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Are You Passionate? - Rassegna Stampa pt.1



“LET'S ROLL” DIVENTA UNA CANZONE SIMBOLO

"Let's roll". Diamoci da fare. È questa la frase che dopo l'11 settembre è diventata il simbolo della reazione del popolo americano alla tragedia delle Torri gemelle. È stata questa la frase scelta dal presidente George W. Bush per concludere il suo discorso televisivo al Paese che annunciava l'attacco all'Afghanistan dopo la strage compiuta dai kamikaze di Al Qaeda in America. E "Let's Roll" è diventato il titolo di una nuova canzone di Neil Young ispirata all'attacco terroristico dell'11 settembre, trasmessa in questi giorni dalle radio canadesi e americane. Young ha scritto e registrato il brano all'inizio di dicembre, dopo aver letto sui giornali la storia di Todd Beamer, uno dei passeggeri del volo 93 della United Airlines decollato da Newark, l'ultimo aereo dirottato dai kamikaze di Osama Bin Laden e poi precipitato in Pennsylvania. Il testo racconta la storia del volo, che si suppone fosse stato dirottato per essere poi schiantato contro un edificio federale di Washington presumibilmente il Congresso o la Casa Bianca prima che, grazie all'intervento di alcuni passeggeri, l'aereo si abbattesse in un campo fuori Pittsburgh, in Pennsylvania. Poco prima di precipitare, si è sentito Todd Beamer che, mentre parlava dal cellulare con una centralinista di una compagnia telefonica annunciando il dirottamento, diceva ai passeggeri seduti vicino a lui: "Let's roll". Diamoci da fare. Era l'avvio di una rivolta che un gruppo di passeggeri tentava contro i dirottatori. I 45 passeggeri del volo 93 schiantatosi in Pennsylvania sono stati definiti "eroi" dalla Casa Bianca per il loro disperato tentativo di strappare il jet dalle mani dei kamikaze islamici evitando così una catastrofe di maggiori dimensioni. Il "voice recorder" ha confermato che a bordo del jet ci fu uno scontro all'ultimo sangue fra i passeggeri a mani nude che cercavano riprendere il controllo della cabina di pilotaggio e il commando dei terroristi armato di coltelli e taglierini. Il jet si è schiantato qualche minuto più tardi in una zona boscosa nei pressi di Pittsburgh senza provocare altre vittime oltre ai passeggeri e i a kamikaze. Ascoltando il brano, ha dichiarato un portavoce della casa discografica di Young, «sembra di essere sull'aereo. È impressionante. Si sentono anche i cellulari che suonano». Anche se il brano non sarà pubblicato come singolo, Bentley ha detto che potrebbe essere incluso nel prossimo album del celebre rockstar statunitense, che uscirà nel 2002. «Neil ha sentito molto questa canzone ha concluso Bentley e voleva che fosse ascoltata. Ma ha pensato che commercializzarla sarebbe stato il modo sbagliato per farlo». 
Repubblica


NEIL CANTA LA PASSIONE
Il titolo spiega magnificamente di che materia è fatto il disco: Are You Passionate? siete appassionati?. La domanda, per un fan di Neil Young, è certamente retorica, perché la musica del rocker canadese fatta essenzialmente di passione, di forza, di sentimenti, richiede un ascolto altrettanto appassionato. Chi è in cerca di musica patinata, di suoni eleganti, di canzoni adatte alla programmazione delle radio di oggi, non troverà certo soddisfazione in queste canzoni, tutte appassionatamente demodé, fuori moda per vocazione, per necessità. Eppure chi volesse trovare ancora un senso al rock, alla musica, chi cerca un buon motivo per comprare un disco, dovrebbe provare ad ascoltare questo, a lasciarsi trasportare dal suono della chitarra di Young che domina l'intero album, a dimenticare i ritmi e i suoni omogeneizzati del "corporate rock" offerto oggi dall'industria discografica e accettare le note appassionatamente imperfette di questo disco. Ci sono delle bellissime ed elettriche canzoni d'amore, degli squarci di soul sostenuti dalla partecipazione al disco di un gruppo leggendario come Booker T & the Mg' s, dei brani brucianti ed attualissimi come "Let's roll", scritta all'indomani dell'11 settembre, altri destinati a diventare dei classici come "Going Home", dove accanto a Young c' è il fido Frank Sampedro. Nulla di nuovo in questo album, nulla che Young non abbia già fatto o suonato. Eppure è un album che, come di recente raramente accade, è difficile non riascoltare ancora quando finisce. 
Ernesto Assante, Repubblica


