Intervista a Frank Poncho Sampedro: "L'Intuito mi dice che è il nostro ultimo tour" (2013)
Quando avete fatto il tour in
America lo scorso anno, avete mantenuto essenzialmente la stessa setlist sera
dopo sera. Come mai in Australia avete esteso lo show e rispolverato un po' di
rarità?
Buffo il fatto che ritieni la
setlist la stessa sera dopo sera. Quando sono ritornato a casa dopo il tour, la
mia ragazza mi è venuta a prendere con una macchina nuova. Ha detto, “Sentiamo
il tuo nuovo impianto audio”. Aveva con sé Psychedelic Pill e ha messo
su “Walk Like A Giant”. L'ho ascoltata e le ho detto, “Non suoniamo più quella
canzone così”.
Erano canzoni nuove di zecca. Si
sono evolute e sono cambiate, il che è interessante. Poi d'improvviso, un
giorno alle prove Neil ha detto che dovevamo sostituire alcune delle vecchie
canzoni. Ne abbiamo fatte una o due, una sera, e poi ecco che ne facciamo
cinque di fila. Ne finiva una e ne attaccava un'altra... Lo guardavamo
domandando, “Ma che cazzo stai suonando?”
Non era in previsione. Abbiamo
provato “Prisoners Of Rock n' Roll” ma non abbiamo mai provato davvero “Love To
Burn”. L'ha suonata nel camerino al piano, e poi l'ha messa in scaletta quella
sera come seconda canzone. Era una cosa pazzesca, specie perché è stato Neil a
fare più errori di tutti.
Mi ha fatto impazzire sentire
“Barstool Blues”.
Sì, quella è stata forte.
L'abbiamo provata una volta al soundcheck. Non abbiamo provato “Sedan
Delivery”, se non nelle prove del tour americano l'estate scorsa, e veniva
sempre piuttosto male. Quando l'abbiamo fatta dal vivo, sembrava che l'avessimo
sempre suonata. È stato così divertente... Un momento eccezionale. “Danger
Bird” è stata ottima. L'unica volta che l'abbiamo fatta è stata al soundcheck a
Lake Tahoe.
Sai dire come mai Neil ha
deciso che “ok, questa notte tocca a Barstool Blues”?
Non ne ho idea, ma non potevamo
usare i bus in quel tour perché le distanze erano troppo grandi. Dovevamo
volare, e questo voleva dire molti giorni di pausa, quindi di stacco. Immagino
che tutti si sentissero fin troppo rilassati, quindi credo che Neil scegliesse
le canzoni dicendo, “proviamo a vedere cosa ne viene fuori”.
Ha anche suonato un'ora in più
in alcuni spettacoli.
Non dirmelo! [Ride] Che ne
è stato di: “Suoneremo soltanto per due ore?” [Ride]
Com'è stato fare “Like A
Hurricane” sotto un violento temporale?
Oh, è stato pazzesco. Ha piovuto
a tratti per tutto il giorno, ma quando abbiamo attaccato “Like A Hurricane” è
venuto giù un diluvio. Voglio dire che letteralmente l'organo ha smesso di
suonare perché era troppo umido. Ho dovuto usare la chitarra su quel pezzo per
la prima volta nella storia. Grandinava e io ero completamente bagnato. I
ragazzi sono corsi a coprire gli amplificatori. La consolle si è bagnata
completamente. Molte cose hanno smesso di funzionare. È stato pazzesco e non
era la prima volta che succedeva durante quella canzone. È sorprendente.
Mi è piaciuto il fatto che
avete preso a random qualche brano di Reactor.
Sì, avevamo molte canzoni. Molte
delle vecchie abbiamo dovuto eliminarle per far spazio alle nuove. Ti faccio
una domanda. Cosa pensi che la gente sceglierebbe tra le nuove canzoni o uno
show solo di vecchie canzoni?
Sfortunatamente, penso che
molti fan vogliano la roba vecchia. La gente reagisce di più alle canzoni che
conosce, che li riporta alla gioventù.
Giusto. Be', è buffo. A metà di
quella raffica di cinque canzoni [vecchie e oscure] che Neil ha sparato,
abbiamo fatto una pausa e io ho sentito qualcuno nel pubblico urlare: “Suonate
qualcosa che conosciamo!” [Ride]
Grandioso. Sarebbe così facile
per voi suonare “Down By The River”, “Rockin' In The Free World”, “Cowgirl In
The Sand” e altre hits tutte le sere, ma è sorprendente il fatto di lasciarle
da parte in onore di una cosa oscura degli anni 80 come “Opera Star”.
