
Eccoli
qui. Ancora insieme, dopo tutti questi anni. Lunedì 7 marzo sono in
concerto a Torino. Teatro Colosseo, via Madama Cristina 71, Biglietti a
26, 22 e 16 euro più diritti. Prevendite da Ticket One, Box Office e
cassa del teatro. Organizza l’agenzia Duende. Questi i dati. Loro due, i
protagonisti. Loro due, per la prima volta in coppia in Italia. David
Crosby e Graham Nash. Memoria di tutti i nostri ieri. Crosby & Nash
furono una zattera, nel mare degli Anni Settanta, a cui ci aggrappammo
dopo il naufragio di Crosby, Stills, Nash & Young. Il rock ci aveva
illusi e traditi, facendoci balenare due dischi da sogno come «Déjà Vu» e
«Four Way Street» per avvisarci subito dopo che la festa era finita,
quei quattro insieme non li avremmo ascoltati più. Fu un grande
dispiacere, uno squarcio nel nostro immaginario californiano; con la
piccola consolazione che comunque qualcosa restava, se è vero che il
Mistico (Crosby) e il Semplice (Nash) avevano deciso di continuare senza
gli altri. Ricordo l’emozione per il primo disco insieme, 1972, e le
voci favolose che si rincorrevano a proposito dei concerti Usa che
purtroppo non arrivarono mai da noi. Gioia, ma ancora una volta
delusione; perché dopo quell’album ci fu un altro buco, quattro anni, e
quando la storia riprese con «Wind On The Water», 1976, era cambiato
tutto il mondo e noi. Eravamo diventati esigenti, anche snob, e 35 anni,
quanti ne avevano allora i due, sembrava l’età di Matusalemme. Roba da
matti, no? Fate il confronto con certe anagrafi di oggi e venitemi a
dire. Insomma, avevamo voglia di dimenticarceli, forse di punirli per i
sogni infranti; e loro ci aggiunsero qualcosa, gli sciagurati,
perdendosi nelle loro crisi. Nash si

salvò
con la consueta modestia ma Crosby rotolò per i gradini rovinosamente.
Gli Anni Ottanta per lui furono un calvario, vide letteralmente la morte
in faccia. Ne uscì chissà come e per miracolo ritrovò la sua vena più
dolce, e scoprì che droga e alcol gli avevano straziato il corpo ma non
la voce, prodigiosamente intatta. Tornò a fare musica, e non da
sopravvissuto. Gli Anni Novanta sono stati un decennio felice, creativo,
grazie al sodalizio con il chitarrista Jeff Pevar e il pianista James
Raymond (che fra l’altro è suo figlio); e il trend positivo è continuato
nel nuovo millennio, con un buon disco come «Just Like Gravity» ed
esibizioni regolari. E Nash? Lui si è sempre mosso con più cautela, e
pigrizia. Pochi show, una vita appartata, un disco nel 1986 e un altro
nel 2002 non certo uno stress. Adesso, alla tenera età di 63 anni, ha
deciso di darsi una mossa; scrivendo un po’ di canzoni per il doppio cd
che Crosby e Nash hanno pubblicato nei mesi scorsi, e accettando la
sfida del ritorno in scena, e approfittando dell’uscita del disco per
proprsi come improbabile coppia di candidati alle elezioni presidenziali
dello scorso novembre. Non sono arrivati alla casa Bianca: però hanno
l’aria di divertirsi, e la certezza di non dover dimostrare niente a
nessuno. Tutti sanno di che pasta è la loro musica, di che sogni e
ricordi è intrecciata, e con il tempo gli esigenti ragazzi degli Anni
Settanta sono diventati comprensivi. Se nostalgia è una parolaccia,
diciamo che è una ricerca del tempo perduto; e di una musica, di un fine
artigianato folk rock diventato raro come un panda nelle foreste
cinesi. E poi, che bello, nessuno ormai guarda più alla carta
d’identità; e come Bob Dylan in quella sua canzone, David Crosby e
Graham Nash possono sentirsi «più giovani oggi di tanto tempo fa».