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Voyage: la lunga odissea di David Crosby


Oltre alla superba resa audio e al libro con note e fotografie, il grande pregio di Voyage – analogamente a quelle di Stephen Stills e Graham Nash di cui abbiamo già parlato – è di raccogliere sotto lo stesso tetto la produzione di David Crosby, spaiata lungo quattro decenni di Crosby Stills & Nash, Crosby/Nash, Crosby Pevar Raymond e dischi solisti. Una vera odissea, quella di Crosby... Una vita lunga e travagliata che a grandi momenti musicali ha affiancato difficili periodi di isolamento, tossicodipendenza e problemi di salute. Tuttavia, o forse proprio per questa sua anima indomabile, la sua ricercatezza chitarristica e compositiva e il suo timbro stilistico sono subito evidenti a qualunque orecchio, e hanno segnato la storia del rock. Basti pensare alla fama del primo disco solista If I Could Only Remember My Name (persino l'Osservatore Romano lo considera tra i 10 dischi imperdibili, simbolo di una generazione), o ai titoli più rappresentativi di CSN(&Y), come “Wooden Ships”, “Dejà Vu” e “Long Time Gone”. In anni recenti Crosby è tornato in forma e ha prodotto quattro nuovi album in pochi anni, successivi a questa antologia.
Voyage parte con i Byrds, band in cui David Crosby militava in gioventù (nello stesso momento in cui Stills e Young avevano i Buffalo Springfield a Los Angeles, e Nash gli Hollies in UK): dai Byrds ritroviamo la monumentale “Eight Miles High”, “Renaissance Fair” e “Everybody's Been Burned”, quest'ultima la prima canzone – dice Crosby nelle note del bellissimo libretto in allegato – “scritta da me con cambi relativamente sofisticati, la prima di cui sentirsi orgoglioso”.
Arrivano poi i successi di Crosby, Stills, Nash (& Young) nel biennio 1969-70. “Wooden Ships la scrissi nella cabina della mia nave, la Mayan. Avevo già la musica. Paul Kantner scrisse due versi, Stephen un altro, e io aggiunsi quelli in chiusura. […] Presi in prestito la prima frase da un canto di una chiesa Battista […]. Immaginammo noi stessi come i pochi sopravvissuti, fuggiti su una barca, che potessero ricostruire la civiltà”.
“Guinnevere si riferisce a tre donne. Ve ne posso rivelare due. Una era Joni [Mitchell], nel terzo verso […]. Christine in quello centrale. Quella degli 'occhi verdi' non ve la posso dire”.
“Long Time Gone”: “avevamo perduto JFK, poi Martin Luther King, quindi Bobby Kennedy. […] Ero infuriato”.
“Dejà Vu”: “quando avevo 10 o 11 anni, qualcuno mi fece salire in barca e io sapevo come guidarla. Ho pensato, 'devo averlo già fatto'. Poi qualcuno mi ha messo in testa l'idea della reincarnazione e... boing!”
Nash racconta che Christine, la ragazza di Crosby a quel tempo, “venne uccisa tre giorni prima della registrazione di “Almost Cut My Hair” […], brano che significò molto per noi come insieme musicale”.
Nel 1970 iniziano le sessions di If I Could Only Remember My Name, nelle quali Crosby lavora con Jerry Garcia, Jorma Kaukonen e altri musicisti della scena. Voyage contiene ben cinque estratti dell'album, fondamentale non solo per lui ma per la storia della musica.
“Tamalpais High”: “Tutti credono che si riferisca al monte Tamalpais. È buffo perché invece, parla della Tamalpais High School alle 3 del pomeriggio quando le ragazze scappano via […]. Ma Mt. Tamalpais fu molto importante per me. […] Trascorsi molto tempo lassù dopo che Christine morì”.
““Laughing” nacque mentre guardavo George Harrison andare dal Maharishi. Volevo dirgli, 'guarda che nessuno ha la risposta. Nessuno'. […] Non sempre riesci a ottenere pezzi come “Laughing”. In quel periodo Stephen Bancard registrava le chitarre acustiche come nessun altro”.
“Music Is Love” nasce da un'improvvisazione di Crosby, Nash e Neil Young: “dissero che dovevo metterla nel mio disco”.
“Song With No Words”: “Si era creata questa gigantesca, fantastica alchimia. […] Lo scopo dell'arte musicale è farti provare emozioni. Non servono per forza le parole”.