Sì. “Surfer Joe And Moe The
Sleaze” è venuta bene, anzi è stata la nostra esecuzione migliore di sempre.
Abbiamo aperto ogni sera con “Love And Only Love”, ma una volta in Australia è
partito con “Powderfinger” e poi è passato a “Love To Burn”. Non l'avevamo mai
provata con la chitarra. Neil ha scazzato il primo ritornello, lo ha suonato
sbagliato. Io pensavo, “Merda, ma cosa stiamo facendo?” E poi l'ha scazzato di
nuovo! Non è tornato alla strofa. Ha rifatto il ritornello tre volte. Ha detto,
“Cercavo solo di riportarla in tiro”.
State per approdare in Europa
per un tour. Pensate di cambiare la setlist?
Lo spero. È bello tirar fuori
canzoni dal cappello e farle rivivere. Tiene la band coi piedi ben fermi.
All'inizio è stato un po' uno shock. È stato molto veloce. Lui è partito con
“Prisoners Of Rock n' Roll” e poi ha iniziato “Opera Star” subito dopo, e Ralph
stava ancora facendo lo shuffle perché noi non ci eravamo proprio fermati. Ci è
voluto un minuto per aggiustarla. Da pazzi... Ma immaginati tra il pubblico a
vedere questa cosa bizzarra, una mitragliata musicale e un'altra canzone che
nasce da quella precedente. Forse è stato figo. È questo il punto. Quando vieni
a vederci, non sai che cosa succederà. Non c'è uno schema. Abbiamo in testa i cambi
e poi partono gli assoli e allora si vedrà dove portano. Potrebbero andare
dappertutto.
Siete preparati su tutte le
canzoni del catalogo? Che succede se Neil richiede una cosa rarissima come
“T-Bone”?
[Ride] Davvero buffo che
tu l'abbia detto.
Perché?
Ogni sera prima dello show
facciamo riscaldamento vocale. Cantiamo insieme le scale. Riguarda anche
l'unione che c'è nel gruppo prima di uscire sul palco. Una sera Neil era alla
tastiera e io ho detto, “Potremmo sempre fare 'Mashed Potatoes'.” E lui, “Oh sì,
potremmo farla.”
Parliamo un po' del passato.
Eri un fan dei Crazy Horse prima di unirti a loro? Avevi comprato Everybody
Knows This Is Nowhere quando uscì?
Sì. Ho anche usato la sua
copertina per rollarmi dei gran spinelli. Li ascoltavo e dicevo, “Cazzo, vorrei
poter suonare con loro”. [Ride]
Come hai incontrato Neil Young
la prima volta?
Prima incontrai Billy [Talbot].
Era appena tornato dal tour di Tonight's The Night in Europa. Una notte
stavamo chiacchierando a casa di un amico, e io gli parlai del Messico perché
allora vivevo là. Prima di salutarci mi disse, “Quando ritornerai giù fammelo
sapere che vorrei venire anche io”. Quindi raccolsi un po' di soldi, lo chiamai
e guidammo fino a là, e ci fermammo a casa mia. Poi guidammo fino a Baja Peninsula
per poi prendere un traghetto fino a Mazatlan e là andammo in giro.
Era la prima volta che suonavo
con Billy. Non sapeva nemmeno che suonavo la chitarra. Abbiamo cercato un'altra
chitarra economica in paese e abbiamo suonato insieme. Lui disse, “Sai, quando
torno negli States dovresti venire a fare qualche jam con noi.” Quindi ho
cominciato a suonare con loro e ho conosciuto George Whitsell, Ben Keith e
altri. Improvvisamente, un giorno Billy mi chiamò dicendo, “Stiamo andando a
Chicago a suonare con Neil. Gli abbiamo detto di te e ti vuole a suonare.” Ho
incontrato Neil ai Chess Records. No, aspetta, è stato nella stanza dell'hotel
la sera prima. Era veramente spassoso. Io ero completamente fuori dalla
macchina del rock 'n roll in cui era dentro Neil all'epoca. Eravamo nella sua
stanza d'albergo e lui stava suonando alcune nuove canzoni alla chitarra. Io
cercai di seguirle. Ne suonai un paio e poi passai la chitarra a Ben Keith,
dicendo “Ecco, ora suona tu per un po'”. Lui me la restituì dicendo, “No, amico,
devi suonare.” Non stavo realizzando che erano le canzoni che avremmo
registrato il giorno dopo. Pensavo stessimo semplicemente jammando e fumando
erba! [Ride]
Comunque, era il 1973. Zuma
non uscì prima del 1975. Ci volle più di un anno per farlo per via di
stupidaggini che succedevano. Billy intervenne in una lotta fra cani, il cane
lo morse e lui non poté suonare per cinque mesi. Accadevano cose assurde di
questo tipo.
