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Bruce Palmer: The Cycle is Complete (1971)


da "100 Album di Garage e Psichedelia" di Mucchio Selvaggio
Non c'è nulla della psichedelia più ammiccante e populare in questo lp. Quello che qui muove Bruce Palmer, canadese e già con i Buffalo Springfield di cui è stato il bassista, è una profonda inquietudine esistenziale, un'attitudine poetica universalistica e una voglia di scardinare le imposizioni da forma-canzone che il pur brillantissimo gruppo di provenienza aveva viceversa ossequiato. Lungi dal tradire completamente le radici folk in The Cycle Is Complete il nostro decide di da ra alla sua ispirazione una forma, appunto, circolare, lambendo generi diversi (dal jazz al rock alla musica orientale, fino all'improvvisazione meno codificabile). Nell'avventura lo seguono, rivestendo ruoli tutt'altro che marginali, personaggi come Chester Crill e Paul Lagos, dai Kaleidoscope americani, specialisti negli intrecci che vanno dagli USA fino ai Balcani, e tutto scorre senza alcun tipo di limitazione. Risultato quattro movimento sonori dal brevissimo (poco più di un minuto) Interludi alla Alpha-Omerga-Apocalypse di oltre un quarto d'ora, che scorrazza fra l'Est e l'Ovest del mondo, si arricchiscono degli scat vocali di Rick Matthews (futuro Rick James, roba da matti) e sono spesso sovrastati da un reticolo stringente di percussioni. Si tratta principalmente di progressioni emotivo-musicali, che non scadono nell'estemporaneo perché dietro ci sono musicisti di buona caratura: lo stesso titolare dell'album è in realtà la scintilla che permette al disco di girare senza soste, verso direzioni non pianificate a tavolino. Lontana degli accenti country-crepuscolari di Oar di Skip Spence, cui sovente viene avvicinata, è questa un'opera baciata da un'ispirazione bruciante quanto irripetibile, non catalogabile ed evanescente come la carriera dello stesso Palmer; degnissima però di essere ascoltata, senza l'ingombrante aiuto di troppi commenti che in ogni caso faticherebbero a spiegarla davvero.

da "100 Album Davvero Singolari" di Mucchio Selvaggio
La breve epopea dei Buffalo Springfield giunge al capolinea nel 1968, quando alle tensioni fra Neil Young e Stephen Stills si somma l'espulsione dagli Stati Uniti dell'altro Canadese del gruppo, il bassista Bruce Palmer. Cosa abbiano combinato in seguito Stills e Young lo sapete tutti. L'intera vicenda è racchiusa nei solchi di un lp che, se può essere definito in senso lato folk-rock, è distante anni luce dlala casa madre e prossimo piuttosto, per quanto un oggetto alieno quale esso è possa essere accostato a qualcosa, a quello dei Kaleidoscope, un paio dei quali vi offro un apporto strumentale. La fuga lisergica di The Cycle Is Complete è senza ritorno e conduce a una tera di nessuno in cui convivono scale orientaleggianti e free jazz, voci operistiche e vampate d'archi, percussioni primordiali e flauti ieratici, arazzi di plettri e tastiere fantasmatiche. Disco colossale, cui solo la cronaca irreperibilità ha impedito di far parte dei 500 di "Extra", attende da trentaquattro anni una ristampa ufficiale e persino le edizioni pirata degli anni 80 hanno ormai raggiunto quotazioni ragguardevoli. Aspettare, forse invano? Per intanto, vale qualunque cifra possano chiedervi.

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