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Chrome Dreams II - Rassegna Stampa pt.1


Caro Neil Young, grazie per quel Sogno Cromato di 20 minuti
ESCE «CHROME DREAMS II», MA IL NUMERO UNO NON SI È MAI VISTO
Nomi che tornano. Nomi che restano. Di fronte alla clamorosa ricomparsa degli Eagles, senz’altro la band più popolare del folk rock a stelle e strisce, quella di Neil Young è una presenza costante, pervicace e testarda. Perfino nei momenti più bui della sua vicenda artistica, comuni peraltro a quelli di artisti del calibro di Bob Dylan o Lou Reed, come lui spiazzati dalle «nuove sonorità» degli anni 80, Young ha voluto far sentire la sua voce. E la sua confusione rispecchiava in fondo lo stesso smarrito sentire dei suoi coetanei. Tra i tanti paradossi della sua storia, c’è un tour inglese con gli Eagles di spalla nel 1973. Forse il suono levigato degli Eagles, che di lì a poco avrebbero preso il volo verso le vette delle classifiche mondiali, non ne aveva bisogno, ma Young contribuì di certo a farlo conoscere e a dargli risalto contrapponendogli l’oscurità sofferente di Tonight’s The Night, pubblicato nel ’75, ma già al centro di quei concerti ormai leggendari. Contraddizioni. Incongruenze. Sogni infranti. Questa è la trama degli album del cantautore canadese. Da capolavori come After The Goldrush, Harvest, Rust Never Sleeps o Sleeps With Angels a opere troppo poco conosciute come On The Beach, lo stesso Tonight’s The Night o il più recente Silver & Gold, punto di riferimento a bassa fedeltà dei suoi numerosi «allievi». Young è consapevole di non essere più nell’occhio del ciclone come ai tempi di Woodstock - c’era anche lui, nonostante avesse chiesto e ottenuto di non comparire nel film, ma l’emozione di “Ohio”, tanto per citare uno dei suoi rari brani politici, non ha smarrito le sue ragioni nell’America di Bush e fa da rabbioso contrappunto all’assassinio di quattro studenti all’università di Kent da parte della Guardia Nazionale nel 1970. Young si racconta e la sua amarezza è lo specchio della nostra. Esce il suo ennesimo album - per noi il migliore delle ultime tre/quattro uscite - e quell’identificazione con il tono malinconico della voce, con l’aspro monologare della sua chitarra elettrica, riemerge intatta e di nuovo efficace. Nel 1976 Young aveva annunciato un Chrome Dreams che non sarebbe mai stato pubblicato (nei primi ’90 saltò fuori addirittura una scaletta ufficiale dei brani), ora fa uscire un Chrome Dreams II che non sembra avere legami particolari con il primo progetto. I brani dilatati - “Ordinary People” dura quasi venti minuti!) - segnati dalla sua inconfondibile chitarra elettrica e dalla batteria pesante (quasi ottusa) di Ralph Molina sono tappe di un lungo viaggio all’insegna della «stella» della Ford Lincoln che campeggia in copertina - Young è un appassionato collezionista di auto d’epoca - e hanno l’andamento onirico e inquieto tipico della sua scrittura. Il buio si accende alla fine con “The Way”, in cui Young è accompagnato da un coro di bambini: un inatteso raggio di luce in una visione dell’America sempre più oscura e pessimista. 