Tu stavi in pratica prendendo
il posto di Danny Whitten. Erano scarpe piuttosto grosse da indossare. Fu
stressante?
Non l'ho mai vista in questo
modo. Per me era solo una nuova, grande cosa che cominciava. Ho dovuto imparare
molto. Ricordo ai Chess Records, dopo circa quattro ore, uno dei fonici venne
da me a dirmi, “Da dove vieni?” Loro erano un'intera famiglia di persone che
lavoravano insieme da anni. David Briggs fu di grande aiuto e mi offrì
supporto. Io cercavo di ricordare le sequenze di accordi. Inoltre in quel
momento della mia vita ero abbastanza fatto.
Quand'è che Neil ti disse che
eri assunto?
Fui licenziato! Prima fui
licenziato!
[Ride] Immagino perché non
facevo abbastanza attenzione! [Ride] Registrammo per alcuni giorni ai
Chess, poi Elliott [Roberts] a metà session disse a Billy e Ralph che potevano
anche andarsene. Ovviamente non lo disse a me, ma se loro andavano anche io
andavo. Quindi quella notte erano piuttosto seccati. Non capivano cosa stava
succedendo. Penso che fosse per via di quella roba country. Lui stava suonando
“Stars of Bethlehem” e quelle canzoni che alla fine registrò a Nashville. Al
ritorno in hotel, ricordo di aver visto Billy e Ralph davvero seccati.
Dicevano, “Non capisco perché sta succedendo”. Io dissi: “Be', perché non ne
parliamo con Neil?” E loro, “Io con lui non ci parlo!” E io, “Perché no?” Ero
proprio ingenuo. Volevo trovare una risposta alle domande. Loro non ne volevano
sapere, così dissi, “Bene, andrò da lui a parlarci. Potrei essere io la causa
di questo casino, quindi lasciate che vada io a chiarire”.
Andai e là c'era Elliot Mazer.
Iniziammo a parlare e lui disse, “Be', andiamo giù a parlare con gli altri
ragazzi”. Mentre andavamo verso l'ascensore Neil disse, “Sai, non ti devi
preoccupare di queste cose. È solo un altro progetto su cui sto ancora
lavorando. Sto per andare a Nashville ma suonare con voi, ragazzi, è qualcosa
che ricorderò. Saprò quando sarà il momento di tornare insieme.” Poi sistemammo
le cose con Billy e Ralph, tornammo a casa e lavorammo su alcune cose dei Crazy
Horse. Quindi all'improvviso Neil richiamò e tornammo al lavoro per Zuma.
Il tuo primo tour fu nel 1976
in Giappone. Come fu affrontare improvvisamente un pubblico così?
Se guardi le foto, me ne stavo
indietro e cercavo di seguire gli accordi! [Ride] Non ero sconvolto, ma
al tempo stesso sapevo che dovevo mettermici d'impegno, coinvolgermi e fare da
supporto. Per fortuna Neil ha una presenza così enorme che gli serve poco
appoggio. Solo qualcuno che lo supporti e la band alle spalle. Billy e Ralph
cantavano bene e tutto funzionava. Più siamo andati avanti più siamo
migliorati.
Ma poi di punto in bianco
scappò per metter su la Stills-Young band.
Non esattamente. Portammo a
termine il tour in Giappone e poi in Europa. Tornammo a casa... eravamo a metà
del 1976... Dovevamo partire per un altro grosso tour e Neil lavorava insieme
ai Crazy Horse, registrando insieme a noi. Poi praticamente scomparve dal
ranch. Noi continuammo a lavorare senza risolvere molto. Dopo sentimmo che era
in Florida con Stills e stavano facendo un disco e un tour.
