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Rassegna stampa d'epoca: Time Fades Away / On The Beach / Tonight's The Night


TIME FADES AWAY – 1973

IL NUOVO DISCO DI NEIL YOUNG RIFUGGE DAL TRATTAMENTO IN STUDIO
Il quinto album di Neil Young, Time Fades Away, potrebbe disturbare alcuni appassionati di Young sin dal primo ascolto. Privato del trattamento studio dei precedenti lavoro, il nuovo disco suona, a tratti, rozzo e vuoto. La vera voce di Young arriva direttamente dalle esecuzioni dal vivo, suonando spesso ruvida e contrastante con i cadenzati gemiti dei suoi primi lavori. Strumentalmente, ad eccezione della stupenda pedal-steel di Jack Nitzsche, gli Stray Gators – il gruppo di Young – fornisce uno sfondo musicale che non rappresenta la versatilità dell'artista. (Young suona il piano, la chitarra e l'armonica su questo disco.)
Ma ciò non costituisce un limite alle composizioni. Uno dei marchi di fabbrica di Young in tutta la sua carriera è la semplicità dei suoi ritmi, addirittura la costruzione di canzoni su temi di vecchia data. Young protende questa capacità su questo album, in canzoni come “Don't Be Denied”, un'autobiografica che parla della sua crescita come musicista. Questo brano, insieme a “The Last Dance”, costituisce la “carne” filosofica dell'album. Qui Young dà voce a un messaggio semplice, sì, ma onesto. In versi come: “I'm a pauper in naked disguise/A millionaire through a businessman's eyes/Oh friend of mine/Don't be denied”.
Young esorta i suoi ascoltatori a non sottostimare e confinare le proprie capacità. “Tha Last Dance” è probabilmente il miglior brano dell'album. Qui Young denigra lo stile di vita della classe lavoratrice e offre a sé stesso un'alternativa. Era già stato detto da Lennon in “Working Class Hero” (“If you want to be a hero well just follow me”). Young dice più o meno lo stesso in questa chiusura, accompagnato dalle (dis)armonizzazioni di Graham Nash e David Crosby. “You can live your own life/Making it happen/Working on your own time/Laid back and laughing”.
Questa canzone, con l'esclusione delle voci di Crosby e Nash, cattura e accentua la bella spontaneità dell'esecuzione live. La canzone vede uno degli assoli di Young più taglienti e prolungati dai tempi di “Southern Man”, e cresce in una fusione a valanga di suoni metallici.
Meritano una menzione anche le canzoni sul lato 1, “Yonder Stands The Sinner” e “LA”, quest'ultima una profezia del grande terremoto della California. Questo disco emana brillantezza in certi momenti, ma sono solo scintille rispetto a come poteva essere se registrato in studio.
Bruce Gompman e Bob Kozlowski, Miami News 1974