Giancarlo Susanna, L'Unità


Chrome Dreams doveva intitolarsi un leggendario disco registrato a metà anni 70 e mail pubblicato. Scherzando su quell’episodio, Neil Young pensa di intitolare Chrome Dreams II il suo nuovo lavoro, probabilmente perché, trattandosi di brani pescati tra scarti e avanzi, vorrebbe dare l’illusione di aver recuperato proprio le cose di allora. Il pezzo più vecchio, invece, risale ai tempi di Old Ways, 1985, disco di country ortodosso che ai tempi fece storcere il naso a più di un fan. “Beautiful Bluebird” (questo il titolo, pezzo di apertura del cd) è una bella ballata suonata in classico stile anni 70, quello di brani deliziosi come “Star Of Bethlehem”, dalla melodia che ricorda vagamente un classico come “Me And Bobby McGee”. È un tuffo al cuore che fa ben sperare, invece il disco si spacca in decine di percorsi alternativi. “Boxcar” è del periodo This Note’s For You (1988), quello in cui Young si dedicò all’R&B con tanto di sezione fiati: la nuova versione, pur in chiaro stile bluesy, vede un banjo in evidenza e un approccio più discreto, ricordando certe cose di On The Beach. Anche “Ordinary People” risale a quel periodo: definita dai fan del canadese “il più bel brano che Neil Young non ha mai pubblicato” e conosciuto per alcune rese live, mantiene la registrazione originale di allora. È un torrido R&B con fiati poderosi in evidenza della durata di ben 20 minuti, ma pochi sono gli spazi strumentali, in quanto è una cavalcata declamatoria in stile “Crime In The City” (altro pezzo del periodo, uscito su Freedom) che esalta il ruolo della gente comune in mezzo a un mondo che va alla malora. E se “No Hidden Path” ricorda i fasti di cose come “Like A Hurricane” (15 minuti immersi nei classici strali ululanti della sua Ol’ Black), altrove Young si perde in stucchevoli e noiose composizioni che vagano tra la slow ballad stile anni 50 (“Shining Light”), la lounge music dal tocco jazzy della brutta “The Believer”, il country stucchevole di “Ever After” per poi buttarsi improvvisamente nel punk stile “Fuckin’ Up”, solo molto meno brillante, di “Dirty Old Man”. Per chiudere il disco con la pianistica “The Way”, dove un coro di donne e bambini lascia quantomeno perplessi.
Un disco che mostra un artista costretto a scavare nel passato per trovare qualche brano accettabile, mentre le cose nuove mostrano una pochezza compositiva allarmante, peraltro già evidente nei dischi degli ultimi anni. 
Paolo Vites, JAM


Si intitola Chrome Dreams II il nuovo disco di Neil Young, il trentaduesimo album in studio della sua carriera solista. L’album esce in concomitanza con l’ennesimo tour del cantautore canadese, che durante i concerti sarà accompagnato da Ben Keith (pedal steel, dobro), Ralph Molina (batteria) e Rick Rosas (basso), i musicisti con i quali Neil ha registrato le nuove canzoni. L’opening act del tour sarà Pegi Young, la moglie di Neil, che ha pubblicato il suo disco omonimo lo scorso giugno.
Come ha dichiarato Young, “il disco è basato anche su alcune vecchie registrazioni e contiene canzoni dal sapore diverso ma che ben si combinano insieme per creare un’atmosfera unica e originale. Dal momento che i formati radiofonici non hanno più il peso che avevano un tempo, oggi è più facile pubblicare un disco che oltrepassa tutti gli schemi con un unico messaggio che attraversa l’intero album, indipendentemente dal suono o dal tipo di canzone”. L’approccio usato per realizzare questo lavoro sembra essere lo stesso che ispirò delle collezioni di canzoni quali sono After The Gold Rush e Freedom. È curioso notare che i dischi di questa ideale trilogia sono stati pubblicati ciascuno a 18 anni di distanza dal precedente.
Il titolo del disco si ispira a un vecchio progetto mai pubblicato. A metà anni ’70, Young stava vivendo un periodo creativo particolarmente felice, forse il migliore della sua carriera, e sul finire del 1975, pochi mesi dopo aver completato Zuma, registrò numerose canzoni da solo e con i Crazy Horse. Alcune di quelle registrazioni vennero scelte per essere pubblicate su un disco previsto per il 1977 e intitolato Chrome Dreams. Il disco rimase inedito ma molte di quelle canzoni vennero in seguito utilizzate o riprese su altri lavori, in particolare su American Stars ‘n Bars (“Will To Love”, “Star Of Bethlehem”, “Like A Hurricane”, “Hold Back The Tears”, “Homegrown”), Comes A Time (“Look Out For My Love”) e Rust Never Sleeps (“Pocahontas”, “Sedan Delivery”, “Powderfinger”). Gli altri brani vedranno la luce più tardi: “Captain Kennedy” su Hawks & Doves, “Too Far Gone” su Freedom, “Stringman” addirittura sull’Unplugged del 1993.
