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The Oral History: Life / Muddy Track / Meadow Dusk (1987)


Frank “Poncho” Sampedro: Improvvisamente fummo coinvolti in questa cazzata midi-elettronica-techno-jive di cui non sapevamo nulla. La cosa che mi fece dare di matto fu che dovevamo tentare di copiare quegli altri ragazzi – Ralph suonare come Steve Jordan, io come Danny Kortchmar. Che barzelletta. […] Perdevamo il ritmo quasi tutte le sere. Neil urlava e imprecava. Tu vai sul palco per divertirti. Non vuoi pensare cose come, “Alla sedicesima battuta sentirò un piccolo ta-ta sul rullante.” […] Neil ci riunì sul bus nel bel mezzo della notte. C'erano tutti – Briggs, Mazzeo, Niko, la band. Neil camminava avanti e indietro come un capo guardia. Eravamo lì in silenzio, tutti con la testa assente. Neil non parlava con nessuno – andava e veniva – e Niko fece, “Allora, abbiamo passato l'ispezione, papà?” [1]

David Briggs: Quando mi chiamarono avevano già fatto quindici spettacoli ed erano già nella merda. E neil era incazzato, incazzato... Era in collera con tutti e tutti lo odiavano per questo. Era un tour dove le persone si odiavano reciprocamente, odiavano quello che facevano, e lo davano a vedere. C'erano anni di questioni irrisolte che venivano alla luce. Neil prese i Crazy Horse e li usò come puttane, come accessori – e loro acconsentivano. […] Era evidente che il gruppo odiava Neil perché li stava usando, ed era evidente che Neil odiava loro perché stavano suonando come scimmie. Un matrimonio infernale. [1]

Young: I Crazy Horse non avrebbero mai dovuto essere costretti a riprodurre cose che non erano venute da loro. I Crazy Horse funzionano secondo i loro termini, e io non gli resi proprio giustizia. Ma devi capire i miei problemi con loro. Amavo quei ragazzi, volevo fare le canzoni, e loro non si ricordavano gli arrangiamenti. […] È dura reggerlo dopo che l'hai fatto tante e tante e tante volte. […] In Europa fu terribile, orrendo. Billy non ci stava dentro. Nessuno sa com'è essere il fottuto leader di quella band, okay? […] Sapere che la gente non verrà a quel cazzo di concerto. Fu un tour duro. Ma è passato. Era la fine della marea bassa, prima che la gente ricominciasse a pensare che eravamo ancora fighi. [1]

Jack Nitzsche: Loro non riuscivano a far bene le loro parti e Neil, digitalmente, usava lo stesso ritornello ancora e ancora. Io proposi un'idea per un giro di basso stile “River Deep” e Billy non riusciva a tenersela a mente. Neil disse, “Be', o usi bravi musicisti e metti insieme quel genere di disco... oppure usi i Crazy Horse.” [1]

In Life ti sei servito di tre vecchi amici, David Briggs, Tim Mulligan e Jack Nitzsche, come co-produttori. […]
Young:
Briggs è stato con me per anni, suonando senza i Crazy Horse e trovandomi la gente con cui suonare. Dicevo sempre, “Non potrei mai trovarmi bene con nessun altro, loro sanno cosa faccio e chi sono, sono solidi”. Perciò lui lavorava sempre con noi e dopo le sedute prendeva la mia prestazione e quella era la cosa che nel missaggio finale veniva fuori […]. [2]

È interessante il fatto che tu abbia intitolato Life quel disco e che ci sia quasi una suite su temi politici in generale su un lato. Ti sentivi forse protetto dopo aver trascorso così tanto tempo al ranch lontano dalla musica? È stato quello il tuo modo di rientrare nel mondo?
Young:
Per rapportarmi al mondo vuoi dire? Credo che ciò che tu stai descrivendo sia probabilmente quello che stavo pensando quando scrissi le canzoni. Non so cos'altro dire, credo che tu abbia ragione. [2]

Cosa ti ha fatto volere che fosse così?
Young:
Non so, guardare la televisione. Viaggio per tutto il mondo... [ride] e ho lo stesso genere di stimoli che hanno gli altri. Landing On Water era un disco molto claustrofobico, molto personale, permeato di tristezza. Life è un po' più come le notizie del giorno, ma non l'ho iniziato pensando che avrei fatto così, non c'era alcun preconcetto. [2]