“What Are Their Names?” “è stato un gran colpo di fortuna. Andai in studio e iniziai a suonare qualcosa alla chitarra, e Garcia cominciò a suonare con me. Poi [Phil] Lesh ci ascoltò e si unì, quindi si unì anche Neil. Puoi quasi sentirci camminare per la stanza […] e iniziare a suonare”.
“I'd Swear There Was Somebody Here”: “Stephen Bancard mise a punto questa favolosa eco perché io potessi creare qualcosa. […] Mi sembrava che Christine fosse lì. La potevo avvertire”.
L'anno dopo è la volta del primo disco insieme a Graham Nash. “La vita non mi aveva ancora tradito prima della vicenda di Christine. Tutto d'un tratto passai dall'esser parte del più grande gruppo del mondo, dal successo più totale, al non avere più nulla. “Where Will I Be?” è una triste canzone di un periodo della mia vita in cui ero perduto. È la domanda alla risposta di “Page 43”. […] Scrissi “Page 43” nella cabina della mia barca a Sausalito. Ero musicalmente influenzato da James Taylor”. Alla domanda se la “pagina 43” si riferisce a un libro specifico, Crosby dice di no.
“Critical Mass” viene registrata in quel periodo, ma utilizzata nel 1975 come introduzione a “Wind On The Water”, title-track del secondo disco di Crosby & Nash.
Da quest'album provengono i brani che seguono: “Carry Me” (“Il terzo verso parla di mia madre”), “Bittersweet” (“Mi sono svegliato una mattina – Nash non era ancora alzato – e ho cominciato a buttarla giù […]. Per l'ora di cena era registrata”) e “Naked In The Rain” (“Ho avuto un'allucinazione che avevo già tentato di descrivere. […] Hai presente il verso che dice fluttering pages of faces, no two alike? Parla di quello”).
Il primo disco si chiude con un brano dal terzo album di Crosby & Nash, Whistling Down The Wire (1976). “Ero decisamente contento di “Dancer”. L'avevo scritta sulla 12 corde molto tempo prima di registrarla. E' un pezzo strano, ma vivace, con parti vocali interessanti […]”.
“Quando vado a dormire la mente affollata – il livello della mente dove queste parole prendono forma – comincia ad appisolarsi. E i livelli dell'immaginazione e dell'intuizione […] hanno per un secondo la possibilità di emergere, prima di scendere nell'incoscienza. E in quella piccola finestra qualcosa balza fuori, io mi tiro su cercando la lampada e scrivo pagine di testi, freneticamente. Ed è successo un sacco di volte. La prima volta, ricordo, fu “Shadow Captain” molti anni fa. Ero a duemila miglia nell'oceano sulla mia barca, erano le tre di notte, e mi sono alzato e ho scritto l'intero testo, parola per parola, poi sono tornato a dormire. Non avevo mai pensato, prima, niente di quella canzone, nessun immagine o concetto.”
Dopo i fasti di inizio decennio, poi sfociati nel devastante Doom Tour di CSNY del 1974, e dopo le suddette collaborazioni con il fidato Nash, David Crosby si sta isolando e sta per essere sopraffatto dall'abuso di droghe, cercando ancora di “spiegare a me stesso e a chiunque mi ascoltasse questo bisogno di comunicare le mie esperienze, che in me è fortissimo, quasi disperato. Ecco il nucleo della canzone”, ovvero “In My Dreams”, la seconda tratta dal disco capolavoro CSN (1977, quello con la barca in copertina).
“Delta” è del 1980 (apparsa in Daylight Again, 1982) ed è stata “l'ultima canzone completa che ho scritto per anni. […] Senza Jackson [Browne] questa canzone non sarebbe mai nata”.
Tra i Settanta e gli Ottanta, la vita di Crosby è scandita da arresti, prolungate detenzioni in carcere e duri programmi di riabilitazione. Il suo secondo album solista, Might As Well Have A Good Time (1980), non viene pubblicato in quanto sopraggiungono altri problemi personali e una disputa con la casa discografica. La sua carriera riprende dapprima con un nuovo, poco felice album di Crosby Stills Nash & Young (American Dream, 1988), di cui fa parte la bella “Compass”, che Crosby inizia a scrivere proprio durante il suo periodo in carcere: “ho pensato, questo sono io – è il mio genere di cosa, è ancora viva in me […]”.