Il nuovo disco, che ha una durata di oltre un’ora, contiene tre vecchie canzoni, le prime in scaletta, e materiale nuovo. “Beautiful Bluebird” risale al periodo Old Ways, “Boxcar” è stata registrata alla fine degli anni ’80 per un album inedito intitolato Times Square, mentre “Ordinary People” – con i suoi 18 minuti e passa – è uno di quei pezzi epici, proveniente dalle sessioni con i Bluenotes, che Young ha lasciato delittuosamente, e per troppo tempo, a prendere polvere in qualche scatolone dei suoi archivi. A proposito di “Ordinary People”, Neil ha dichiarato: “Alcune canzoni devono aspettare il momento giusto per uscire e penso che questo momento sia arrivato anche per ‘Ordinary People’, una canzone che funziona a meraviglia insieme ai pezzi che ho scritto in questi ultimi mesi.” Le nuove canzoni sono “Shining Light”, “The Believer”, “Spirit Road”, “Dirty Old Man”, “Ever After”, “No Hidden Path” (un’altra cavalcata younghiana, che si attesta intorno ai 14 minuti) e “The Way”.
Il disco è prodotto da “The Volume Dealers”, ovvero Neil e Niko Bolas, con il quale Young aveva già lavorato nella seconda metà degli anni ’80 e lo scorso anno su Living With War. L’album sarà disponibile anche in una versione speciale con un bonus dvd contenente – tra le altre cose – la versione audio del disco in formato “super-saturated” e alta risoluzione. Il primo singolo, inviato alle radio il 10 settembre, è stato “Ordinary People”, che per via della sua durata avrà vita più facile sulle web radio. In alcune catene di negozi americani selezionati, verrà venduta una speciale versione di Chrome Dreams II contenente varie anticipazioni del prossimo disco live tratto dagli archivi del Canadese, registrato al Riverboat di Toronto al fine anni ’60. The Riverboat è il disc 1 della collezione NYA Performance Series, della quale sono già usciti il live al Fillmore East del 1970 e il concerto acustico alla Massey Hall del 1971.
Francesco Lucarelli, Buscadero


In epoca archivi Young ha voluto recuperare uno dei suoi dischi storici, uno di quelli che, per anni, i suoi fans hanno sognato. E, anche se poi Chrome Dreams è stato sparso su vari dischi, la seconda parte è comunque la chiusura del cerchio. Chrome Dreams è esistito, almeno nella testa di Young, altrimenti non avremmo la seconda parte.
Detto questo, Chrome Dreams II è un disco nuovo di zecca. Registrato quest’anno in compagnia di alcuni fedeli : lo steel guitarists Ben Keith, il bassista Rick Rosas e il batterista Ralph Molina. Anche la produzione è nelle mani una vecchia conoscenza del canadese, Niko Bolas.
Chrome Dreams II è un disco solare e contiene una serie di canzoni composte per l’occasione: “Shining Light”, “The Believer”, “Spirit Road”, “Dirty Old Man”, “Ever After”, “No Hidden Path” e “The Way”. Mentre, dal passato ( Young di canzoni inedite ne ha una valanga ) arrivano la lunga “Beautiful Bluebird”, “Boxcar” e “Ordinary People”, che sono quelle che danno inizio all’album. Chrome Dreams II dura più di un’ora ed è un disco talvolta esaltante. Young mostra di avere ritrovato la vena lirica, vedi Prairie Wind, ma non ha dimenticato il rock. Il disco mischia infatti ballate alla Harvest con brani elettrici, qualche escursione bluesy e due brani lunghi che, però, sono molto diversi l’uno dall’altro.
