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Dejà Vu Live (2008)

di Salvatore Esposito da www.ilpopolodelblues.com

Quando nel 2006 uscì Living With War di Neil Young, a parte l’apprezzamento della stampa specializzata, il disco non ebbe quella eco che ci si sarebbe attesi sia per la qualità sia per i temi trattati nel disco. Tuttavia resta un episodio unico nel suo genere, infatti Living With War era solo la base di un progetto ben più ampio teso a sensibilizzare gli States sulla politica scellerata di George Bush, non solo per quello che riguarda la guerra in Iraq, ma più in generale per il suo sistema di gestione dello stato a tutti i livelli. Nonostante lo scarso successo del disco, decise comunque di andare in tour ma questa volta insieme a Crosby, Stills & Nash. Infondo era stato insieme a loro che aveva inciso la prima istant song della storia del rock, Ohio per manifestare lo sdegno del mondo della musica sui tragici fatti della Kent University nel lontano 1970. A quarant’anni di distanza, Crosby, Stills, Nash & Young tornavano sul palco non per una semplice reunion, come ne avevano già fatte tante in passato, ma piuttosto per scendere idealmente di nuovo in piazza a manifestare contro il governo. Per documentare il Freedom Of Speech Tour, così fu rinominata la serie di concerti che i quattro hanno tenuto nell’estate del 2006, Neil Young ha deciso di realizzare Deja Vù un film concerto che mettendo insieme immagini estatte dalle esibizioni live e varie interviste con il pubblico ed alcuni veterani della guerra in Iraq, racconta il malcontento sia degli artisti sul palco sia quello degli americani, che ogni giorno vivono a contatto con la degenerante politica di Bush e delle lobbies. In occasione della pubblicazione su dvd del film è stata pubblicata anche la colonna sonora che riprende sia il tema strumentale che accompagna alcune scene del film, ovvero la bella versione per solo piano di Living With War sia quattordici brani dal vivo eseguiti durante il tour. Il repertorio è per lo più incentrato sui brani di Living With War, che hanno una consistenza molto diversa in queste splendide versioni con le voci di Crosby, Stills & Nash rispetto alle ruvide versione su disco. Il disco si apre però con
What Are Their Names di Crosby in una toccante versione corale insieme al pubblico che anticipa una travolgente After The Garden e la storica Military Madness composta da Graham Nash e ora arricchita di nuovi versi dedicati a Bush. Se brani come Let’s Impeach The President, Shock And Awe e Families vedono protagonista giustamente il loro autore Neil Young, i classici Wooden Ships (che evoca il pericolo di una catastrofe nucleare), For What It’s Worth (dal repertorio dei Buffalo Springfield) e Teach Your Children ci dicono che Crosby, Stills & Nash sono ancora vivi e vegeti. Splendida sul finale Find The Cost Of Freedom, che ci riporta con la memoria dritti a Four Way Street, se non è un Deja Vu ci manca molto poco, anche se i quattro non sono più quelli di una volta, ma hanno a quanto pare ancora molto da dire e gli States ancora una volta dovranno dargli ragione. La loro musica ha cambiato e cambierà il mondo…


di Ezio Guaitamacchi da JAM
Colonna sonora dell’omonimo documentario, riporta in auge ruolo e consapevolezza politica del songwriting rock in tempo di guerra. Operazione esemplare.
Sono stati il primo supergruppo della storia a usare i loro cognomi e non un nome di fantasia, la prima rock band a non volersi definire tale, i primi a dare un suono “vero” alle chitarre acustiche. Sono stati i precursori della formula unplugged, i primi (dopo i Beatles) a fare un tour negli stadi, i più ammirati al festival di Woodstock, i più identificati con il suono e la filosofia della West Coast. Hanno inciso il primo instant song della storia del rock (Ohio), hanno cantato che con la loro musica «we can change the world» e, soprattutto, si sono sempre schierati in prima linea quando si è trattato di alzare la voce per ricordare al popolo americano che qualcuno stava calpestando i suoi diritti. A 40 anni di distanza dagli esordi, CSNY scendono di nuovo in piazza con la più politicizzata delle operazioni che il rock ha promosso nel nuovo millennio. Il loro controverso tour Freedom Of Speech (estate del 2006) è qui infatti documentato in audio rappresentando così la più autentica ed efficace colonna sonora del film Déjà Vu (dal prossimo ottobre nelle migliori sale italiane). Come capitato negli ultimi anni, quando si è trattato di riunire quelli che qualcuno allora definì «i Beatles americani», fautore del tutto è Neil Young. Con mossa strategica, ha usato il tour Freedom Of Speech quale trampolino di lancio del suo allora nuovo album Living With War nel quale, in modo esplicito, denunciava la sua critica feroce contro le politiche di Bush e la guerra in Iraq. Ma pure come operazione coraggiosa, ribelle e politicamente scorretta per manifestare tutto il proprio dissenso a un ufficio presidenziale che è stato capace di canalizzare, soprattutto, odio e antipatia in tutto il mondo. Proprio come ai tempi di Nixon. «Sembra che le nostre reunion avvengano solo quando c’è di mezzo una guerra», aveva profetizzato anni prima Stephen Stills, sottolineando così il lato politico dei Fab Four californiani. Anche per questo, il tutto sembra davvero un film già visto. Ecco dunque perché Déjà Vu, che oltre ad essere una magnifica composizione di David Crosby è pure il titolo del primo album in studio di CSNY nonché espressione francofona per definire quell’inesplicabile fenomeno che, nel momento in cui stai facendo un’esperienza, ti dà l’esatta percezione che tu l’abbia già vissuta, pare un trademark perfetto.
Il contenuto politico, il concept e la precisa linea artistica emergono in modo inequivocabile nelle prime 4 tracce: una suggestiva versione corale (con la collaborazione del pubblico) di What Are Their Names di Crosby porta alla versione per solo piano del tema di Living With War che in questo modo suona davvero poetico. Seguono la formidabile After The Garden (Neil Young) e la storica Military Madness composta da Graham Nash ai tempi del Vietnam ma attualizzata da una nuova strofa con “dedica speciale” a George W. Bush. Da lì in poi, il disco alterna brani di Living With War (i migliori sono certamente Shock And Awe e Families) ai grandi classici “politici” del repertorio di CSNY: da Wooden Ships (contro i pericoli di una guerra nucleare) a For What It’s Worth (canzone di protesta ante litteram), da Find The Cost Of Freedom (la libertà non ha prezzo) sino a Teach Your Children (deliziosa ballad sui valori da trasmettere ai nostri figli). Se i pezzi di Living With War (arrangiati dal vivo in modo meno enfatico) risultano molto più godibili rispetto alla versione in studio, i greatest hits di CSNY non sempre sono all’altezza della loro fama. Stills canta in modo impacciato persino il suo leggendario cavallo di battaglia For What It’s Worth (qui, per altro, in una versione intrigante) e duella chitarristicamente con Young in modo blando senza mai creare quelle leggendarie cavalcate dei primi anni 70 che hanno reso memorabile il doppio live per antonomasia di quei tempi, Four Way Street. Già, proprio il timore di doversi confrontare con quell’episodio epocale (c’è solo un momento interamente acustico, Find The Cost Of Freedom) ha fatto sì che si evitassero paragoni ingombranti e che questo Déjà Vu Live venisse vissuto da tutti come vero e proprio concept album di cui Living With War, suonata e cantata nella seconda parte e poi ripresa ancora come strumentale a fine disco, rappresenta il tema portante.
Un’operazione discussa ma non discutibile: i nomi e i volti di Crosby, Stills, Nash & Young restano scolpiti nella storia del rock americano come quelli dei quattro grandi presidenti immortalati sul fianco del Mount Rushmore.


