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Harvest Moon - Rassegna Stampa


NEIL YOUNG, UN NUOVO ALBUM SULLE ORME DEL LEGGENDARIO HARVEST

E un mito, fiorito alla metà degli anni Sessanta con l'invenzione del folk rock, ed è ben lontano dall'appassire. Neil Young sforna un nuovo disco, Harvest Moon, il suo ventunesimo, acustico e dolcissimo, in cui l'impegno civile traspare solo dal brano "War of man", sulla guerra del Golfo. E lo fa proprio nell'anno in cui casca il ventennale dell'album Harvest che lo fece amare a ogni latitudine del pianeta. E quest'ultimo sembra la fotocopia, stupendamente riuscita, del primo. "Si assomigliano? Beh, è perché ho potuto contare su alcuni musicisti che avevano collaborato allora. E perché tre, quattro brani, li avevo cominciati a scrivere addirittura nel '75...", spiega con gli occhi nascosti dietro lenti scure. Neil si presta, lui solitamente ostico a tutte le regole tanto più a quelle del business discografico, a rispondere ad alcune domandine, quasi per fare un favore alla sua casa discografica che . assicura . ha sopportato qualunque sua bizza negli ultimi vent'anni. Scarpe da tennis, jeans, T.shirt colorata, giacca a frange, barba con basettoni e capelli da lupo spelacchiato, faccia gonfia dai passati stravizi, anche per chi gli riserva un posto speciale nel cuore non risulta il massimo della simpatia e della comunicativa. I quesiti che non gli piacciono li liquida con una smorfia. Come quelli che riguardano i suoi ex compagni di band e di strada, Crosby, Stills, Nash. Loro hanno detto che se non aveste frequentato le droghe, avreste scritto più canzoni e più belle. "Oh, yes". Non ci sono speranze di rivedervi insieme? Risposta: "Bleeh!". Anche su dove sia finito il "sogno californiano", l'eroe di tante speranze libertarie si defila: "Gli Stati Uniti sono molto cambiati, ma io sto con la mia famiglia in una casa con diversi acri di terreno e tanti animali: la mia vita non è molto diversa da quando sognavo". Gli scontri razziali di Los Angeles non gli hanno fatto perciò né caldo né freddo? "Sono stati un segnale della polveriera che sono le città degli States, possono riesplodere da un momento all'altro, soprattutto se accadesse qualche "incidente" a un personaggio caro ai neri, tipo Magic Johnson... Ma un artista non sempre e comunque deve rispecchiare nella sua ispirazione ciò che accade nel contesto reale della società . Io sono come un calciatore che gioca da tanti anni e va sempre in campo per vincere". Negli USA si eleggerà il Presidente fra un paio di settimane: scusi, mister Young, lei come mai non fa parte degli artisti che vanno in Tv per sollecitare al voto la gente? "Io non ho bisogno di un passaggio televisivo in più. E poi più che spronare ad andare alle urne bisognerebbe spiegare quali sono i problemi che rendono indispensabile il voto". Per portare "live" in Italia Neil Young, che è reduce dal concertone per il trentennale di Dylan ("Le sue canzoni, oltre le mie naturalmente, sono le uniche ad essere nelle mie corde") e promette una mega-antologia (tra editi e inediti circa 500 brani), c' è già al lavoro la coppia di promoter D' Alessandro e Galli: l'appuntamento è per il luglio '93. 
Gloria Pozzi, Corriere della Sera