”Beatiful Bluebird” è una ballata melodica, classicamente younghiana, con batteria alla “Heart Of Gold”, la voce tipica, un’armonica di contorno ed una melodia suggestiva.
”Boxcar”, intro di banjo, è piuttosto folk. Una canzone evocativa, dalla melodia profonda, che cresce via via che la si ascolta.
”Ordinary People” coi suoi 18.10 è la canzone più lunga del disco. Ma non aspettatevi una cavalcata elettrica: si tratta invece di una canzone pura. Un giro armonica affascinante con una costruzione melodica ciclica : intro di piano, fighting for the people, fiati di contorno, trying to help the people, poi entra la chitarra. E lo schema si ripete diverse volte, con un suono sempre più definito ed una melodia sempre più incisiva. Alla fine non se ne può fare a meno e la si riascolta di botto. Young ha costruito una canzone perfetta dove c’è una alchimia di suoni molto particolare, dove i fiati fanno da contorno ma non se può fare a meno, dove piano e chitarra lasciano il segno, dove una tromba solitaria ed un sax raffinato segnano ulteriormente il tutto. Bella e magica al tempo stesso.
”Shining Light” è una slow ballad notturna, meno convincente delle due che aprono il disco, che però migliora nella sua evoluzione.
”The Believer” è molto roots : le voci che si rincorrono, un organo, basso e batteria in evidenza. I Believe in You, I’m a Believer.
”Spirit Road” è meglio. Elettrica, con Rosas e Molina sugli scudi, ci regala un brano rock rarefatto. Già sentita ma assolutamente godibile.
”Dirty Old Man” inizia dove finisce “Spirit Road”. Ma è piu blues. Anche se meno appariscente di “Spirit Road”, funziona bene e, dal vivo, sarà sicuramente un trampolino adatto per una bella jam di chitarre.
”Ever After” è una piccola country ballad. Deliziosa e sapida al tempo stesso, ha una melodia splendida ed un ritornello che vi troverete a cantare appena dopo averla ascoltata.
”No Hidden Path” è la seconda canzone lunga ( 14.30) del disco. Al contrario di “Ordinary People” è elettrica e contiene lunghe parti strumentali con la chitarra del nostro che viaggia alla grande. Non siamo ai livelli di “Like A Hurricane”, anche perchè la canzone è profondamente diversa, ma ci avviciniamo. Canzone attendista, che si svolge lentamente per poi aprirsi ad uno scrosciare di chitarra. Quando c’è la voce la canzone è persino normale ma quando la chitarra esce allo scoperto “No Hidden Path” cresce, e molto. Non c’è comunque il furore tipico dello Young più scatenato ma, e questa è una costante del disco, una decisa ricerca della melodia.
L’album si chiude con “The Way” che, al contrario di quanto abbiamo sentito sino ad ora, è decisamente sottotono. Inizia con un coro di voci femminili e si sviluppa con una melodia degna di un film di Disney. Una strana scelta. Un disco brillante e creativo chiuso da una canzone abbastanza anonima. Ma questo è Young. Uomo in grado di farci toccare il cielo, ma di scendere anche a terra.
Ma Chrome Dreams II è comunque, “The Way” a parte, uno dei suoi dischi più belli.
Paolo Carù, Buscadero


Difficile resistere a un nuovo disco di Neil Young, vuoi perché il rocker canadese ha centouno vite, sempre una in più di quelle che gli si attribuiscono, vuoi perché il suo stato di forma è talmente imprevedibile da smuovere, comunque, curiosità.
