Ma ovviamente non è tutto. Snocciolati lungo una scaletta davvero impeccabile, si sono riascoltati brani ormai patrimonio indelebile della memoria collettiva del rock: una “Guinnevere” bella da mozzare il respiro, “Teach Your Children”, “Déjà Vu”, “Wooden Ships”, “Long Time Gone”, “Our House”, “Marrakesh Express”, “Cathedral” e altre chicche della West Coast. È immutata la perfezione vocale di questi due ultrasessantenni con il vizio dei cori, dei controcanti e degli intrecci raffinati, splendidamente supportati da una band diligente nel semplice accompagnamento, talentuosa negli assoli: Stevie Distanislao alla batteria e alle percussioni, Andrew Ford al basso, un impeccabile James Raymond (figlio di Crosby e membro dei CPR) alle tastiere (piano elettrico, sint e organetto a pompa), un mirabolante Dean Parks (ex Steely Dan, nell’album “Aja” del ‘77), all’apice della sensibilità musicale sia alla lead guitar che alla pedal steel. Quando Crosby attiva la sua classica voce soul-blues lo show non può più salire: un suono dalla perfezione imbarazzante, nel quale tutti gli strumenti sono perfettamente distinguibili nel rispettivo ruolo e correttamente amplificati, nessuna distorsione nemmeno a due metri dai diffusori: Professionalità, dicevamo, che si tocca quasi con mano. Basterebbe solo provare ad allungare un braccio verso quell’uomo con la pancia, i capelli e i baffi bianchi: uno che dopo tante traversie sanitarie e giudiziarie fa ancora spettacolo e grande musica standosene immobile, lì sul palco, con le mani in tasca.
Definitivamente superati i problemi di salute che ne hanno compromesso la carriera, Crosby negli ultimi anni, sembra aver ritrovato l'ispirazione e la forma di un tempo anche grazie al trio formato insieme a Jeff Pevar ed al figlio James Raymond, eccelente tastierista e parte integrante della line-up della backing band dell'attuale tour europeo insieme a Dean Parks alla chitarra solista, Andrew Ford al basso e Steve Distanislao alla batteria. Non è da meno Graham Nash, che durante il concerto si è dimostrato il più loquace dei due con un Crosby più sobrio e defilato rispetto ai siparietti comici che caratterizzavano le sue performance nei '70. A 30 anni di distanza dal conflitto vietnamita il messaggio dei due artisti è sempre lo stesso come ben sintetizza l'incipit del concerto: military madness is killing my country. Inutile dire che nel corso della serata i due non risparmieranno critiche a Bush and company, paragonati dall'incorreggibile Crosby a degli scimpanzè...
D'accordo siamo nella bassa padana, la bay area è lontana, siamo reduci da una nevicata e la temperatura è costantemente sotto lo zero ma quando Crosby e Nash, stavolta soli sul palco, attaccano Guinnevere è impossibile non vagare altrove con la mente... magia della miglior musica psichedelica. Il viaggio prosegue a bordo di una Wooden ships che salpa per lidi inarrivabili. Il brano esalta tutta la potenza della band, forse trattenuta per tutto il concerto, con l'eccellente Crosby alla ritmica e con Dean Parks e James Raymond che sciorinano assoli rispettivamente di elettrica e di Hammond (anche se di organi Hammond sul palco non vi fosse neanche l'ombra...). Sempre più coinvolto il pubblico si "esibisce", su invito di Nash, in una Our house altro gioiello pop da quel capolavoro che fu Deja Vu. Mai sazio, il pubblico chiede a gran voce The Lee shore ma il momento più emozionante del concerto arriva con il brano che Neil Young considera come il punto più alto raggiunto da CSN&Y in studio, Almost cut my hair. Crosby si esibisce in una performace vocale che ha dell'incredibile se consideriamo il vissuto personale di questo artista.