Larry Cragg: La sezione fiati ero io. Tutto d'un tratto Neil mi disse, “Okay, lo farai tu.” Non mi diede preavviso. Non avevo neanche le mie parti, così le scrissi e mi esercitai su uno dei camion vuoti, perché non volevo che qualcuno mi sentisse. [1]

Young: [Rick Rosas] è un bravo musicista, un indiano anche un po' matto. Rick riportò un po' di follia nella musica, che era venuta a mancare.
[…] La gente scrive sulle riviste che ho fatto dischi di genere diverso solo per attirare l'attenzione su di me. […] Ci sono modi migliori per attirare l'attenzione... potevo uccidere i critici se avessi voluto... demolire la Geffen Records... demolire me stesso in pubblico se lo avessi voluto – e avrei avuto parecchia attenzione, no? È veramente stupido pensare una cosa del genere. Ho fatto Trans perché volevo farlo, e gli Shocking Pinks e gli International Harvesters perché volevo farlo, e ora sono con i Bluenotes perché lo voglio, e se non ti piace questa merda, bene. Cosa sta dicendo questa gente? Che la cosa giusta da fare è ripetere la stessa cosa ancora e ancora e non essere bizzarri? Perché se Neil Young facesse sempre la stessa cosa e non fosse bizzarro, loro direbbero, “Oh, Neil Young è noioso, se ne esce sempre con la stessa roba.” Non puoi vincere. Una settimana sono uno sfigato e quella dopo sono un genio, quindi come posso prendere questi critici musicali seriamente? Lasciamo decidere la gente. [1]
Young: Innanzitutto non penso sia un vero album blues. Penso abbia molte cose blues. È un ‘blue’ album, non un ‘blues’ album. Non sto pretendendo tutto in una volta di essere un bluesman. Non mi piace essere etichettato, in nessun modo. Ho fatto questo errore io stesso in passato etichettando la mia musica, è questo o quello, ma è controproduttivo. La mia musica non è niente fuorché me. Ha molto blues dentro, e molte ‘blue-note’, ecco perché lo chiamiamo così. Ha del jazz dentro, e ha del rock ‘n’ roll, e ha una certa urgenza. Ma sono soltanto le mie canzoni. Sono tutti pezzi che ho scritto nel periodo in cui sono stati registrati. Praticamente tutte canzoni nuove. Le scrissi per una grossa band che può arrangiarle, scrissi le parti dei fiati. Non è che le scrissi, andavo lì e facevo ‘Da da da da’, fate questo e questi ragazzi erano grandiosi, facevano giusto. E poi lo migliorano. Poi si arrangiano le parti armoniche e quando tutto funziona, tutti sanno che cosa sta accadendo. Tutti questi ragazzi sono musicisti migliori di me. Sono molto più tecnici coi loro strumenti di quanto lo sia io. [2]
Young: L'idea dei Bluenotes è nata mentre ero in impegnato nell'ultimo tour europeo, lo scorso anno, e ha cominciato a concretizzarsi al mio ritorno negli States, quando avviai un piccolo tour acustico. A un certo punto dello show il palco si apriva e usciva un'atipica band: un roadie suonava il sax, Poncho (Frank Sampedro dei Crazy Horse, nda) l'organo e via dicendo. Mi resi conto che mi divertivo di più a suonare quei tre o quattro brani blues del resto dello show, che oramai non rappresentava più una sfida per me. Il materiale era stato troppo consumato negli ultimi due anni di tour e non accendeva più il mio entusiasmo. E anche quando, in un secondo momento, mi trovai ad ascoltare i nastri dei concerti, riuscivo a sentire solo quella manciata di canzoni blues. Così cambiai il bassista e il batterista, organizzai una sezione di fiati di cinque elementi e mi rimisi sulla strada con i Blue Notes. [3]
Ti sei sorpreso della reazione entusiasta all'ultimo disco della stampa, che è tornata ad appoggiarti incondizionatamente?
Young: Non sai mai cosa aspettarti dai giornalisti, riescono sempre a sorprendermi ogni volta che pubblico un album. Nell'arco della mia carriera ho avuto da loro ogni possibile reazione, ogni possibile commento. Per questo cerco di non prenderli troppo sul serio. Non li prendevo sul serio quando mi facevano a pezzi, non sarebbe serio farlo ora. Non posso lasciarmi influenzare dalle loro opinioni proprio per il motivo che sono solo opinioni. E vengono dall'esterno, che è spesso il luogo meno adatto a giudicare. Ma sono sorpreso che This Note's For You sia stato accettato, perché due anni fa i giornalisti e la casa discografica avrebbero detto: "Una sezione fiati? Ma questo non è Neil Young!". E mi avrebbero portato un'altra volta in tribunale, come nel 1984, dopo Everybody's Rockin'.