IL RITORNO DI NEIL YOUNG DOLCE INGUARIBILE HIPPIE
Il rock si autocommemora. Dopo Tubular Bells II di Mike Olfield, mentre si sussurra perfino di ricostituire gli antichi Byrds, Neil Young ha il coraggio di rifare Harvest vent'anni dopo. Adesso l'album si chiama Harvest Moon, ma i musicisti sono gli stessi del 1972, gli Stray Gators Ben Keith, Kenny Buttrey, Tim Drummond e Neil Young, con un bel mazzetto di ospiti d'epoca: Linda Ronstadt, James Taylor, Nicolette Larson. Anche l'equilibrio tra languide ballate e serafiche atmosfere folk è più o meno lo stesso di quel mitico disco d'allora. Dolci accordi di chitarra slide, il lamento estenuato dell'armonica a bocca, i cori attorno al fuoco, la voce acuta e insinuante del menestrello Neil, e lo spirito dei pionieri è sempre lì intatto. Che invece di veri cowboy si tratti di inguaribili hippie poco importa. Sarà anche nostalgia senza pudori, ma l'atto d'amore riesce in pieno. Eccome: Harvest Moon è un disco bello come il primo. Fuori dal tempo forse, ma struggente, lirico, passionale, uno degli album più riusciti di tutta la lunga carriera del 47enne canadese. Spiritoso, trasognato, ritardatario Neil Young. Per la grande occasione, s' è addirittura sottomesso al rituale della conferenza stampa. Dinoccolato, spilungone, si presenta nella sua divisa preferita, da countryman che ha lasciato i verdi pascoli del Canada per quelli altrettanto verdi della California. Occhiali scuri, barba di tre giorni, giacca sfrangiata da Davy Crockett, Neil Young non toglie mai i bluejeans e le scarpe ginniche da ragazzo. Risponde educato alle domande di tutti, ma ogni tanto, a sorpresa, si schermisce, azzarda qualche uscita sorniona, butta lì qualche frase obliqua. Come mai Harvest vent'anni dopo? "I vent'anni non hanno niente a che fare con la scelta del disco. Prima ho scritto le canzoni, e poi ho pensato ai musicisti giusti per interpretarle. Bè, ci credete? Mi sono venuti in mente proprio quelli di Harvest". Forse dice una piccola bugia. Ma come, insinua qualcuno, un brano come “You and Me” non l'aveva già abbozzato anni fa? "E chi ha detto che sono tutte nuove? In ogni caso, tutte le canzoni del nuovo album le ho completate nel 1992". Tre anni fa lei aveva preannunciato un ritorno alla grande dei vecchi leoni del rock come Paul McCartney, Bob Dylan e altri famosi. Oggi che ne è stato della sua profezia? Imperturbabile Young: "Non ho notato nessun grande ritorno, ultimamente. O forse non lo vedo io...". Chi ha avuto tempo di analizzare i diversi brani di Harvest Moon, può anche sfoggiare domande meticolose del tipo: ci spiega i significati più oscuri della canzone “Old King”? Faccia tosta Young: "Il nome del mio cane era Elvis, ma poi l'ho cambiato in King per evitare qualsiasi confusione". Domanda filosofica: che ne è stato del "Grande Sogno" di California? Ma Young conosce anche l'arte del dribbling: "La California è molto cambiata oggi. Troppo tempo è passato, anche se per me è ancora un bel sogno perché vivo in campagna, con la famiglia e gli animali". Come mai le ultime sue canzoni sono tutte così ecologiche, così intimiste, mentre a Los Angeles si spara? "I fatti di Los Angeles sono solo l'inizio di un incubo razziale, almeno fino a che non si risolveranno tutti i problemi delle grandi città e delle loro periferie. Magic Johnson è un eroe per milioni di bambini neri. E non voglio nemmeno pensare cosa succederebbe se gli accadesse qualcosa di brutto. Mi rendo conto di tutto questo. Ma per ogni artista c' è il tempo della coscienza sociale e il tempo delle riflessioni personali. Per quanto mi riguarda, ora mi sento più coinvolto da questo secondo aspetto. Ma faccio presente che sul mio disco c' è anche “War of Man”, che parla della Guerra del Golfo". Quando si riuniranno Crosby, Stills, Nash & Young? Ovvio che per lui si tratti di un argomento tabù. E infatti sogghigna terreo: "Non è una buona domanda questa. Passiamo oltre". Il trentennale di Bob Dylan e l'accoglienza dei newyorkesi a Sinead O'Connor: "Io mi sono divertito moltissimo sul palco: con tutti quegli amici, e poi suonare le canzoni di Bob Dylan con Booker T. & The MG' s è stato fantastico. Quanto alla O'Connor, succede a tutti di essere fischiati. È successo a Dylan. Ed è successo anche a me, proprio qui in Italia nel 1982, quando mi avete sbeffeggiato perché cantavo coi sintetizzatori". 
Giacomo Pellicciotti, Repubblica 1992


Per provare che si trattava della stessa persona, e, di fatto, per provare di essere in grado di superare tutto ciò che aveva fatto negli anni precedenti, Young rifece Harvest vent'anni dopo, ingaggiando le stesse persone coinvolte e tornando a quel genere di country-rock melodico, e a quel tipo di tematiche "sentimentali" (amore come redenzione, ma anche amore come nirvana irraggiungibile). Harvest Moon (Reprise, 1992) è una diligente rivisitazione di Harvest, e occasionalmente (“Harvest Moon”, “Unknown Legend”) raggiunge la morbidezza di quell'album, ma soprattutto offre imitazioni talmente mosce (“Such A Woman”, “You And Me” e l'anti-bellica “War of Man”) da rendere datato persino il sound originario.
Piero Scaruffi


Mentre tutti lo incoronano icona-madre del grunge e della generazione “alternativa”, Young se ne va  controcorrente e alle asprezze in feedback di Ragged Glory risponde con un ritorno alle atmosfere bucoliche di Harvest. Passati ormai vent'anni, riconvoca la stessa band di allora, gli Stray Gators, con ospiti di allora (Linda Ronstadt e James Taylor) e come allora affida l'arrangiamento di archi di un brano (“Such A Woman”) a Jack Nitzsche. Niente sa di nostalgico, tuttavia, poiché Young si carica sulle spalle, con la consapevolezza della maturità, il peso di tutti gli anni vissuti, compresi quelli difficili. Un flusso di chitarre acustiche, pianoforti e steel guitar (ovviamente Ben Keith, che inoltre produce) disegna un timbro folk dagli accenti gospel, talvolta elegiaco (“Natural Beauty”), confessionale (la struggente “One Of These Days”), sempre garbato (le incantevoli “From Hank To Hendrix” e “Harvest Moon”), ma è tutto l'album ad avere una grazia davvero speciale ed elegante, sin dalla fiera copertina.
Mucchio Selvaggio Extra 2004

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