ON THE BEACH - 1974

NEIL YOUNG, MUSICA E MITO IN UN MOSAICO ENIGMATICO
Per molto tempo Neil Young è stato una figura chiave nella musica pop e ha rappresentato con successo la doppia figura del musicista e del mito. Sin dall'inevitabile rottura di Crosby, Stills, Nash & Young (e dalle ugualmente prevedibili reunion) le sue pubblicazioni e il suo generale atteggiamento nei confronti del pubblico è stato di prudenza e riluttanza. Sia Harvest che Journey Through The Past erano mosaici che mostravano la veste enigmatica che indossa così bene.
L'ultimo lp, Time Fades Away, ha ricevuto critiche aspre a proposito della qualità sonora (registrato dal vivo con mancanza totale di postproduzione) e delle posture oblique dei testi. È vero, il disco è un altro cambiamento stilistico per Young, ma è il suo lavoro più omogeneo da After The Gold Rush e offre un pezzo classico come “Last Dance”, un saluto marziale a Kool And The Gang. […]
On The Beach è il suo ultimo diario musicale, e nel timbro è praticamente la versione in studio di Time Fades Away. La traccia d'apertura, “Walk On”, è la preferita di Young per sua stessa ammissione, avendola suonata ben quattro volte nel corso di un solo concerto, recentemente. E' uno Young molto accessibile e conseguentemente è stata trasformata nel singolo, ma non è così memorabile e non ripeterà il successo della sua ultima hit, “Heart Of Gold”.
“See The Sky About To Rain” fu registrata quasi un anno fa dai Byrds quando si rimisero insieme, […] e la sua inclusione qui è un mistero in quanto la loro versione era molto superiore, con la forza delle loro armonie vocali e l'intensità musicale che in questa versione manca.
Il suo intento di usare la parola “blues” nei titoli di tre brani non significa che essi abbiano progressioni blues. Con l'eccezione di “Vampire Blues”, non sembra aver proprio senso e sicuramente non c'entra col ritmo dei pezzi.
“For The Turnstiles” è un'accattivante canzone folk che vede solo il banjo e la sua voce lamentevole, spiritata e Canadese. E sono fiero di riconoscere che non ho idea di cosa stia parlando.
“Motion Pictures” testualmente è la coda alle sciovinistiche confusioni di “A Man Needs A Maid” ed è dedicata alla sua fiamma Carrie Snodgress.
Il momento migliore del disco, comunque, è la chiusura di “Ambulance Blues”. Lunga e cupa, la chitarra acustica di Young ripete il suo riff insieme a criptici versi che, almeno in un punto, si rivelano un assalto a quelli che si autodefiniscono critici musicali. Di quasi 9 minuti, è una delle più emozionanti imprese dai tempi di “Last Trip To Tulsa” sul primo lp.
Nei concerti degli scorsi anni, l'insistenza di Young nel proporre perlopiù materiale nuovo ha incontrato nel pubblico una certa disapprovazione, e l'atteggiamento dimostrato durante il suo ultimo tour in Inghilterra (“Posso suonare ciò che voglio perché tanto non tornerò prima di un paio d'anni”) gli ha alienato un gran numero di fan, ma dubito che ciò non abbia effetti sulla sua popolarità in generale.
Nel gennaio di quest'anno ha registrato un lp dal titolo di Tonight's The Night insieme ai Santa Monica Flyers (cioè una controversa versione dei Crazy Horse, con l'aggiunta del mago della chitarra Nils Lofgren). Vedeva canzoni come “Look Out Joe”, “Baby Mellow My Mind”, “Open Up Your Tired Eyes” e la title-track, presumibilmente un'altra della serie contro l'eroina. L'intero album fu scartato in favore di Human Highway, di cui si è parlato a marzo. Parte di quello si è scontrato con le discriminazioni degli editori e il risultato è stato On The Beach.
Molti ritengono le sue idiosincrasie impossibili da sopportare, ma è gente come Young che rende interessante la stagnante scena della musica di oggi. Diversamente da un Dylan o un Lennon, Neil sembra essere capace di ridere di se stesso, e anche quando fa una mossa sbagliata, la fa con reale senso dello stile. Oggigiorno, i miti sono pochi e remoti come non mai, e molti sembrano destinati a morire prematuramente prima di essere riconosciuti tali. È bello averne almeno uno che insiste. Quel mito è Neil Young.
Ralph Smith, Evening Indipendent 1974

Con Crosby, Stills e Nash, Neil Young è dinamite. Da solo è poco più di un fiammifero umido, e raramente suscita vero interesse. Con l'eccezione di “Walk On”, che non è un capolavoro ma è per lo meno commerciale, questo disco sono 30 minuti di noia. La monotonia nella voce di Young è rotta soltanto da qualche passaggio di armonica.
Le canzoni sono strane, se non proprio malate. Esempio: “Viviamo in un camper fuori città, non ci vedi mai perché non andiamo in giro, abbiamo 25 fucili per tener bassa la popolazione”. Ci vengono propinate canzoncine anche come “Vampire Blues” e “Ambulance Blues”. Non ho ancora capito di cosa parla “Ambulance Blues”, ma Neil prorompe con uno o due cambi di note che la rendono tollerabile.
“See The Sky About To Rain” ha qualche merito in quanto somiglia ad alcuni dei brani minori di Harvest. Solo a ricordarsi quant'era bello quell'album fa odiare ancor più questo nuovo risultato di Neil. Forse ha passato troppo tempo sulla spiaggia, ma se il cantante non torna presto con materiale di qualità, le sabbie del tempo cancelleranno per sempre la sua memoria.
Terry Hazlett, Observer Reporter 1974