Testuale: “Sottoponiamo ad impeachment il presidente per aver mentito e portato con l’inganno il nostro Paese in guerra”. Più chiari di così. L’incipit di “Let’s impeach the President”, ben impresso sul libretto interno del Cd, non proviene da qualche gruppo rivoluzionario ma dai veterani più celebri del country-rock West Coast anni ’70, Crosby Stills Nash & Young, una mitica “sigla” di nuovo riunita in occasione del Tour anti- Bush “Freedom of Speech” del 2006, qui suggellato in una registrazione dal vivo. Un colpo al Presidente Pinocchio sferzato a suon di schitarrate di puro rock (“Military madness”), di note accarezzate al piano (Young con “Living With War - theme”) e di suoni cinematici a metà tra Morricone-Sergio Leone e i Mama’s & Papa’s della migliore fioritura hippy (“Shock and Awe”). Cantano e suonano all’unisono tra loro e con il pubblico questi quattro ultrasessantenni agguerriti e coraggiosi, ma non più soltanto con fiori nei cannoni, piuttosto schiaffi sonori per risvegliare l’opinione pubblica mondiale dormiente.
Giovanni Savastano, Musica & Dischi


Il 25 gennaio 2008, al Sundance Film Festival, viene presentata in anteprima una pellicola di 96 minuti dal titolo CSNY Dejà Vu. Il film è diretto da un certo Bernard Shakey, nome fittizio che cela l’identità di un certo Neil Young. È un ripercorrere un’intera carriera di litigi, trionfi e attivismi sociali e politici e un equilibrato tributo a una band che vive ancora come una leggenda mai scalfita.
Quando il mondo sembra tremare davanti alla crisi economica e alla minaccia del terrorismo e di tutti i governi guerrafondai, quattro cavalieri del folk, del country e del blues sono pronti a tornare in pista, serrando le chitarre e rasserenando le ugole.
Il Freedom Of Speech Tour nasce, nel 2006, proprio per questo, riscuotendo uno straordinario successo di pubblico.
Colonna sonora del film, Dejà Vu Live (Reprise, 2008) è il diario sonico di un fervore politico rinato dopo le scelte sconsiderate dell’amministrazione Bush. Ecco, allora, che un classico come “Military Madness” riacquista la sua portata universale, scoccato contro le nuove guerre globali, al ritmo serrato della tromba di “Let’s Impeach The President”.
Lo show, in realtà, lascia poco spazio alla leggenda ormai superata, cercando di ritagliarne soltanto lo spirito. C’è la vibrante “Wooden Ships” e la prateria country di “Teach Your Children”; l’immancabile “Find The Cost Of Freedom” e l’elettricità di “For What It’s Worth”.
Tutto il resto funziona come se Crosby, Stills e Nash fossero una backing band per il vecchio cowboy Neil Young e il suo album del 2006, “Living With War”.
Ed è proprio la title track che si ripresenta puntuale durante lo spettacolo, prima come ode per pianoforte, poi come visione corale. L’album di Young non è certo un capolavoro, ma, dal vivo, il power-folk di “After The Garden” sembra riallacciarsi coerentemente allo springsteeniano “Families” e ai riff caldi di “Looking For A Leader” e “Shock And Awe”.
Resta, dunque, il marchio inconfondibile dei quattro moschettieri che, tra incomprensioni, litigi e rotture, non si sono forse mai separati, pronti a tornare in pista laddove il mondo ha bisogno di loro.
ondarock.it

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