Tutti i sogni sul nostro album
progettato durante il tour svanirono. Fu la prima volta che mi sentii tradito
da Neil. Non so se dire da Neil o dal business in generale, ora che lo
comprendo meglio. Da quel primo giorno, ogni volta che Neil chiamava io andavo
e ci mettevo il cuore, ma dal momento in cui le cose andavano a monte, io
iniziavo a lavorare a qualcos'altro. Non mi sono mai seduto ad aspettare Neil.
Sapevo che lui aveva molte cose da fare e a volte queste non includevano noi.
L'ho capito piuttosto in fretta.
Però da voi è sempre tornato.
Oh sì. E sempre tornerà, sempre.
Ma vedi, se ti siedi ad aspettare gli anni passano e tu non combini nulla.
Almeno è così che io penso. Billy e Ralph sentono di essere fedeli alla musica
e quindi aspettano. Io preferisco lavorare molto. Prima che tu chiamassi, per
esempio, ho tagliato delle palme per tutta la mattina.
Dimmi di quando avete
registrato “Like A Hurricane”. Neil ha detto nel suo libro che la avete
ingranata al primo take.
Be', è vero in un certo senso.
L'abbiamo provata con due chitarre. Mi pare che la provammo un giorno alla fine
delle sessions, e un altro giorno per tutto il giorno con due chitarre, e il
terzo giorno ancora. Eravamo stressati per quel pezzo. Mi sono seduto
all'organo di Neil e ho cominciato a suonare qualcosa. Lui ha detto,
“Proviamola così”. Quindi l'abbiamo suonata e alla fine di quella registrazione
puoi persino sentire Neil che dice, “Sì, è così che dev'essere. Eccola.”
Suppongo che non creda nelle
sovraincisioni. Se suona bene, è fatta.
Oh sì, certo. Ha imparato con gli
anni che la cosa migliore, solitamente, esce la prima, la seconda o la terza
volta che la suoniamo. Non siamo una band da studio. Non possiamo analizzare le
cose e metterle insieme in modi diversi e mantenere il nostro cuore al loro interno.
Si perde una parte di emozione quando la canzone è sovra-pensata.
Tu hai suonato su Trans. Che
ricordi hai di quel progetto?
Be', fu un disco per cui facemmo
parecchie registrazioni, poi Neil si trovò coinvolto nel programma per il
figlio Ben. Doveva fare molta attività fisica con infermieri e assistenti. Si
perse un po' e noi non potevamo essere sempre da lui. Finì per inserirci un
synclavier e sovraincidere molte di quelle tracce. In quelle occasioni noi di
solito non c'eravamo. Quando tornavamo e ascoltavamo quelle cose, la nostra
reazione era, “Wow, che cosa hai fatto?” [Ride]
A te piacevano?
Mi è piaciuto quel disco. Stavamo
parlando di fare “We R In Control”. Sarebbe divertente fare quel pezzo adesso.
Secondo me riuscirebbe benissimo.
Assolutamente. Fu una mossa
audace per Neil fare un disco così anticommerciale. Suppongo non gliene
fregasse un accidente, comunque.
No. E' buffo, abbiamo fatto una
cena recentemente prima di uno show. C'eravamo tutti e qualcuno ha detto,
“Sapete di cosa abbiamo bisogno? Di una hit.” Abbiamo cominciato a ridere a
crepapelle. È stata una situazione spassosa. Tutti ci siamo guardati l'un
l'altro ridendo per almeno cinque minuti.
Lui ha saltato da un genere
all'altro negli anni 80 – dalla new wave al rockabilly, al country, al blues.
Nel frattempo tu come ti sentivi?
Quando non lavoro con Neil, non
faccio molta attenzione a quello che fa. Cerco di godermi me stesso e il mio
lavoro. Penso che sia là a prendersi cura della sua famiglia e di tutto il
resto, ed è ciò che dovrei fare pure io.
Nei tardi anni 80 hai suonato
nella sua blues band, i Bluenotes. Eri passato alla tastiera. Come è andata?
Neil mi chiamò dicendo, “Vieni a
suonare. Non è con Billy e Ralph. Abbiamo una sezione fiati, questo e
quest'altro.” Io dissi, “Neil, non ci crederai ma stavo giocando alla lotta con
una ragazza. [Ride] Mi sono rotto due dita della mano sinistra e non
penso che suonerò la chitarra per un po'.” Lui disse, “Vieni a suonare la
tastiera, allora. Usi una mano e magari il pollice dell'altra per le note
basse.” Ho imparato sul serio a suonare la tastiera in quel tour.