Hai appena finito un video di lunga durata chiamato Muddy Track, che riguarda uno dei tuoi ultimi tour con i Crazy Horse.
Young:
Avevo due piccole videocamere 8mm, che lasciavo andare tutto il tempo. Entravo nelle stanze e le lasciavo sul tavolo. Il punto di vista è davvero quello della videocamera. La videocamera assume un’identità – il suo nome è Otto – e la gente comincia a parlare con essa. E lei vede un sacco di cose che capitano in un tour, alcune non molto carine. Non è sul genere pop-band-on-the-road. C’è molta spontaneità, molto sentimento. [3]
Muddy Track non è un documentario. Non so cosa cazzo è. Ci sono un po' di bei combattimenti – tra me e Billy Talbot. E c'è una sommossa, suonavamo “Down By The River” e sul pubblico venivano lanciati fumogeni, e fuori c'erano mitragliette. A Milano. Gli italiani, che selvaggi. Volevo solo fare un film del tour, per avere qualcosa da fare mentre ero in giro. Quindi comprai queste videocamere, una per me e una per Briggs. La mia si chiamava Otto. Era sempre sulla scena, riprendeva continuamente. Registrai ogni cosa, dunque succede di tutto e a nessuno frega un cazzo. Diverse volte la videocamera è stata buttata via. […] Tutte quelle interviste dove quei tizi mi facevano tutte quelle domande stupide... Quella è la mia parte preferita – sai, qualche scena ridicola, feedback e selvaggia musica da viaggio – poi lo stacco su un idiota che mi chiede se negli ultimi otto anni ho fatto qualche disco. Cosa dovevo fare? Muddy Track è la cosa più distorta che si possa sentire. Totalmente distorta. Musica strumentale, da viaggio. Inizi e code di feedback delle canzoni. Niente ritmo, solo Ralph che dà di matto, tutti che fanno casino. [1]

Come ti senti a suonare quel tipo di rock & roll essendo nei tuoi Quaranta?
Young:
Muddy Tracks ne parla. Parla di quella sensazione, capisci? C’è quel lato selvaggio mentre fai quel tipo di rock veloce. La musica è più che altro l’inizio e la fine dei pezzi. Le canzoni in sé stesse non ci sono. È come una auto-intervista. Mi si vede a malapena. Puoi sentire soltanto le domande. È un concetto interessante per il tuo punto di vista. E parla di com’è avere quarantun’anni o quarantadue, e continuare a suonare quel tipo di musica.
E la questione è, quanto a lungo puoi continuare? E lo fai davvero? O sei una riemanazione di fatti del passato? Questa è la domanda che faccio a me stesso. [3]

Young a proposito dell'idea di Meadow Dusk: Era solo un'idea. Sarebbe stato un disco molto forte. Te lo assicuro, ma sarebbe stato veramente, veramente fuori. Sintetizzatori e strumenti acustici new age. Il ritmo doveva andare e venire, i suoni andare e venire. Molto simile a quello che ho fatto poi in Arc, però soft. I titoli erano molto descrittivi, e dovevano essere solo cantati ripetutamente oppure sussurrati a un certo punto. Era questo: sound concept, industrial noise. [1]

“Around The World”
Young:
Una delle ragioni per cui mollai coi Crazy Horse era quella canzone, si trascinava, è così affaticata, come migliaia di persone che portano un enorme peso su per una collina – ce la faranno? Il ritmo è sempre indietro. Mi piace quella registrazione ma poteva essere molto meglio, e questo mi seccò. [1]
L'ho scritta a Daytona Beach, e avevo una brutta influenza, ho dovuto anche cancellare cinque date. Quella l'ho scritta quando mi sono svegliato. [2]

“When Your Lonely Heart Breaks”
Briggs:
Una canzone-mostro, doveva essere la “I Believe In You” degli anni 80 per i Crazy Horse – così pura e semplice. Ma loro non desideravano tirarne fuori qualcosa, non l'hanno mai suonata bene, non l'hanno mai resa speciale. Che scempio. [1]

Fonti
[1] “Shakey” di J. McDonough
[2] Musician 1988
[3] Rolling Stone 1988

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