In seguito Crosby produce nuovo materiale per un album solista, Oh Yes I Can, che contiene “Tracks In The Dust”, “una di quelle storie che solo ogni tanto mi vengono in mente”. Segue Live It Up con CSN (1990), tra cui spicca la sua “Arrows” scritta in collaborazione con Michael Hedges: “Fare una severa introspezione e affrontare la realtà su se stessi ci rende persone migliori”, racconta Crosby. Nel 1992, ormai riabilitato e tornato in forma, Crosby produce un disco di canzoni scritte in collaborazione, Thousand Road: in Voyage sono incluse “Hero” con Phil Collins e “Yvette In English” con Joni Mitchell.
Ma le peripezie non sono finite: prima si deve sottoporre a un trapianto di fegato e poi si ricongiunge a un figlio sconosciuto, tale James Raymond, un musicista tutt'altro che alle prime armi. Nasce così, nel 1998, il progetto CPR insieme a Raymond e Jeff Pevar, che costituisce l'inizio di una nuova fase creativa molto felice per David. Il ritrovato equilibrio, personale e musicale, si apprezza già dalle prime note di “Rusty And Blue”: “E' parte del torrente musicale che ha iniziato a defluire in me con i CPR. Come gran parte delle mie canzoni, è nata dal legno e dall'acqua. L'ennesima dove puoi sentirci l'oceano”.
“Somone She Knew” nasce a seguito della visione del film La Leggenda del Re Pescatore, ed è intrisa ancora una volta dal ricordo di Christine. Si continua poi con “Breathless”, “Map To Buried Treasure” e “At The Edge”, tutti brani molto sentiti.
Conclusa la parentesi di CPR (“il progetto costava troppo per mantenerlo in vita” ha detto recentemente Crosby), nel 2004 Crosby e Nash tornano assieme per un bellissimo doppio album scritto ed eseguito in collaborazione con Raymond e Pevar (la loro collaborazione continua tutt'ora). “Through Here Quite Often”, secondo Graham Nash, è una “splendida, struggente canzone costruita sulle osservazioni di David in un coffee shop, guardando questa cameriera che era così gentile, in molti modi diversi”.
Il disco si chiude con la rivisitazione di Crosby e Hedges del tradizionale “My Country 'Tis Of Thee”.
Il terzo disco di Voyage si intitola Buried Treasure: è il vero “tesoro sepolto” che l'antologia ci regala, sedici estratti dagli archivi di David Crosby che vanno da versioni alternative di canzoni celebri a pezzi del tutto sconosciuti.
Si comincia con quattro demo risalenti al 1968. “Long Time Gone” e “Guinnevere” in sorprendenti esecuzioni a più chitarre e percussioni: “[...] deliziose. Pensavo di stare facendo un disco, allora, anche se non sapevo per chi. Quindi andavo in studio”, ricorda Crosby. Poi “Almost Cut My Hair” e “Games” in solitudine.
Dell'anno successivo sono “Triad” e “Dejà Vu”, quest'ultima nella base acustica di Crosby e Nash sulla quale fu poi “costruito” il resto della canzone insieme a Stills e Young.
Si passa quindi alle lunghe e produttive sessions per If I Could Only Remember My Name, di cui ci vengono presentate “Cowboy Movie” (versione studio alternativa, 10 minuti di durata) e “Kids And Dogs” (inedita alla pubblicazione di Voyage, poi ripresentata come bonus track nell'edizione rimasterizzata di If I Could...).
Sempre di quel periodo, c'è poi un brano improvvisato insieme ai Jefferson Starship, “Have You Seen The Stars Tonite?”, pubblicato nel loro album Blows Against The Empire.
Dalle straordinarie esibizioni live di Crosby e Nash dei primi anni '70 abbiamo qui due estratti sulla cui bellezza non è proprio necessario dilungarsi: “The Lee Shore” e “Traction In The Rain”.
“King Of The Mountain”, dedicata a Stills, è in versione demo alla 12 corde, datata 1974. Nello stesso anno la celeberrima reunion di CSN&Y portò a ripetuti tentativi per un disco; “Homeward Through The Haze” è un bellissimo brano di Crosby che aveva già visto la luce sul box CSN (1991).
Si passa quindi al 1980 con una versione inedita di “Samurai” (poi su Crosby & Nash, 2004), quindi al 1999 con “Climber”, registrato da CSN&Y per Looking Forward, e che avrebbe certamente dato un punto in più al disco, insieme a quell'altra gemma di Crosby che è “Dream For Him”, di cui Voyage ci presenta – in chiusura – uno straordinario take dal vivo tratto dal tour di CSN&Y del 2002.

MPB, Rockinfreeworld

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