[…] Se metti Tonight's The Night, Everybody's Rockin' e This Note's For You in fila vedrai che c'è continuità, che è stato sviluppato, a distanza di anni, un certo discorso, che c'è un inizio, uno svolgimento e una temporanea fine. E la stessa cosa si può dire per Harvest, Comes A Time e Old Ways in una direzione, e Everybody Knows This Is Nowhere, Zuma e Rust Never Sleeps in un'altra. C'è continuità nella mia carriera, c'è un percorso. Il problema è che, a volte, non è molto facile da individuare. [3]
[…] Sul palco l'intesa fra di voi è perfetta.
Young: Quei ragazzi sono fantastici. Con loro il divertimento è sempre assicurato. E almeno loro sono sempre svegli al 100 percento durante l'intero arco dello show. Danno il meglio di sé, indipendentemente dalla risposta del pubblico, dalle dimensioni della sala o da quante persone sono intervenute. Alcuni di loro non più di sei mesi fa caricavano e scaricavano casse. Hanno tutti famiglia e questa è la loro grande occasione per pagare le bollette e comprare qualche vestito nuovo ai figli. Non che si diventi ricchi, perché suoniamo solo in locali che contengono un migliaio di persone o poco più, ma crediamo che quella sia la dimensione ideale per il nostro tipo di musica. E se la richiesta è tanta possiamo sempre fare più show nella stessa città... come qui a New York, dove replicheremo per quattro sere. [3]
[…] È un modo di suonare diverso, non tanto perché scaturisce più dall'anima, perché io provo sempre a suonare così, ma per il fatto che nel rock 'n' roll devi sempre cercare di scagliare le note contro il fondo della sala. Devi raggiungere la gente che sta nei posti grigi: con il blues senti di raggiungere qualcosa che è ancora più lontano, anche se non devi in realtà lanciare la chitarra come un missile. […] La vera differenza è che io ho iniziato a usare le dita per suonare la chitarra, e questo è molto più espressivo, capisci? Quando abbiamo iniziato a fare concerti nella Bay Area, mi sono accorto che suonando in modo pacato ottenevo risultati decisamente migliori: usavo la mia Silvertone senza effetto, solo io e l'amplificatore, in modo da poter sentire davvero tutto. Questo è il mio vero modo di esprimermi, non devo fare molto chiasso, non devo essere qualcosa di grosso e potente. [4]
Young: Nel corso degli anni ho cambiato vari stili musicali e loro sono venuti e andati di conseguenza. Però sì, è stato difficile perché mi sarebbe piaciuto lavorare con loro. Ho dato al gruppo una vera e propria opportunità perché erano loro i primi a esser stati scelti: non mi va proprio di dire a qualcuno che preferirei lavorare con altra gente, o magari non farmi vivo quando si suona... comunque, per queste cose sono davvero un po' nella merda. Diamine, loro sono grandi davvero, cosa devi dire a gente così, che non vuoi suonarci insieme? Io voglio, eccome, suonare con loro, ma non queste cose. Se ho voglia di suonare con qualcuno mi faccio vivo. A un certo punto ho smesso di farmi vivo. [4]
Sampedro: Neil mi chiamò dicendo, “Vieni a suonare. Non è con Billy e Ralph. Abbiamo una sezione fiati, questo e quest'altro.” Io dissi, “Neil, non ci crederai ma stavo giocando alla lotta con una ragazza. Mi sono rotto due dita della mano sinistra e non penso che suonerò la chitarra per un po'.” Lui disse, “Vieni a suonare la tastiera, allora. Usi una mano e magari il pollice dell'altra per le note basse.” Ho imparato sul serio a suonare la tastiera in quel tour. [8]
Suonavate in piccole sale facendo solo nuove canzoni. Una mossa coraggiosa.
Sampedro: Oh sì, e ci divertimmo un mondo. C'è un doppio disco dal vivo dei Bluenotes. Non vedo l'ora di averlo. Per un po' ne ho avuta una copia su cassetta e dovrei averla ancora da qualche parte, ma non la trovo. [8]
Era una sfida fare concerti con solo canzoni nuove. Immagino che la gente non fosse così elettrizzata.
Sampedro: Il più delle volte andava benissimo. Ci scaldammo con un paio di show più piccoli nei bar. Ricordo un tizio di fronte a noi che chiedeva “Hey Hey, My My”! Neil andò da lui e gli chiese, “Quanto hai pagato per il biglietto?” Il tizio glielo disse, Neil tirò fuori dal portafoglio 20 dollari e glieli diede, e disse: “Bene, ora te ne puoi anche andare.” Disse anche, “Tieni il biglietto. Non dice Neil Young and Crazy Horse.” Più tardi quella sera facemmo rock pesante, tutti andarono nei matti. Neil disse, “Ehi, se qualcuno vede quel tizio al parcheggio, lo faccia rientrare.” [8]
[2] Canada's Music 1991
[3] Mucchio Selvaggio 1988
[4] Musician 1988
[5] Musician 1985
[6] Village voice 1989
[7] Lettersofnote.com 2013
[8] Neil Young, “Special Deluxe”