Suonavate in piccole sale
facendo solo nuove canzoni. Una mossa coraggiosa.
Oh sì, e ci divertimmo un mondo.
C'è un doppio disco dal vivo dei Bluenotes. Non vedo l'ora di averlo. Per un
po' ne ho avuta una copia su cassetta e dovrei averla ancora da qualche parte,
ma non la trovo.
Era una sfida fare concerti
con solo canzoni nuove. Immagino che la gente non fosse così elettrizzata.
Il più delle volte andava
benissimo. Ci scaldammo con un paio di show più piccoli nei bar. Ricordo un
tizio di fronte a noi che chiedeva “Hey Hey, My My”! [Ride] Neil andò da
lui e gli chiese, “Quanto hai pagato per il biglietto?” Il tizio glielo disse,
Neil tirò fuori dal portafoglio 20 dollari e glieli diede, e disse: “Bene, ora
te ne puoi anche andare.” [Ride] Disse anche, “Tieni il biglietto. Non
dice Neil Young and Crazy Horse.” Più tardi quella sera facemmo rock pesante,
tutti andarono nei matti. Neil disse, “Ehi, se qualcuno vede quel tizio al
parcheggio, lo faccia rientrare.”
Raccontami la storia di come
hai coniato la frase “Rockin' In The Free World”.
Eravamo in tour con i Lost Dogs
nel 1989. Viaggiavo sul bus con Neil. Ero il suo cuoco. Era il periodo della
Ayatollah. Non so se ricordi quel filmato di quelle migliaia di persone che si
passavano il caschetto. C'erano parecchie dimostrazioni “Odiamo l'America” e
noi dovevamo fare questo scambio. Andavamo in Russia per la prima volta. Uno
scambio culturale. Loro avevano noi e noi avevamo il Russian Ballet. [Ride]
Neil disse, “Cazzo, ci voglio proprio andare!” E io, “Anch'io. Immagino che
dovremmo continuare a fare rock in un mondo libero.” E lui, “Wow, bella frase.”
Più tardi la dissi nuovamente e lui disse, “Davvero una bella frase. La voglio
usare.”
Mi disse che la avrebbe usata.
Facemmo il check-in all'hotel e il manager stava parlando della Ayatollah e di
tutto il trambusto che c'era nel mondo. Io dissi, “Là c'è una canzone, amico.” [Ride]
Il giorno dopo venne da me e mi disse di leggere il testo su un foglio. Gli
criticai solo una cosa, penso la frase “Keep hope alive”. Lui disse, “No, no,
va bene così.” Cominciammo a cantarla e io feci le armonizzazioni. Quella sera
la cantammo a Seattle. Eravamo in un teatro fighissimo. Non la avevamo nemmeno
provata con la band. Spiegai gli accordi a Rick Rosas [il bassista] mentre la
facevamo.
La canzone portò Neil a un
apice, e quando partiste per il Weld Tour nel 1991 la band apparve del tutto
rinvigorita.
Sì, fu bellissimo. Quel tour,
insieme al Live in a Rusted Out Garage Tour [1986] si confondono l'un l'altro
nella mia mente. Mi piacque il fatto di riportare in scena i grandi
amplificatori. Facemmo il tutto esaurito dovunque e tutti quanti accettavano
completamente la musica che suonavamo. Non ricordo niente di negativo in quei
tour.
Il documentario Year Of The
Horse fu girato durante il tour successivo, nel 1996. Pensi che abbia catturato
la band in modo appropriato?
[Ride] Davvero una domanda
buffa. Sono un fan del film? In un senso sì, e in un altro no. Penso che se la
gente crede davvero che quelli sono i Crazy Horse... E' solo una versione soft.
Non capisci veramente cosa succede dentro. Ma di nuovo, si tratta di cose
personali che non vuoi che la gente veda in alcun modo. Sarebbe uno di quegli
assurdi reality show. C'è molto più trambusto di quanto appaia, così come molta
più intensità. Ma allo stesso tempo, è stato bello avere Jim Jarmush che ci
faceva tutte quelle interviste. Non l'ho mai visto ma dovrebbe esserci un
filmato con delle interviste extra sul dvd. È stata la miglior intervista che
il gruppo abbia mai fatto, in tutte le nostre vite.
Neil vi richiamò in studio nel
2000 per un album chiamato Toast. Cosa accadde? Non è mai uscito.
