trasportava gli Aquariani nella terra promessa.
“Le navi di legno” canta Young, “sono un sogno hippie”. Quindi Neil sarà anche un altro “figlio de fiori andato a seminare” ma se i suoi fan vogliono sentirlo nuovamente fare rock, è questo il momento.
Io sto ancora aspettando il suo disco reggae. 
Doug McDaniel, The Courier 1986


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