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I Ricordi Di Una Vita (Prairie Wind, 2005)

di Salvatore Esposito da JAM n.120 di Novembre 2005

Citando un vecchio classico della musica country, potremmo dire che con l'album di Neil Young "Prairie Wind", "The Circle is Unbroken". Per anni il musicista canadese ha affrontato la musica di Nashville ora con fare provocatorio, ora girandole attorno come un innamorato che ha paura di scoprirsi. Adesso a, 60 anni d'età, Young usa il country come un approdo sicuro e celebra i ricordi affettuosi di una vita intera. Lo stesso Neil ci svela genesi e significato del disco.
“Ben Keith mi ha detto, vieni (a Nashville ndr) e registriamo qui tutti insieme, ha funzionato sempre in passato. Io gli ho risposto che non avevo canzoni. In realtà ne avevo una sola, avevo solo The Painter, e una piccola parte della linea melodica di No Wonder. Gli ho detto che stavo andato a New York per introdurre Chrissie Hynde nella Rock And Roll Hall Of Fame e che eventualmente mi sarei fermato a Nashville sulla via del ritorno per registrare qualcosa e vedere cosa succedeva”. Così Neil Young racconta come in modo quasi casuale ha cominciato a prendere forma Prairie Wind, il suo nuovo album. Arrivato a Nashville, Neil trova un atmosfera perfetta per comporre e registrare i nuovi brani che man mano si andavano ad aggiungere a The Painter. “C’erano tutti i miei amici lì ed è stato davvero facile tornare a suonare ancora insieme”. Il luogo prescelto per le session sono i Master Link Studios: “Abbiamo registrato il disco in quelli che un tempo erano chiamati Monument Studios. In passato questa struttura fu usata prima come una chiesa e poi come obitorio durante la Guerra Civile. Fu anche un ospedale per un periodo ma per di più fu usata come chiesa e per poi diventare uno studio di registrazione. Lì Roy Orbison ha registrato ogni suo brano. Un luogo perfetto dove la storia parla per se stessa. Volevamo pagare una sorta di tributo alle nostre radici e ristabilire il contatto con quei musicisti che erano passati da lì”. Nel DVD incluso alla versione speciale del disco, si può chiaramente notare, grazie alla tecnica del multi-screen, come Neil durante le session abbia lasciato grande spazio alla sua band e sia stato apertissimo ad ogni tipo di suggerimento. A chiarire ciò è lui stesso: “Amo suonare insieme alla mia band in studio perché ci si confronta in tempo reale. Abbiamo scelto di usare pochissima tecnologia preferendo suonare tutti insieme dal vivo. Questa è veramente “handmade music”. Siamo in un era in cui il digitale domina tutto, protools, sampler, patterns. Io non sono contrario a tutto ciò ma quando la gente suona insieme e non attraverso un computer, è qualcosa di assolutamente magico”. Per i temi molto personali trattati da Prairie Wind era necessario fare questo tipo di scelta: “Abbiamo fatto tutto insieme. Ho scelto i musicisti che erano in grado di dare una nuova dimensione alle mie canzoni. Le canzoni sono il veicolo, i musicisti devono guidarle attraverso le curve per farle imboccare la giusta strada. Se penso a canzoni mie come Heart Of Gold, non credo sarebbe stata la stessa senza Kenny Buttrey (il batterista che suonò in Harvest). Con questi musicisti siamo come fratelli e sorelle, è come se fossimo la stessa famiglia”. 