SOLO NEIL YOUNG AVEVA DEDICATO UNA CANZONE A QUEL GIORNO TERRIBILE
Tutti ricordano esattamente dove fossero e cosa stessero facendo, in quei terribili, interminabili minuti dell'11 settembre 2001. Il caso volle che io avessi un appuntamento per un'intervista telefonica proprio quel pomeriggio. Seppi quello che stava succedendo da Marco Grompi, che cura la promozione della Glitterhouse, l'etichetta dei musicisti che dovevo intervistare: Chris Eckman e Carla Torgerson dei Walkabouts, gruppo storico del folk rock americano. Eckman è il classico intellettuale d'oltreoceano anche nell'aspetto. Sembra più un professore universitario, brillante, colto e cosmopolita, che un cantante e chitarrista rock. Era in un ufficio di Milano davanti a un televisore acceso, ma la sua fu una reazione molto controllata: «Parliamo di musica - mi disse subito - È meglio... penso che vedremo e rivedremo queste immagini per tutta la vita». Con Carla fu tutto diverso. Era così scossa da non riuscire a tenere a bada l'emozione. Questo episodio apparentemente marginale, va tuttavia molto oltre l'aspetto puramente anedottico. Fotografa perfettamente i due estremi tra i quali oscilla l'atteggiamento di molti musicisti americani: il tentativo di razionalizzare quanto è accaduto, proponendo un possibile comportamento, e l'abbandono istintivo all'emotività e alla sofferenza. Bisogna dare atto a tutti quelli che si sentirono chiamati in causa - ricorderete ad esempio il grande concerto al Madison Square Garden, cui parteciparono fra gli altri anche parecchi artisti inglesi - che la reazione pubblica del rock a stelle e strisce fu molto equilibrata. La preoccupazione più forte fu quella di sostenere i parenti delle vittime e di sottolineare l'impegno dei vigili del fuoco e dei poliziotti di New York nelle operazioni di soccorso. Quelle immagini di agenti e pompieri confusi tra il pubblico della serata newyorchese erano completamente diverse da quelle legate alla classica iconografia del rock. Da una parte c'era la repressione della polizia che arrestava Jim Morrison a Miami o gestiva rudemente gli spostamenti dell'immenso popolo di Woodstock, dall'altra gli eroici soccorritori delle Twin Towers. Riemergeva in ogni caso un richiamo inequivocabile alla solidarietà e alla ricerca della pace e della convivenza civile. L'unica canzone che parla in modo chiaro di quello che accadde in quella terribile giornata è “Let's Roll”, scritta a caldo da Neil Young e inserita in un album, Are You Passionate?, il cui tema portante è l'amore per gli altri. Il protagonista di “Let's Roll” è Todd Beamer, un passeggero del volo 93, uno dei cinque dirottati dai terroristi e poi precipitato in Pennsylvania. Così come quelli di Ohio erano i quattro studenti universitari falciati dalla Guardia Nazionale nel 1970. Non vogliamo certo trovare ad ogni costo segnali dell'antico schierarsi dei gruppi rock americano contro la guerra in Vietnam, ma ci sembra che certi valori siano ancora presenti, sia pure offuscati dalla constatazione che l'Utopia ha ricevuto dei colpi molto duri e che l'America non è quasi mai quel paese paladino dei diritti civili e della democrazia che i discorsi di George W. Bush vorrebbero farci credere che sia. Quando abbiamo chiesto a Bob Weir, venuto qualche giorno fa in Italia con i suoi RatDog, cosa pensasse di questa sconfitta, l'ex chitarrista dei Grateful Dead non ha avuto esitazioni. «Io mantengo quel sogno molto caro nel mio cuore - ci ha risposto - Ho costruito la mia famiglia in quel modo e anche i RatDog si comportano in quel modo. Ognuno di noi vive per gli altri. Questo ha senso per me, è importante per me, e finisce col dare un senso a tutto quello che facciamo». 
Giancarlo Susanna, L'Unità 2002