Chrome Dreams II (titolo che riprende un album mai uscito del '76) ribalta, in sostanza, la figura di corsaro sonico e apocalittico che si portava appresso da qualche anno. Colpisce innanzi tutto il nitore dei pezzi: laddove Living With War era drammaticamente rozzo, quasi urlato, soprattutto nella sua seconda edizione, Chrome Dreams II appare tornito, almeno dal punto di vista sonoro. Poi, la struttura dei pezzi varia, dal folk intimistico e rurale, con accenni diretti ad Harvest, di “Beautiful Bluebird” (e sembra, lo giuriamo, di sentire un classico del passato), all'R&B spolverato con fiati ed elettrica di “Ordinary People” fino al doo wop anni Cinquanta della mistica “Shining Light”, giù giù verso la scabra e flemmatica “The Believer” e la cavalcata di “Spirit Road” e della lunghissima “No Hidden Path”. Al fianco di chi canta ci sono importanti frammenti dei Crazy Horse: Ralph Molina (batteria), il grande Ben Keith (steel guitar, dobro...), Rick Rosas (basso). Il risultato è nello stesso tempo intenso e controllato: Young non si nega incursioni puramente rock, ma rimane più attento alla forma, che, come si sa, è anche sostanza. “Non nego di aver fatto un altro disco immediato” - ha detto -”ma sentivo anche che la mia spiritualità doveva prendere il sopravvento”. In effetti, i testi affrontano la condizione umana, da più punti di vista, magari inconciliabili tra loro, e spesso si chiudono sulle soggettive dell'autore (“Ever After”), con una dissolvenza quasi cinematografica.
Il corpo dei suoni, invece, con qualche, minima sbavatura, ha la sintesi e la forza dei tempi migliori: che sia opera di un uomo di sessantadue anni, che tra l'altro ha da poco intravisto l'ombra della morte, più che sorprendere ammira. Neil Young continua a essere maledettamente classico e contemporaneamente moderno, forse perché segue una strada che conosce soltanto lui. 
John Vignola, Mucchio Selvaggio


Da grande Neil Young è diventato come il mago di The Prestige, un illusionista dai numeri prodigiosi. Qui si diverte a scherzare con i fans e il suo passato, andando a riprendere il titolo di un album progettato e mai edito più di trent’anni fa.
L’album si chiamava Chrome Dreams, avrebbe dovuto essere il seguito di Zuma nel 1976 e, a leggere la scaletta, sarebbe stato una bomba: Young aveva messo in fila alcune delle sue più belle canzoni del periodo (“Pocahontas”, “Look Out For My Love”, “Too Far Gone”, solo per dirne alcune) che poi avrebbe disperso a capriccio in vari dischi degli anni seguenti.
La storia è bella ma non ci serve, nel senso che questo Chrome Dreams II non ha alcun legame con quel passato se non il titolo. È un disco (quasi) tutto nuovo, un colorato mosaico con i tasselli di canzoni scritte di recente, un paio di inediti rivisitati e un nastro del 1988 chissà perchè rimasto nei cassetti. Proprio quel brano (“Ordinary People”, con i Blue Notes) è il cuore pulsante del cd, una tirata di oltre quindici minuti in cui il mago sfodera al meglio temperamento, bruciante passione e se vogliamo anche verbosità. Ma è Young, bellezza, e non vale recriminare, solo astenersi se il caso.
Sono sicuro che gli appassionati non lo faranno. Compresso in dieci brani e un’ora di musica, cromato a dovere, in quest’album c’è il più tipico e vero spirito Younghiano, il dolce gusto romantico di valzer in campagna, di lievi brezze doo wop, il rock spettinato da locali di provincia, la pazza concentrazione di energia che rimane tale anche senza Crazy Horse (suonano Ben Keith, Rick Rosas, Ralph Molina). Alcuni brani spiccano: “Beautiful Bird”, l’indolente inizio, “The Way”, il doo wop da Zecchino d’oro che chiude il disco, e “No Hidden Path”, graffiante mid tempo abbandonato a una tipica deriva chitarristica da quarto d’ora.
L’album più bello di Young da parecchi anni a questa parte. Lunga vita al guerriero e ai suoi sbalzi d’umore, alle sue esagerazioni. 
Riccardo Bertoncelli, delrock.it

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