L’aver attraversato molteplici fasi artistiche e il suo essere pronto ad attraversarne altrettante nei prossimi anni, ha permesso a Neil Young una longevità riscontrabile in pochissimi casi nell’ambito della musica rock. Prairie Wind, è l’ennesimo tuffo nel country di Nashville di Neil Young, il genere che lui ritiene perfetto, ma soprattutto quello più adatto alle confessioni a cuore aperto. Tuttavia se dal punto di vista musicale, Prairie Wind, è chiusura del cerchio aperto nel lontano 1972 con Harvest e proseguito con Comes A Time, Old Ways e Harvest Moon. Dal punto di vista tematico però il nuovo lavoro discografico del canadese è senz’altro più vicino a dischi come Tonight's The Night e Sleeps With Angels. In questi due dischi Neil aveva affrontato il tema della morte come ciò che rapisce alla vita, con Prairie Wind sembra averla esorcizzata definitivamente. Il disco senza dubbio è stato influenzato dalla perdita di diverse persone care a Neil Young e non a caso è stato dedicato alla memoria di David Myers, Kenny Buttrey, Rufus Thibodeaux e Scott Young (il padre di Neil), tuttavia dalle canzoni emerge un uomo che ormai ha fatto i conti con il proprio passato e ha preso coscienza della caducità della vita. Restano allora i ricordi, a cui aggrapparsi con tutta la propria forza, e Prairie Wind è proprio questo un album di ricordi, in cui ad ogni singola nota, ad ogni singola parola è legato qualcosa di speciale. E’ il caso di The Painter, che tutti all’inizio pensavano fosse dedicata a Joni Mitchell: “la pittrice è mia figlia, confessa Young, è a lei che è dedicato il brano. Io sono un pessimo pittore”. In quest’ottica il brano assume connotati del tutto diversi per diventare una sorta di invito al viaggio e a non seguire ogni sogno perché c’è il rischio di perdersi. Parlando di immagini è significativo quello che Neil Young dice a propostito di No Wonder, uno dei brani cardine di Prairie Wind: “Questa canzone, è come una fotografia. Non so dare una risposta ma so che è una fotografia”. Il brano si compone di diversi flash che vanno a completare un mosaico in cui ricordi dell’infanzia si mescolano a ricordi del passato più recente e triste come l’11 settembre. Non a caso vengono citati Willie Nelson e Chris Rock, che parteciparono al tributo per le vittime dell’attentato al World Trade Center. Nel sembra aver preso coscienza di tutto ciò che può accadere all’uomo durante la sua vita. Commentando Falling Off The Face Of The Earth, il cantautore canadese si mette a nudo, lasciando trasparire come spesso nei sogni riesca a trovare una via di fuga o meglio una costante ispirazione: “Io mi perdo ogni volta. E’ una delle mie caratteristiche. Immagina questo: tu stai andando, non c’è niente che ti può fermare. Sei in uno spazio aperto. Tu vai dovunque vuoi. Nessuno ti può fermare la musica può portarti dovunque tu voglia”. Ad ispirare questa canzone si dice sia stato un messaggio lasciatogli nella segreteria telefonica da un suo caro amico, e ciò viene confermato anche da lui: “Alcune di queste parole erano davvero in un messaggio lasciatomi da un mio amico. Le ho solo messe insieme”. 
Leggendo il testo di questo brano si comprende che mai come in questo caso Neil attraverso una sua canzone si è messo a nudo e abbia voluto rivolgere un sincero grazie a tutti coloro che lo hanno seguito nella sua carriera quasi fosse una sorta di ringraziamento per coloro che nel corso dei suoi primi sessant’anni (li compirà il prossimo 12 novembre) gli hanno mostrato affetto ed ammirazione. Prairie Wind, oltre ad essere un album fatto di immagini, storie personali, e confessioni a cuore aperto, è il disco che meglio fonde presente e passato nella carriera di Neil Young. In questo senso va letto l’arrangiamento di Far From Home in cui brilla la splendida sezione di fiati guidata da Wayne Jackson: “I Memphis Horns sono l’anima degli arrangiamenti. Wayne ha messo su una splendida parte di fiati”. Rispetto a This Notes For Youn, del 1988 in cui Neil era accompagnato dai Bluenotes, in Prairie Wind, si è cercato una via differente, ovvero un interplay costante tra i fiati e l’intera band. In Prairie Wind però non ci sono solo i fiati ad affiancare la band ma anche gli archi come nel caso di It’s A Dream: “Quando ho scrito It's A Dream, sono andato in studio il mattino dopo e l’ho registrata. Poi ho detto a Ben Keith che mi sembrava adattissima per essere accompagnata dagli archi. Così lui ha chiamato Chuck Cochran, che curò gli archi per Comes A Time. E in un paio di ore era lì e già il mattino dopo era tutto pronto per registrare la parte di archi per completare l’arrangiamento”. Le session di registrazione di Prairie Wind proprio mentre erano nel vivo hanno subito una battuta di arresto: “Mi è stato diagnosticato un aneurisma cerebrale mentre stavo registrando. Avevo qualche sintomo e quindi volevo sapere che cosa stava succedendo. Sono stato fortunato perché ho trovato degli ottimi medici che mi hanno salvato in tempo. Dopo il ricovero, sono tornato a Nashville e in cinque sei giorni ho ripreso a fare quello che stavo facendo”. La componente autobiografica in Prairie Wind man mano che il disco va avanti assume sempre di più una funzione fondamentale in Far From Home, ad esempio Neil prende spunto da un regalo per parlare del suo rapporto con il padre Scott quando era bambino.