UNA CANZONE DI NEIL YOUNG SUL VOLO 93 DELLA UNITED AIR
Una canzone sui passeggeri che l'11 settembre hanno lottato contro i dirottatori. L'ha composta Neil Young. Il brano è stato scritto due settimane fa e si svolge sul volo 93 della United Airlines dell'11 settembre basandosi su un articolo di giornale in cui si parlava di un passeggero che, nel corso di una drammatica telefonata dall'aereo, fu ascoltato rivolgersi alle altre vittime del dirottamento con le parole: «Let's roll», attacchiamo. «La canzone - ha spiegato un portavoce della Reprise Records - inizia con squilli di cellulari. È raggelante, ti fa sentire su quell'aereo». Il brano farà parte del nuovo album di Young, in uscita tra febbraio e marzo.
L'Unità 2001


Tutte le emozioni di Neil Young «Are You passionate?»: il nuovo cd. Mentre con Crosby, Nash e Stills incanta ancora gli Usa
Per il loro trionfale ritorno al Palace di Detroit a febbraio erano in quindicimila a volare sulle ali di Woodstock, Wooden ships e le altre perle di cielo disseminate lungo un percorso umano e artistico che ha segnato un’epoca. Quasi quarant’anni di musica che è stata tutto ed è sopravvissuta a tutto grazie all’incrocio di quattro personalità gigantesche e di altrettante esperienze di vita vissuta senza risparmio nè artificio. Eccoli, nelle loro casacche floreali Crosby, Stills, Nash e Young. Eccola la storia del rock: il folk incrociato alla psichedelica, il sogno della West Coast che rincorreva l’afflato country, l’estrema perizia musicale che andava a braccetto con un’inventiva ardita. Are You Passionate?. Sei una persona appassionata? Chiede oggi Neil Young nel titolo del suo nuovo disco in uscita a metà aprile. Domanda retorica per lui. Una vita che è un racconto appassionato: canzoni sofferte e profonde, dai drammi familiari al tunnel della droga, dalle invettive politiche e sociali (la canzone contro il razzismo “Southern man”, quella contro i conquistadores “Cortez the killer”, il disco in difesa degli indiani d’America Zuma), fino alle indimenticabili ballate visionarie scaraventate giù nel profondo dell’inconscio. Un cavaliere solitario in fuga negli amatissimi territori selvaggi e onirici, come il Johnny Depp del western surreale di Dead Man a firma di Jim Jarmusch, a cui ha prestato una colonna sonora magistrale. L’incredibile, lunghissimo tour che Young ha intrapreso con i vecchi amici è il sinonimo della passione. Forse è il resto della musica della sua generazione che oggi deve dimostrare qualcosa. Woodstock, l’apice della rivoluzione rock’n’roll, fu il primo concerto di Crosby, Stills, Nash e Young assieme, ma oggi questo tour che da Chicago va a Boston, che da Denver arriva a Philadelphia, non è il ritorno nostalgico di quattro sessantenni sovrappeso che hanno bisogno di tirare su qualche ristampa. È la testimonianza di una vita che si proietta nel futuro, soprattutto nel caso di Young. Canta, in questi giorni dai palchi d’America Neil, anche le sue nuove canzoni da solista, canta “Two old friends”, e mostra il suo cuore ferito («Sto sognando il tempo in cui la musica e l’amore erano ovunque, credi che questo tempo stia tornando? No figlio mio, quel tempo è finito. Mostrami come fare a vivere come te. Mostralo al mio cuore malato, al mio cuore ferito, al mio vecchio cuore nero, al mio cuore che pulsa»), e canta anche Let’s roll, sulla tragedia dell’11 settembre, rievocando la telefonata di uno dei passeggeri del volo 93 fatta alla moglie poco prima di morire. È un disco doloroso questo nuovo del vecchio Young, ferito come il suo paese. Un disco dove il celeberrimo falsetto zoppica un po’, ma dove gli spazi che apre assieme alla sua chitarra sono sempre quelli assolati della strada a perdita d’occhio, del viaggio eterno, della ricerca. Per realizzarlo ha chiamato a raccolta i suoi Crazy Horse, ma anche due leggende del soul di Memphis, Booker T Jones e Donald Duck Dunn, rispettivamente il tastierista-leader dei Booker T & The Mg’s e il bassista. Ha scherzato con il country che lui stesso ha contribuito a ridisegnare e ha giocato (un gioco d’amore, s’intende), con il soul del sud. Nell’apertura (affidata a “You’re my girl”), ha addirittura rubato un riff di chitarra a Otis Redding, mescolando deliziosamente il blues al soul, cantando di amore e di speranza che svanisce in ballate languide, confessando in “Mr Disappontment”: «Ho perso il feeling, ho perso la luce, ma ho ancora fede in qualcosa, e non smetterò mai di combattere». È la consapevolezza del saggio, che torna in un’altra ballata, “She’s a healer”: «Tutto ciò che ho è un cuore ferito e non devo cercare di nasconderlo quando suono la mia chitarra». Sul palco, il vecchio Neil canta anche di quando «Una volta suonavo in una rock and roll band» dal suo penultimo disco Silver & Gold «ma poi la band si sciolse. Eravamo giovani e selvaggi». Erano i Buffalo Springfield, che l’uomo con l'eterno cappello da cowboy e la camicia a scacchi aveva formato assieme a Stephen Stills dopo aver percorso con la sua Pontiac il lungo viaggio dal nativo Canada a Los Angeles. Sui palchi d’America in questi giorni non ci sono solo quattro uomini, ma infiniti immaginari che si incrociano: ci sono i Buffalo come i Byrds di Crosby, come gli Hollies di Nash. Questo tour è la storia, non il canto del cigno. Basta guardarli. Chiamateli dinosauri. Con Young sono anni che lo fanno. Eppure quel dinosauro è stato capace di fare nel 1975 un album punk ante litteram, di suonare a fianco dei Sonic Youth, di scrivere un disco con i Peal Jam (tutt’oggi è considerato il padre del grunge), di dedicarne un altro a Kurt Cobain, l’agnello immolato al rock, e anche di ringraziarlo in occasione del suo trionfale ingresso sul palco del «Rock'n'roll Hall of Fame»: «Vorrei ringraziare Cobain per aver rinnovato la mia ispirazione». E ancora oggi, per gente come loro, non c’è solo quello che lo stesso Young definisce il «porto sicuro», ovvero la band al completa, perché le esperienze parallele continuano come da trent’anni a questa parte. Perché il rock’n’roll non può morire.
Silvia Boschero, L'Unità