Tutti la presero male. [Ride]
Registravamo l'album e stava riuscendo davvero bene. Poi andammo in Sud America
per un tour proprio a metà delle sessions. Una delle serate era Rock in Rio.
Era un enorme pubblico, 300.000 persone circa. Il pubblico divenne selvaggio e
ci ispirò molto. Facemmo “Like A Hurricane” e loro cantavano la melodia tutto
il tempo come un inno da stadio. Ci spazzò letteralmente via. Guardai Neil e lo
vidi dissolversi. Teneva la testa al cielo e suonava la chitarra e basta.
Gigantesco. Tutti ricordiamo quel momento.
Tornati a casa ci rimettemmo su Toast.
Tutto ciò che tentammo di suonare assunse uno stile latino. [Ride]
Avevamo le idee confuse. Non intendo che non eravamo in grado di suonare i
nostri strumenti o che non sapevamo cosa stavamo facendo o che Toast
faceva schifo, ma ad un tratto andavamo in tutt'altra direzione. Non eravamo
nello stesso posto in cui eravamo prima di andarcene. Abbiamo continuato a
registrare delle cose, ma non funzionava.
L'unica canzone pubblicata da
quelle sessions è “Goin' Home” ed è assolutamente fantastica.
Sì, la adoro.
Parlai con Neil circa cinque
anni fa e mi disse che era super eccitato all'idea di Toast. Aveva grandi
progetti per la sua pubblicazione, ma ovviamente non è accaduto.
Ricordo, durante la realizzazione
di Sleeps With Angels, che mi trovai in studio senza il resto del
gruppo. Tutto ad un tratto arrivò Mo Ostin [presidente della Warner Bros.
Records] e suo figlio Michael. C'ero solo io con cui parlare quindi mi presero
di mira e mi chiesero, “Quando usciranno gli Archivi?” I piani erano di farli
uscire per il Natale 1994. Io dissi, “Per quel che so io, sono pronti. Sono
pronti per uscire.” Ed eccoci qui.
Ha pubblicato il primo volume
pochi anni fa, ma immagino che il secondo sia ancora lontano. Sembra che abbia
perso interesse.
Credi che il materiale dei
Bluenotes sarà sul volume 2?
Penso che quello sia il terzo.
Il volume 2 coprirà il periodo 1973-79. Sei anni intensi.
Ricordo di una volta, molto tempo
fa, qualcuno in studio dire che esistevano 154 canzoni inedite.
Qual'è la vostra canzone preferita
tra quelle mai pubblicate?
Be', prendiamo “Surfer Joe And
Moe The Sleaze”. L'abbiamo suonata in Australia e dopo Neil era tutto un “E'
stupenda.” Io dissi, “Che è successo al verso che diceva, 'Ricordi mia sorella
Flo e qualcosa a proposito del lungomare e della ruota panoramica'.” E lui, “Oh
sì, quello era il verso più bello.” Poi abbiamo riascoltato il disco e quel
verso non c'è nemmeno lì.
Hai mai sentito “Eldorado”?
Sì, adoro quel pezzo.
I Crazy Horse ne fecero alcune
versioni che mi piacevano molto. Quelle non sono mai uscite.
Oh, senti questa! Quando abbiamo
suonato “Cortez The Killer” nel tour australiano la corrente si è interrotta
all'improvviso negli amplificatori miei e di Billy. Stavamo lì e Neil suonava
da solo con la batteria. C'era stata una interruzione di corrente solo su un
lato del palco quindi andavamo avanti. Andai da lui e dissi, “Sei da solo,
amico, non ho corrente.” Abbiamo continuato finché la corrente non è tornata e
abbiamo concluso il pezzo. Più tardi parlavo con Tim Mulligan e lui disse, “Mi
è piaciuta veramente. È stata la stessa cosa capitata durante la registrazione
di “Cortez The Killer”. (Una interruzione di corrente tagliò l'ultimo verso.)
Dopo l'uscita di Are You
Passionate? nel 2002, c'è stato un breve tour dove la band di supporto era
chiamata Poncho e i MGs. Come mai è stato così rapido?
Registrammo in studio e andò
bene, nonostante vi fosse qualcosa di minaccioso. Andammo in tour in Europa e
Neil la prese male. Ricordo che era giù di corda. Ricordo che ero in stanza con
lui e Pegi, una sera che cancellammo lo show. Si stava criticando, “Perché a
me? Perché è dovuto succedere? Tutto suona così bene.” Non so cosa successe
dopo. Tornammo a casa ed era finito.
