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This Note's For You - Rassegna Stampa


Neil torna alla Reprise e fa un buon disco: è da Old Ways che il canadese non infilava un disco decente, ed è da Rust Never Sleeps che la critica non gli dedicava pagine e pagine, interviste, recensioni.
Young torna ad interessare il pubblico, anche se il disco è completamente diverso da tutto quello che ha fatto in precedenza. È un onesto esercizio di blues, notturno e jazzato, con tanto di fiati e lucide chitarre in evidenza, a dimostrazione del suo eclettismo (ma ormai ne siamo tutti convinti) e della sua voglia di non essere etichettato.
Ma This Note's For You mostra anche un musicista disponibile, in forma, con voglia di tornare ad essere protagonista, dopo una serie di dischi e di scelte sbagliate. "Coupe De Ville", "Twilight", "Ten Men Workin'", "One Thing" sono tra le cose migliori.
Paolo Carù, Buscadero 1989


Se Life era sfocato, questo, pur nella sua superficialità, è netto, il terzo album “di genere” in cinque anni: un'esercitazione sui temi del soul e del rhythm 'n' blues. Nelle trame ordite dai Bluenotes, altro gruppo da una botta e via, dominano i fiati – ovviamente, date le premesse – e la chitarra di Young si fa spazio solo nelle soffuse ballad d'impronta jazz. Persino uno straordinario chitarrista come Sampedro è costretto a suonare le tastiere. La sezione ritmica di Chad Cromwell e Rick Rosas fa il compitino e comunque funziona, ma è nell'insieme che l'album suona accademico, poco convinto, didascalico. Più che l'anima profonda del soul, Young riesce a descriverne solo la forma esteriore, finendo per fare dell'entertainment senza emozione (più Huey Lewis che Otis Redding). La produzione dei Volume Dealers (Young e Niko Bolas) non scava e non brilla. Resta una gradevole, ma approssimativa e ininfluente, appendice alle “escursioni in un territorio alieno” del periodo Geffen, che saranno antologizzate in Lucky Thirteen. 
Mucchio Selvaggio Extra 2004

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