Non esiste nessun mostro della storia del rock che si sia preso tante volte la libertà di deludere i suoi fans per poi risollevarsi e risollevarli ogni volta. Allo scorso giro, si era limitato a pubblicare una gracile versione contemporanea dei suoi capolavori country, senza strafare in iniziative balenghe. Ma il premio è arrivato anche stavolta, con un disco rock che prova a fare del soul qua e là, e mette giù diverse belle canzoni. Sulla militante "Let's Roll", inno ai passeggeri eroi del volo 93 si è già detto molto. Ce n'era bisogno in tempi di retorica nazionale e internazionale, ma non è la cosa migliore del disco. Alcune canzoni si somigliano molto tra loro: se ve ne piace una siete a cavallo, altrimenti può diventare un problema. È un buon disco di Neil Young, il migliore in otto anni: per quelli esausti di ascoltare sempre gli altri 15 eccellenti dischi di Neil Young (38 in tutto), e in attesa da anni della ristampa di quelli ancora inediti in cd.
Il Foglio


Un romantico disco di ballate, che contrasta con l’immagine di Neil Young, vecchio orso del rock?
Proprio no. Innanzitutto, va ricordato che il Nostro ha scritto alcune delle più belle e note canzoni d’amore degli ultimi trent’anni, tipo “Only love can break your heart” e “Heart of gold”, tanto per citarne un paio. E poi, questo nuovo Are You Passionate? non è un disco di ballate, non come si possa facilmente immaginare; meglio, non è solo quello. Non lasciatevi ingannare dalla (stucchevole) copertina. Il primo album di studio da due anni a questa parte è un’opera abbastanza particolare. Non rientra né nel filone dei dischi folk/acustici (come il celeberrimo Harvest o l'ultimo Silver & Gold, datato 2000), né nella scia dei dischi elettrici con i Crazy Horse. Questi ultimi, infatti compaiono al completo soltanto nella peraltro stupenda “Goin’ home”; il resto del disco vede la presenza del solo Frank “poncho” Sampedro, assieme al gruppo di Booker T & the MGs: lo stesso Booker alle tastiere, Steve "Smokey" Potts (batteria), Donald "Duck" Dunn (basso).
Proprio la presenza di Booker T e del suo organo dà un tocco “nero” a buona parte delle canzoni, soprattutto a quelle più lente, che costituiscono la maggior parte dell’album. La chitarra “sporca” di Young, comunque, è riconoscibilissima anche in brani venati di soul come "Mr. disappointment", o "Don't say you love me". In più di un’occasione Young si diverte a giocare con stili di diversa provenienza, come ha fatto in passato con alterni risultati: spicca soprattutto l’ r’n’b di “Be with you”. Solo in un paio di episodi si ritorna al suo inconfondibile suono: oltre alla già citata “Goin’ home”, anche la nota “Let’s roll”, dedicata ai passeggeri del volo 93, che l’11 settembre si sacrificarono pur di evitare una strage, e già diffusa in rete in tempo fa.