TONIGHT’S THE NIGHT – 1975

Se il fallimento di On The Beach l'anno scorso vi ha portato a studiare di più, il successo artistico di questo album vi darà una seconda lezione: è possibile rimbalzare dopo una caduta in basso. L'album ha ricevuto parecchi colpi perché è barcollante sia dal punto di vista compositivo che nell'esecuzione vocale e strumentale. Ma ci sono anche una potenza e una direzione che rendono l'album uno sguardo selvaggio, profondamente intimo alla disperazione e alla disillusione, e un lavoro che vale la pena. Adatto preferibilmente agli studenti di psicologia.
Robert Hilburn, Ottawa Citizen 1975

Neil Young ha colpito note tristi e basse nel passato, ma questa volta canta davvero il blues. Il suo ultimo album, Tonight's The Night, è una sorta di catarsi ed è, ironicamente, uno dei punti più alti della sua carriera di alti-e-bassi.
Come Bob Dylan e la Band in The Basement's Tapes, questa collaborazione tra Young e la sua band preferita, i Crazy Horse, è una rozza collezione di canzoni potenti seppur pessimistiche registrate nel passato (negli scorsi tre anni) che erano semplicemente troppo valide per poter essere trattenute ancora.
In una recente intervista a Rolling Stone, Young ha spiegato la sua esitazione nel pubblicare questo materiale. Essenzialmente perché nella sua mente, quando queste canzoni sono state registrate, c'era la perdita di due dei suoi migliori amici – Danny Whitten, chitarrista dei Crazy Horse, e Bruce Berry, roadie di CSNY – entrambi morti per overdose.
Questo tono ha dato alle sessions una qualità prevalente di disperazione, che si riflette nella grafica in bianco e nero dell'LP e nel suo contenuto di storie sfortunate di perdenti e amanti. Per via di questa influenza personale Young sentiva che, tra tutti i suoi album, questo sarebbe stato il suo meno accessibile commercialmente. Per di più, è stato registrato alle prime ore del mattino dopo molte notti di alcol e fumo, ed è questo che mostra.
Quindi è andato avanti pubblicando invece On The Beach e ultimando un altro disco, Homegrown, quando ha deciso di optare per questo. Il rischio è stato ripagato. Young insieme agli Horse è nel suo elemento naturale in questo album, non importa in quale stato era la sua mente. Ma laddove The Band guarniva Dylan di effetti strumentali complessi, i Crazy Horse e Nils Lofgren danno a Young l'impatto necessario e l'enfasi per sostenere la sua poesia musicale.
Queste canzoni non hanno pretese: sono semplici, dirette e vengono dal cuore. Quello che sorprende, poi, è che persino con i suoi dolori, i suoi dubbi e le sue colpe, Young se ne esce con pezzi davvero melodici. Come suggerisce uno dei titoli, lui “parla chiaro” - ma sempre di questioni molto personali. Un senso di tristezza pervade i testi, e l'approccio e l'attitudine di Young si allontana dal passato. Cercando un cambio di direzione e di sensazione, perde se stesso nel trambusto.
“World On A String”, “Lookout Joe”, “Come On Baby Let's Go Downtown” e “Roll Another Number” sono tutte canzoni in cui Young tenta di superare i problemi. I pezzi più depressi e lenti come la title-track e “Tired Eyes” sono comunque impostati su ritmiche e armonie vitali, così il loro messaggio tragico non sembra una causa persa. Tra queste, “Albuquerque” spicca con la sua spettacolare tastiera e l'accattivante voce.
Tonight's The Night chiude una fase dell'opera di Young che è iniziata con il live album Time Fades Away e che è continuata con il suo disco precedente, On The Beach – nel quale affronta gli aspetti della sua vita che hanno tentato di soffocarlo.
Ma Young aveva ragione alla fine, nel riconoscere che questo lavoro contiene alcuni dei suoi migliori momenti. Non è nemmeno così serio su tutta la tematica della morte come potremmo magari pensare – l'immagine all'interno della cover che prende in giro i Beatles in Magical Mystery Tour, che vede Neil a braccia aperte seduto al piano, con stivali da pesca.
Che sia popolare o no, la musica grandiosa trova sempre un pubblico che la riconosce. La buona parola di Young è ascoltata sia che venga parlata (o cantata) in modo sguaiato, sia in un sussurro spaventato, sia nella “shakey voice” che è “vera quant'è lungo il giorno”.
Kurt Harju, Michigan Daily 1975








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