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Homegrown: recensioni internazionali


Sette canzoni non sono mai state rilasciate prima d'ora, inclusa la sentita "Separate Ways" in apertura. Sopra la solida e minimale batteria di Levon Helm, il coro e Young danno il meglio di sé, tanto melodico quanto meditativo, tanto pensieroso quanto potente. [...] La sciolta "Vacancy" è l'ultima nuova canzone, un instant-classic (se si può definire "istantaneo" un brano rimasto nel cassetto per 46 anni).
New Musical Express, voto ***** (su 5)

Homegrown è un'aggiunta essenziale al catalogo di Young e la migliore delle sue numerose pubblicazioni d'archivio da quel Live at the Fillmore East (registrato nel 1970 e pubblicato 36 anni dopo) che è stato altrettanto essenziale.
Variety, rece positiva

Homegrown si afferma come un legittimo capitolo - forse persino richiesto - dell'eredità [di Young], l'ennesima audace affermazione di uno dei giganti della musica dell'ultima metà del secolo.
Paste Magazine, voto 9.2 (su 10)

Ascoltare queste canzoni (a volte molto familiari) in questa particolare sequenza rappresenta un viaggio che si snoda lungo una strada tortuosa ma offre un'esperienza completa, così come i suoi dischi di metà anni 70. Non è una nota a piè di pagina ma una parte essenziale del catalogo di Neil Young.
Allmusic, voto ****½ (su 5)

La [breve] durata della registrazione è sproporzionata rispetto alla sua profondità e intensità. Questa dozzina di brani vantano un audio impeccabile, ma la chiarezza di quei suoni, come quelli che hanno segnato tutte le registrazioni di Neil Young negli ultimi anni, è significativa non tanto come punto forte per la vendita quanto come rappresentazione diretta della purezza delle emozioni contenute nella musica.
Glide Magazine, rece positiva

Homegrown non solo è all'altezza della pubblicità che lo definisce un classico perduto, ma la supera.
Clash Music, voto 9 (su 10)

Questo è un album che dimostra che qualcosa di bello e duraturo può sorgere anche dalle circostanze più brutte.
Rolling Stone, voto ****½ (su 5)

Lo Young che abbiamo qui assomiglia a quello che già conosciamo: che abbiamo incontrato per la prima volta nel suo album di successo del 1972, Harvest, poi di nuovo in Comes a Time nel 1978. ... Quando tutto è già detto e fatto, ne desideriamo ancora.
Pitchfork, voto 8.8 (su 10)

Cinque dei 12 brani sono stati precedentemente pubblicati in varie versioni nel corso degli anni. Messi insieme a sette canzoni mai ascoltate in precedenza, l'effetto è quello di percepire maggiormente la tristezza che sta al loro cuore. Ci sono un paio di jam "fumate" piacevolmente buttate lì per alleggerire l'umore, tra cui la canzone che dà il titolo e la divertente "We Don't Not Smoke It". [...] Non dubito che sarebbe stato acclamato nel 1975, ma suona altrettanto dolce e vero nel 2020. Il crepacuore non invecchia mai.
The Telegraph, voto **** (su 5)

Homegrown è il suo album più personale. Destinato al rilascio nel 1975, conserva il sound country rock di Harvest ma ha un'atmosfera più intima.
Independent, voto **** (su 5)

Non è tutto perfetto: la traccia del titolo, precedentemente rilasciata [in altra versione, ndt], procede innocua al ritmo di una zappa, mentre a metà si presenta la leggermente sgradevole "Florida", un'aggiunta sconcertante. Ma quando Homegrown vola, è un'ulteriore prova al fatto che pochi nella storia sanno raggiungere i picchi emotivi di Neil Young.
Diymag, voto **** (su 5)

Con canzoni da tempo considerate tra le favorite, e altre che ora troveranno un pubblico più vasto, Homegrown è finalmente libero di mostrarsi come una raccolta organica e sentita dei tumulti personali che hanno influenzato la venerata produzione di Young degli anni 70.
Exclaim, voto 8 (su 10)

L'album è l'anello mancante nel catalogo di Young, tanto per la vita emotiva di Shakey quanto per le sue scelte stilistiche.
Slant Magazine, voto **** (su 5)

"Separate Ways" è un dolce inizio, che ricorda "Out On The Weekend" con una deviazione leggermente più amara, che ci ricorda immediatamente che Homegrown avrebbe dovuto seguire Harvest. La voce ossessionante di Emmylou Harris sullo sfondo di "Try" suona evocativa e familiare, un tratto derivante dalle sue frequenti collaborazioni con artisti del calibro di Linda Ronstadt, Gram Parsons e Bob Dylan.
Beats Per Minute, voto 7.8 (su 10)

Mentre una manciata di tracce non sono all'altezza della loro leggenda, ascoltare Homegrown dopo tutti questi anni è un bel regalo da parte di Young per le sue legioni di fan ... e, diavolo, per l'umanità.

Homegrown era abbastanza forte per uscire nel 1975 e Young ha ragione a riesumarlo ora. Ma questo non significa necessariamente che si sia sbagliato allora. Potrà aver messo a nudo la sua anima, ma era abbastanza intelligente da sapere quanto quell'anima fosse diventata fugacemente marcia.
Classic Rock Magazine, voto ***½ (su 5)

Col senno di poi, la decisione di Young [di non pubblicarlo in favore di Tonight's The Night, ndt] potrebbe essere stata giusta, ma come tutto ciò che ha fatto, Homegrown ha ancora molto da offrire. In retrospettiva, e considerato tutto ciò, non è una cattiva miscela.
American Songwriter, voto ***½ (su 5)

La mancanza di nuovi frutti maturi è probabilmente ciò che rende Homegrown una leggera delusione, ma giudicando in base alla maggior parte degli standard, è una raccolta molto solida che riflette vividamente un capitolo turbolento nella lunga e ricca carriera di Neil Young.
MusicOMH, voto ***½ (su 5)

"Separate Ways" e "Try" sono canzoni dolorose ma delicate, "Kansas" riflette delicatamente sulla scena di una notte. Un blues poco significativo e un'inascoltabile sperimentazione sonora di dita strofinate sul bordo di bicchieri contribuiscono poco a un album che è sì una scoperta ma, come gran parte della recente produzione di Young, solo per i più devoti.
The Observer, voto *** (su 5)

Voto medio di Metacritic: 8.7



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