“Mio padre mi comprò un ukulele di plastica nel negozio dove andavo a comprare i 45 giri. Penso di aver comprato Boppolina di Ronnie Self, e forse Book Of Love dei Monotones, o qualcosa di simile. Quando compravo questi dischi e vedevo quell’ukulele lo dicevo sempre a mio padre. Era anche molto economico. Dopo un paio di giorni mio padre me lo regalò. Lo prese e cominciò a suonare. Non lo sentii suonare mai più. E lui stesso diceva che non lo aveva mai suonato. Però ricordo, che avevo otto o nove anni, quando lui cantò per me. Rideva e cantava solo per me. Questo è quello che mi ricordo”. Il ricordo del padre Scott, morto durante le session di registrazione di Prairie Wind, è evocato ancora nella title track in cui Neil canta “Provo a ricordare cosa disse mio padre prima che il tempo me lo portasse via”: “Lui scriveva tutto il tempo, e se voleva far scrivere anche me. Se non volevi scrivere, lui diceva che dovevi sederti e farlo comunque. Credo di aver cominciato a scrivere canzoni proprio così”. La famiglia di Neil però è composta anche dalle sue chitarre e ad una in particolare è dedicata This Old Guitar: “Tut Taylor ha una collezione di vecchie chitarre e io andai a vederla e comprai questa chitarra appartenuta ad Hank Williams. Non riuscivo a crederci di poter suonare con quella chitarra. L’ho prestata una sola volta a Bob Dylan. Lui non aveva ancora un tour bus e gli dissi di usare il mio. Quando glielo diedi gli dissi che avevo dimenticato la chitarra di Hank lì e che se voleva usarla poteva farlo. Non so cosa ci abbia fatto, ma la tenne per molto tempo ma sono certo che sia successo qualcosa”.
Prairie Wind si chiude con un brano dalla tematica quasi inedita per Neil Young, When God Made Me. Mai in precedenza aveva affrontato in maniera così aperta la tematica del rapporto tra Dio e uomo: “Non sapevo cosa stavo facendo. C’era una stanza con un piano. E il piano era bloccato lì. Non l’avrei potuto tirare fuori da lì senza distruggere la stanza. La stanza gli era stata costruita intorno. La stanza è in una chiesa. Lo studio è in una chiesa. Se tu sali su una sedia e guardi fuori dalla finestra vedi i vetri di una chiesa. E in questa vecchia stanza, ho cominciato a suonare e grazie a Spooner Oldham è nato questo brano in cui c’è anche un coro Gospel. Avevo già usato un coro in passato, in Touch The Night, una canzoni di Landing On The Water, ma in modo del tutto differente”. Una delle cose che ha fatto pensare è come la religione sia stata manipolata e politicizzata. La cosa che mi preoccupa e che mi fa pensare è come un partito politico possa dire che l’altro partito politico non si basa sulla fede. Come può qualcuno dire cose simili? Penso che questo non rappresenti l’America o meglio rappresenti una sola parte dell’America. La fede ha molto a che fare con la famiglia e l’amore per Dio. Non import ache tu legga il Corano o che tu sia Buddista o qualsiasi cosa. Ma qualsiasi cosa tu sia, devi rimanere in contatto con colui che ci ha creato, chiunque esso sia, il grande spirito. Mi sento come se ci stessero portando via da noi stessi. Si sta cominciando ad usare quest’arma contro alcune persone. Non mi piace andare in chiesa e ascoltare Star Spangled Banner. In questa canzone si sentono le bombe scoppiare nell’aria. E’ meglio God Bless America se dovete cantare canzoni patriottiche. Non penso sia quello di cui abbiamo bisogno”.

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