Greendale uscì nel 2003 sotto
il nome di Neil Young e Crazy Horse, ma tu non suonasti su quel disco. La cosa
ti infastidì?
Be', dipende da come la vedi. [Ride]
Non mi importa di non essere sul disco, ma allo stesso tempo è stato un
momento di svolta. Hanno finito per considerarlo un disco dei Crazy Horse. E io,
“Va bene, non sono nella band.” Poi mi hanno usato nel tour. E non penso che mi
abbiano usato con saggezza. Mi sedevo a suonare qualche nota con la tastiera.
Immagino di esser stato lì solo per le hits alla fine dello spettacolo. Dopo di
quello, non abbiamo più suonato insieme per nove anni. Per tutto quel tempo mi
sentivo come se non fossi veramente nella band. Ci ha separato in un certo
senso, ma allo stesso tempo mi ha fatto trovare un posto dove potermi sentire
indipendente e forte. Suonare con Neil e tutta l'idea della band non era più
così significativa come prima. Non sto dicendo che non amo la band, ma soltanto
che... Se vogliamo vederla in bianco e nero, io ero fuori.
Be', eri in tour.
Dipende da come lo vedi. [Ride]
Non ho mai pensato cose come, “Oh, non voglio suonare più con loro. Mi
hanno tradito.” Niente del genere mi è passato per la testa. Ma quando sono
tornato con loro a suonare, ho detto “Ok, devo essere accettato come individuo
indipendente e non come parte del gruppo. Devo essere io a funzionare per prima
cosa, se voglio che tutto funzioni.”
La pausa dopo il tour di
Greendale è stata la più lunga di sempre. Hai mai pensato che fosse finita?
No. Molta gente l'ha pensato e me
l'ha chiesto, persino i miei amici. Io rispondevo, “No, suoneremo ancora.
Almeno un'ultima volta.” Non avevo idea che sarebbe stato per due o tre anni
consecutivamente. [Ride]
Quando lui ha un'idea, ci va
davvero in fondo.
Quindi quando pensi che finirà?
Non saprei. Vi vedo proseguire
anche oltre la soglia dei settanta. Perché no?
No, sul serio. Stiamo per andare
in Europa. Siamo già stati in USA e in Canada. Quando torneremo a casa, che
cosa faremo?
Magari un altro tour a
settembre od ottobre in America. Giusto?
Sì, lo penso anche io. Qualcosa
del genere fino a fine anno. Immagino che stiano pensando a un disco dal
vivo... E poi, cosa?
Difficile a dirsi. Potrebbe
voler tornare alla reunion dei Buffalo Springfield.
Sì. O tornare in tour con Crosby,
Stills & Nash.
Sì. Non hanno mai toccato
l'Europa dopo un unico concerto del 1974.
Non ricordo perché non andarono
in Europa. Immagino fosse per via della loro popolarità durante il periodo
politico della Guerra del Vietnam, eccetera, che in Europa non era poi così
sentita.
Ci sono davvero dei piani per
un tour americano in autunno?
Ci sono state delle voci sin dal
nostro ritorno. Prima sì, poi no, poi sì, poi no. Non c'è ancora una data. Fino
a che non arrivano le date non c'è niente di sicuro. Non saprei, è solo
un'idea.
Com'è stato suonare “Born In
The USA” al tributo MusiCares per Springsteen?
Ci siamo divertiti un mondo a
suonare con Nils Lofgren. Non mi immaginavo suonare quel pezzo, e fino a quel
giorno non l'avevo davvero mai suonato. Ma è stato molto rock. Neil non è nato
negli USA. È nato in Canada, quindi ha delegato il ritornello ai coristi.
Perciò mi è sembrato di dominare durante il ritornello, me la sono goduta.
Dovevo fingere di essere Bruce. È stato il mio momento di gloria.
Avete fatto un raro set
acustico al Bridge School Benefit l'anno scorso.
Non mi entusiasma quello show.
Credo che non abbiamo speso abbastanza tempo nell'ottenere un buon suono di
chitarre. Suonava bene quando eravamo in una stanza, ma sul palco non era così
intenso. Mi è piaciuta però la conclusione insieme a Lukas Nelson.
Andy Greene, Rolling Stone, 2013