In definitiva, Are You Passionate? è un bel disco, in alcuni tratti un po’ sdolcinato, ma con buone canzoni e un suono tutto sommato diverso dalle ultime cose del Nostro. Forse nulla toglie e nulla aggiunge ad un artista che ha già dato tanto alla storia del rock. Ma almeno ha il pregio di essere una rottura con i tanti dischi elettrici seguiti alla reunion con i Crazy Horse in Broken Arrow (1996). È vero che l’ultimo Road Rock Vol. 1 (2001) era stato inciso dal vivo con “Friends & relatives”, ma l’impronta sonora era quella. Insomma, un disco sufficientemente “alla Neil Young” per non deludere troppo gli appassionati, e sufficientemente diverso per non essere una semplice ripetizione del passato. 
Gianni Sibilla


L'inquieto Neil Young pendola fra le sue musiche preferite. Silver & Gold, il disco del 2000, era stato un omaggio alla più classica West Coast e, prima ancora, al folk rock Buffalo Springfield; qui si celebra invece il mito del soul rock, com'era stato una quindicina d'anni fa con il pur diverso This Note's For You.  Un disco morbido, rilassato, con molti brani in falsetto e il puntiglioso accompagnamento di Booker T. Jones alle tastiere, Donald Duck Dunn al basso, Frank Poncho Sampedro alle chitarre e Steve Potts alla batteria.
Dov'è l'errore? In un repertorio non sempre all'altezza, in una batteria ottusa e torpida che spacca sempre il tempo alla stessa maniera, dall'inizio alla fine: e più in generale in arrangiamenti imprecisi, sfocati, con quella grana grossa e la polvere naif che sono la delizia dell'autore e la croce per molti appassionati. Peccato, perché qualche canzone vale e con una minima cura in più avrebbe potuto arricchire il «best of» del Canadese: come la strascicata “My Disappointment”, per esempio, o quella “Two Old Friends” che porta i segni di grandi battaglie musicali, venti e più anni fa. In repertorio anche “Let's Roll”, un brano già proposto in concerto e basato sulla storia vera di Todd Beamer, l'uomo che guidò la rivolta sull'aereo 93 il giorno dell'attentato alle Torri Gemelle; e “Goin' Home”, che suona come un contentino per gli appassionati ultrà - nel caso non amassero lo Stax Young degli altri brani, qui ci sono i Crazy Horse ed è l'ennesima variazione al tema di “Cortez The Killer” e al più classico rock del loro amato. 
Riccardo Bertoncelli


Dopo aver suonato dal vivo più volte, finalmente Young riesce a chiudere in studio Booker T. & the MGs, storica band della Stax, per fare un album soul. Affatto diverso, però, da This Note's For You, che era volutamente specialistico e retrò, mentre in Are You Passionate? è come se le canzoni di sempre – solo più spente – fossero state vestite in un secondo tempo da groove opachi e finiture indolenti. Il risultato è un album moscio, cantato con un timbro vocale inadeguato e fondato su un romanticismo per nulla toccante. L'energia è attutita, le parti di chitarra manierate, certi riff legnosi al limite dell'abuso e l'organo di Booker T. non spicca mai il volo. La versione younghiana dell'11 settembre, espressa in “Let's Roll”, è ambigua come il patchwork della copertina (una rosa, una tuta mimetica, una vecchia foto dei genitori). Un paio di numeri moderatamente ballabili non fanno la differenza e l'inclusione di “Goin' Home”, lunga scorreria elettrica impressa con i Crazy Horse, è davvero inspiegabile. Un disco non entusiasmante né disdicevole, solo senza passione. 
Mucchio Selvaggio Extra 2004

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